#75 parole “intraducibili”

 * EDIT *
Awumbuk, appel du vide, basorexia, torschlusspanik, matutolypea:
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Gli eschimesi e la neve

Nel finale di questo post avevo accennato alla questione delle parole eschimesi per la neve. Pare che gli eschimesi, infatti, o meglio gli Inuit, siccome stanno sempre in mezzo alla neve e al ghiaccio, e hanno necessità di parlarne in modo particolarmente accurato, possiedano nella loro lingua decine, addirittura centinaia di vocaboli diversi per descrivere la neve e il ghiaccio.
È una storia molto carina: peccato che sia falsa, frutto di analisi approssimative e fraintese (ne parlerò approfonditamente in un altro post).

Le “intraducibili”

È però vero che ogni lingua, a causa di innumerevoli fattori, organizza concettualmente la realtà in modo unico, diverso da ogni altra lingua, e che quindi esistono parole “intraducibili”, o meglio, che si possono tradurre soltanto attraverso lunghe perifrasi. Per fare un esempio facile, e molto concreto: gli inglesi non avevano una parola inglese per dire “pizza”, perché loro la pizza non ce l’avevano, allora avrebbero potuto chiamarla “oven-baked flat bread typically topped with a tomato sauce and cheese”, ma hanno optato per prendere in prestito il sostantivo italiano “pizza”.

E poi i colori, i sentimenti, le azioni,… L’intero spettro del possibile non viene mai suddiviso allo stesso modo da lingue diverse.
L’argomento non è una novità: dovrebbe essere noto a chiunque parli una seconda lingua, e se ne è scritto molto. Inoltre girano infinite leggende metropolitane su parole assurde che, a un più attento esame, risultano spesso false o almeno distorte, come la storia degli eschimesi e della neve. Ma è sempre un discorso interessante.

lost-in-translation

Anjana Iyer ha illustrato cento parole intraducibile in una serie chiamata “Found in Translation” (e ne approfitto per mettere una foto di Lost in Translation, così, tanto per).

Anjana Iyer
Anjana Iyer

Alcuni esempi:

Io, ogni volta che esco dalla parrucchiera.
io, ogni volta che esco dalla parrucchiera.

Qualcuno scrive che la parola giapponese age-otori in realtà non esiste, però mi piace pensare che sia vera.

Cafuné 1 Cafuné 2
Cafuné, in portoghese, significa far scorrere le dita ripetutamente tra i capelli (i propri o quelli di qualcun altro, non mi è chiaro). Dovrebbe essere una parola in portoghese brasiliano, probabilmente di origine kimbundu, che è una lingua bantu parlata in Africa Centrale e soprattutto in Angola.

Culaccino 1 culaccino 2
Un culaccino, in italiano, dovrebbe essere il “segno che lascia un recipiente bagnato sul luogo dov’è stato posato”. Non lo avevo mai sentito, ma è senza dubbio una parola indispensabile, riconosciuta dal vocabolario Treccani come “non comune”.
culaccino buckley
Ora so come descrivere la copertina del Live at Sin-é di Jeff Buckley.

fiolero
Lo spagnolo friolero è perfettamente traducibile in italiano ma molto più carino del nostro “freddoloso”. Sembra che non abbia un equivalente in inglese, a parte “nesh”, che è però un aggettivo dialettale.

Hanyauku
La parola indispensabile per ogni vacanza al mare: hanyauku, camminare in punta di piedi sulla sabbia che scotta. Dovrebbe essere una parola in kwangali, o rukwangali, una lingua bantu parlata in Namibia e Angola.

Mamihlapinatapai
Mamihlapinatapai, o mamihlapinatapei, “è una parola del lessico yamana, la lingua degli Yamana, una popolazione autoctona della Terra del Fuoco prossima all’estinzione. Il vocabolo è noto per essere una delle parole più concise e di difficile traduzione al mondo, come viene presentata nel libro del Guinness dei primati. Il termine descrive l’atto di «guardarsi reciprocamente negli occhi sperando che l’altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente, ma che nessuno dei due vuole fare per primo».”

Ohrwurm
Ohrwurm, in tedesco, può avere due significati.
1. Un insetto dell’ordine dei Dermatteri, comunemente noti come “forbici” per le loro “caratteristiche appendici a forma di pinza, dette cerci”. Il nome Ohrwurm, earwig in inglese, è dovuto alla falsa credenza popolare che questo insetto abbia l’abitudine di introdursi nell’orecchio umano e fare il nido all’interno del cervello (ew!). La Wikipedia inglese sostiene che, contrariamente a queste dicerie, gli earwigs non entrano di proposito nelle orecchie umane, ma qualche volta ci finiscono dentro per caso (eeew!).
2. Ma Ohrwurm può anche essere tradotto in inglese con earworm o brainworm, e si riferisce a una melodia orecchiabile che ti rimane in testa, e continui a suonarla mentalmente per tutto il tempo, spesso in modo ripetitivo e non desiderato.

Pochemuchka 1 Pochemuchka 2
In russo, un pochemuchka (почемучка) è una persona, di solito un bambino, che fa troppe domande. Il sostantivo viene da почему́ (počemú), cioè “perché”.

tingo
Tingo, in lingua rapanui, dovrebbe significare: prendere in prestito (e non restituire) oggetti, uno alla volta, dalla casa di un amico o un vicino, finché non rimane niente (un po’ come fa Homer Simpson con Ned Flanders).
Questo bizzarro vocabolo è stato usato anche per il titolo di un libro, The Meaning of Tingo, di Adam Jacot de Boinod, che elenca parole in lingue di tutto il mondo che non hanno uno specifico equivalente in inglese.
La lingua rapanui, rapa nui, pasquano o pasquense è una lingua polinesiana parlata a Rapa Nui, ovvero l’Isola di Pasqua, isola cilena  nell’Oceano Pacifico meridionale.

Rapa Nui, l’Isola di Pasqua
Rapa Nui, l’Isola di Pasqua

E poi, lo tsundoku:
tsundoku 1
tsundoku 3 tsundoku 2

Infine, ringraziamo la Norvegia, per aver regalato al mondo intero Edvard Munch, i Kings of Convenience e la parola “utepils”: bere una birra all’aperto, in un giorno di sole.
Utepils

E voi conoscete parole, intraducibili in italiano ma bellissime e indispensabili, nei vostri dialetti o in qualche seconda lingua? (Che poi tecnicamente anche il dialetto è una seconda lingua, ma questo è un altro discorso).

29 pensieri riguardo “#75 parole “intraducibili”

    1. Ti ringrazio per la segnalazione, caro Fannes!
      Non conosco il russo, ma da quello che ho capito “pochemuchka” si riferisce solo alle domande, di qualcuno che è curioso, ficcanaso, ma non necessariamente fastidioso, mentre “petulante” può essere chi fa domande o anche critiche, e implica insistenza e spesso arroganza. Immagino che in molti contesti “petulante” possa essere un’ottima traduzione di “pochemuchka”. Grazie per avermi fatto riflettere su questa parola e per avermi messo in testa Petula Clark (http://youtu.be/Zx06XNfDvk0) 😀

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  1. Io ti ADORO quando mi crei questi post!

    Non sono sorpresa del fatto che molte di queste parole siano giapponesi comunque, loro vivono in un mondo a parte…su Buzzfeed ci sono molti articoli e video in merito (sono assidua lettrice di Buzzfeed *.*)

    Ti ricordi Aldo, Giovanni e Giacomo quando spiegavano la lingua sarda? SADDELLA = il segno lasciato dalle righe della sedia di plastica sulla tua schiena.
    Non so se sia vero, ma fa riderissimo 😀

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        1. Grazie, Stefy!
          Non ci avevo fatto caso a tutte le parole giapponesi, ma in effetti c’è un legame piuttosto stretto tra lingua e mentalità, di conseguenza la lontananza geografica, culturale e linguistica sono praticamente una cosa sola.
          Se ogni tanto hai voglia di linkarmi articoli linguistici interessanti mi faresti molto felice 😀 😀

          Le lezioni di sardo sono meravigliose e queste parole proprio non me le ricordavo!! Grazie Bratinez per aver trovato il video :*
          Patagasserru! Ahahahahahahahahahahah

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  2. Un po’ di tempo fa riflettevo su “n’importe quoi” e “whatever”, che hanno un significato simile (quel misto di incredulità, sdegno e rassegnazione) anche se ovviamente tra francesi e inglesi (o americani, altra storia) c’è una visione del mondo diversa. Mi chiedevo se e come tradurlo in italiano e i miei amici mi suggerivano, come più calzante, l’espressione pugliese “meh”. Non sono convintissima, però.
    Rispetto alle parole intraducibili, mi ritrovo in Fernweh e mi piace molto Aware. Tra qualche anno sarò una gattara, invece 😀

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    1. Quel “meh” sembra interessante, farò indagini presso tutti i pugliesi che mi capitano a portata di mano 🙂 Anche a me piace molto “whatever”, mentre su Fernweh pensavo di farci un post a parte perché è una parola PAZZESCA che tutti dovrebbero conoscere e che merita approfondite riflessioni 🙂

      Sulla gattara, intanto, ho fatto una veloce ricerca su Google (eh, sono fatta così, mi conosci) e ho scoperto che:
      – la gattara dei Simpsons (The crazy cat lady in originale) ha un nome: Eleanor Abernathy
      – gattara in inglese si dice “cat lady” (http://en.wikipedia.org/wiki/Cat_lady) e “femme à chats” in francese (http://fr.wikipedia.org/wiki/Femme_à_chats)
      – c’è un documentario del 2009 su quattro gattare che devo assolutamente vedere (Cat Ladies, di Christie Callan-Jones)

      😀

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      1. Che poi, che te lo dico a fare?, solo nell’ultimo anno sono riuscita a uscire dal parrucchiere senza sentirmi age-otori, starò diventando grande; “culaccino” l’avevo sentito ma non so perché rimosso (e pure io adesso userò il termine per Jeff Buckley e per i miei amici – faccio pubblicità – El Santo http://www.elsanto.it/); potrei passare giornate intere a fare cafuné; sono friolera por cojones (scusa il francesismo); Ohrwurm è una parola orribile (verme da orecchio?! eeew!) ma almeno ora so come si chiama quella cosa delle canzoni in loop nella mia testolina; ringraziamo la Norvegia anche per Ibsen, per Lene Marlin che imitavo da ragazzina e il black metal.
        Aspetto il post su Fernweh con molto interesse, darling. Grazie per la ricerca sulla gattara e per la foto di Lost in translation del tutto gratuita, ho apprezzato 🙂

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  3. Ne ho una, Wellen! Come spieghi l’atto di raccogliere il sugo della pasta con il pane, se non con la “scarpetta”??? 😀 😀 😀

    Mentre la mia amica francese mi ha spiegato che la parola “encœurant” significa “la sensazione di disgusto che hai quando hai mangiato troppo”, come se il cuore che dovesse sollevarsi e prendere piú distanze dallo stomaco 😀

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    1. La scarpetta!! Grande!! In effetti mi sa che solo noi abbiamo una parola per quello 😀 😀 😀 (che peraltro è una parola assolutamente necessaria!)

      “Encœurant” non lo conoscevo ed è molto bello! Grazie!

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