#86 fis phenomenon e wug test

Il “fenomeno Fis” è un fenomeno osservato nel processo di acquisizione della lingua da parte dei bambini. È stato descritto per la prima volta nel 1960 da Jean Berko Gleason e Roger Brown: i due ricercatori raccontarono di un bambino che chiamava “fis” (/fɪs/), invece di “fish” (/fɪʃ/), un giocattolo a forma di pesce. Quando un adulto gli chiedeva “Is this your fis?”, il bambino rispondeva negativamente. Se invece gli veniva chiesto “Is this your fish?”, la risposta era “Yes, my fis.”

(Se andate a scavare nei vostri ricordi di interazioni con bambini piccoli, probabilmente troverete episodi simili: io conosco una bimba che confondeva la “c” con la “t” e diceva, ad esempio, “tandele” invece di “candele”. Ma se tu le parlavi di “tandele”, ti guardava come se fossi scemo.)

Il Fis phenomenon dimostra che la percezione e la distinzione dei fonemi avviene prima della capacità di produrre quegli stessi fonemi. (E, più in generale, che le capacità di comprensione precedono quelle di produzione linguistica). Il bambino dell’esempio non era in grado di pronunciare il suono /ʃ/, ma sapeva benissimo che si trattava di un fonema diverso da /s/. La sua pronuncia, gradualmente, si avvicinerà a quella corretta.

Parlare (nel senso di pronunciare) e conoscere una lingua sono due cose ben diverse: parlare è un’abilità fisica, la lingua è una capacità intellettuale. Si tratta di due abilità distinte e indipendenti. Infatti, ad esempio, una persona può balbettare pur avendo una capacità linguistica perfettamente nella norma.

Fenomeni simili al “fis” sono stati osservati in bambini che apprendono la lingua dei segni. In questo caso, il bambino sa riconoscere un determinato gesto quando lo vede eseguito correttamente da un adulto, ma potrebbe non essere in grado di riprodurlo nello stesso modo, avendo ancora difficoltà a gestire il proprio sistema motorio. Qui sotto vi metto un video super tenero sul processo di acquisizione della lingua dei segni americana da parte di una bimba.

Ma andiamo a vedere chi sono i due ricercatori che hanno scoperto il Fis phenomenon: Roger Brown e Jean Berko Gleason (cari lettori, lo so che siete curiosi).

Roger Brown
Roger Brown

Roger Brown (1925 – 1997) è stato uno stimatissimo psicologo sociale statunitense, che si è occupato specialmente dello sviluppo linguistico dei bambini e della relazione tra linguaggio e pensiero.
La cosa più romantica (e malinconica) della vita di Roger Brown è la storia d’amore, durata oltre quarant’anni, con Albert Gilman, professore di letteratura inglese e studioso di Shakespeare. Albert Gilman è morto di cancro ai polmoni nel 1989, e solo allora Roger Brown ha fatto coming out pubblicamente sulla propria omosessualità. Roger Brown è poi morto nel 1997, ed è stato sepolto accanto al suo compagno Albert Gilman nel Mount Auburn Cemetery a Cambridge, in Massachusetts.

Jean Berko Gleason
Jean Berko Gleason

Jean Berko Gleason è una psicolinguista statunitense, nata nel 1931, che si è occupata soprattutto di linguistica acquisizionale. Uno dei suoi contributi più conosciuti è il “Wug test”, con il quale ha dimostrato che anche i bambini molto piccoli possiedono una conoscenza implicita della morfologia della propria lingua madre. Cioè i bambini sanno mettere in pratica le regole morfosintattiche, anche se ovviamente non le hanno mai studiate in modo esplicito. Un’ipotesi differente, per quanto riguarda l’acquisizione della grammatica, è che i bambini si limitino a ripetere ciò che hanno sentito in precedenza dagli adulti: ad esempio, un bambino di famiglia anglofona potrebbe sentire la parola “car”, singolare, riferita ad un’unica automobile, e in un altro momento potrebbe sentire la parola “cars”, plurale, e capire che quella è la parola per indicare più automobili. Proprio per evitare l’effetto “sentito, memorizzato e poi ripetuto”, il Wug test contiene parole inventate e prive di significato (come “wug”, una creatura immaginaria): parole che sicuramente i bambini non hanno mai sentito prima. Ai bambini vengono mostrate immagini e proposte attività come questa: “This is a WUG. Now there is another one. There are two of them. There are two________.” La risposta che si ottiene più frequentemente è “Wugs”, e dimostra che il bambino ha compreso e interiorizzato, per quanto inconsapevolmente, la regola standard della formazione del plurale in inglese. Il test include altre attività simili riguardanti le coniugazioni verbali e altre regole morfosintattiche. Insomma, i bambini vengono esposti alla lingua parlata dagli adulti, e da ciò che sentono sono in grado di estrarre regole generali e di applicarle alle nuove parole che via via imparano.

A questo link potete trovare dieci schede del Wug test originale, con i disegni di Jean Berko Gleason.
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Se cercate “Wug test” su YouTube, potete trovare centinaia di video di genitori che hanno sottoposto la propria prole a un Wug test casalingo, e anche questo filmato d’epoca, e questo breve video più recente in cui Jean Berko Gleason fa il test a un’adulta e commenta le sue risposte.

Voi non ci crederete, ma il Wug test è talmente famoso che ci fanno anche le magliette.

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E c’è anche chi ci fa delle battute.

Wugs

Jean Berko, nel 1959, ha sposato Andrew Gleason (1921 – 2008), da cui ha avuto tre figlie.

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Andrew Gleason è stato un importante matematico statunitense. Si è occupato di crittoanalisi durante la seconda guerra mondiale, lavorando alla decifrazione dei messaggi in codice tedeschi e giapponesi, e durante la guerra di Corea (1950-53). Ha anche collaborato con Alan Turing allo studio della macchina Enigma.

Andrew Gleason ha inoltre dato un importante contributo alla soluzione del quinto problema di Hilbert (Hilbert’s fifth problem) che onestamente non ho capito.

Andrew Gleason
Andrew Gleason

Tap code

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Forse il primo post dovrebbe essere una sorta di manifesto. Ma non ho trovato niente di abbastanza programmatico, e ho finito per scegliere una piccola cosa, del tutto insignificante, ma che effettivamente ho scoperto oggi. E alla fine è proprio questo lo spirito: cose irrilevanti, eterogenee, scoperte per caso.

Il tap code non ha una pagina nella Wikipedia italiana e l’unica traduzione che sono riuscita a trovare è “codice a numero di colpi”, che sembra però alquanto impopolare.
È un codice piuttosto semplice per trasmettere messaggi attraverso serie di colpi. Il sistema si basa sulla scacchiera di Polibio: una tabella in cui vengono inserite le lettere dell’alfabeto, in modo che, numerando righe e colonne, ogni lettera sia identificabile con una coppia di numeri. E questi numeri si possono esprimere attraverso colpi o suoni di qualche tipo, intervallati da opportune pause.
Quindi, ad esempio, per comunicare la lettera «w» si dovranno produrre: una sequenza di cinque colpi, che rappresenta la riga in cui si trova la suddetta lettera, una breve pausa, e poi altri due colpi, che rappresentano la colonna. Dopo un’ulteriore pausa si potrà, ad esempio, fare un colpo per indicare la prima riga, e altri cinque colpi per la colonna dove si trova la lettera «e», e così via.
Trasmettere intere frasi può diventare lungo per cui le abbreviazioni sono molto frequenti.

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La tradizionale scacchiera di Polibio

Siccome la tabella è un quadrato 5×5 mentre le lettere dell’alfabeto latino tendono ad essere 26, una casella dovrà essere condivisa da due lettere: nella tradizionale scacchiera di Polibio si tratta della «i» e della «j», ma nel tap code «c» e «k» sembra essere la scelta più comune.

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La versione della scacchiera di Polibio più spesso usata per il tap code

Pare che il tap code sia molto diffuso tra i carcerati per comunicare tra loro “bussando” sui muri o sulle sbarre. Il codice Morse è meno praticabile perché richiede suoni brevi (punti) e suoni più lunghi (linee), una differenza difficile da ottenere bussando su un muro. Inoltre il tap code dovrebbe essere più facile da memorizzare, perché per usarlo è sufficiente visualizzare la disposizione delle lettere nella tabella.

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Tre screenshot dall’episodio Bad Code (s02e02) di Person of Interest, 2012

Nell’episodio Bad Code (s02e02) di Person of Interest, Harold Finch trova il modo di lasciare un insospettabile messaggio a John Reese digitando una serie di numeri sullo schermo di un telefono: come prevedibile il destinatario capisce che si tratta di tap code e lo decodifica brillantemente.
Le serie tv sono sempre una gran fonte di scoperte.


EDIT: Sono tornata su questo primo post dopo tre anni e mezzo, e devo dire che qualcosa è cambiato: il tap code ha una pagina nella Wikipedia italiana, dove è chiamato “codice a colpi”. Rejoice!


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