Daniel Everett
Daniel Everett nasce nel 1951 a Holtville, California, vicinissimo al confine con il Messico.
Sua madre muore per un aneurisma cerebrale quando lui ha solo 11 anni, e da allora vive con il padre alcolizzato, che lo porta regolarmente oltre il confine messicano dove vanno in giro a bere e per bordelli (fonte).
Da ragazzo suona la chitarra in rock band, fa uso di droghe, fino all’estate del 1968 quando, mentre dilaga la contestazione, Everett incontra Keren Graham e i suoi genitori, due missionari cristiani. Si converte al cristianesimo e un anno dopo, a 18 anni, sposa Keren.
Negli anni ’70 i due si iscrivono al Summer Institute of Linguistics (ora SIL International), un’organizzazione cristiana il cui obiettivo è studiare e documentare tutte le lingue del mondo, e tradurre la Bibbia nelle lingue locali, con una particolare attenzione per le società non alfabetizzate. Studiano linguistica, tecniche di traduzione, strategie da usare sul campo.
Riconoscendo il talento di Everett per l’apprendimento delle lingue, quelli del SIL lo invitano a studiare la lingua della popolazione Pirahã, in Amazzonia.
Alcuni missionari avevano in precedenza vissuto con i Pirahã e tentato di impararne la lingua con scarsi risultati, soprattutto per la difficoltà della pronuncia e la grammatica inusuale.
Nel 1977 Daniel Everett, con la moglie Keren e i tre figli, si stabilisce in un villaggio Pirahã.
I Pirahã
I Pirahã (pronunciato pi-da-hàn) vivono in una riserva nella Foresta Amazzonica in Brasile. Abitano in villaggi nella zona del fiume Maici. Sono circa 360 persone (altre fonti dicono da 150 a 420, immagino che dipenda dal momento storico e dalle epidemie di malaria).
Sono cacciatori-raccoglitori: mangiano pesce e piccoli animali, raccolgono manioca e frutti selvatici. Non hanno alcun tipo di agricoltura né allevamento. Non hanno una gerarchia sociale.
Costruiscono semplici capanne con foglie di palma e bastoni. Usano pochissimi utensili, tra cui pentole, cesti, coltelli, archi e frecce. Fanno scambi con commercianti brasiliani, che in cambio di prodotti come noci e legname danno loro vestiti e linguette di lattine (i Pirahã ne fanno collane). Con gli scambi ottengono anche canoe, che non hanno mai voluto imparare a costruire da soli.
Sono tendenzialmente monolingui. Non hanno alcuna forma di scrittura, e non hanno una memoria storica e collettiva oltre una o due generazioni. Non hanno nessun mito sull’origine del mondo. Tengono poco in considerazione il passato, e anche il futuro: non pianificano, non conservano il cibo, non costruiscono né mantengono case e strumenti affinché possano durare. Vivono il presente.
(Recentemente il governo brasiliano ha portato nella comunità Pirahã un ambulatorio medico e una scuola: sono innovazioni che hanno i loro ovvi lati positivi ma, al contempo, rischiano di contaminare e distruggere la cultura di questo popolo.)
La lingua Pirahã
La lingua Pirahã è tra le lingue con il minor numero di fonemi al mondo: hanno solo tre vocali e otto (o dieci) consonanti. Le parole assumono significati diversi in base al tono con cui sono pronunciate (è una lingua tonale come il cinese mandarino). Donne e uomini utilizzano due modelli di pronuncia leggermente diversi.
Hanno nomi per ogni specie animale e vegetale del loro ambiente. Non hanno parole specifiche per i colori, e nel caso li descrivono con espressioni tipo “del colore del sangue”.
La più simpatica peculiarità della lingua Pirahã è che non ha numeri, né cardinali né ordinali. Hanno tre parole per parlare di quantità: hói, “pochi”, “una piccola quantità”, e hoí, “un po’ di più”, “una quantità più grande”, e baágiso, “tanti”, “un mucchio” (si veda questo breve video con Everett, tratto da questo documentario). In un primo momento Everett aveva pensato che hói significasse “uno” e hoí “due” , ma poi si è reso conto che erano solo quantità approssimative.
Il punto è che il loro stile di vita e le loro attività quotidiane non rendono affatto necessario saper contare e usare numeri precisi. Secondo Everett, non è che non sono capaci di contare, è che scelgono di non farlo. Non si tratta di ridotte capacità cognitive.
I Pirahã sono inoltre ostinatamente chiusi nei confronti del resto del mondo: considerano la propria cultura completa, e non sentono alcun bisogno né curiosità di introdurre novità. Rifiutano quasi ogni cosa provenga dall’esterno.
Everett, i Pirahã, e Gesù
Daniel Everett, coerentemente con la sua quest di missionario cristiano, ha a lungo tentato di convertire i Pirahã, parlando loro di Gesù e della Bibbia. I Pirahã, coerentemente con il loro disinteresse verso tutto ciò che va al di là del presente Pirahã, non sono rimasti per niente impressionati (Everett parla anche di questo in un suo simpatico TEDx Talk).
Cito:
For a while, Everett kept on telling the Pirahã about Jesus. But the fact that he had not met Jesus proved to be an impediment. Because the Pirahã live in the present, they can’t get excited about the past.
La vita con i Pirahã ha invece fatto vacillare la fede di Everett, che diventa ateo attorno al 1985. Mantiene il segreto per 19 anni, e quando si decide a “fare outing”, la moglie chiede il divorzio e due dei tre figli tagliano i contatti con lui.
I Pirahã, Sapir e Whorf
Un sostenitore dell’ipotesi Sapir-Whorf potrebbe affermare che, siccome la lingua Pirahã non ha nomi per i numeri, allora i suoi parlanti non sanno contare. La loro lingua dà forma alla loro visione del mondo e, in questa visione, non ci sono quantità precise e numerabili.
Ma sarebbe strano se i Pirahã, con il loro attuale stile di vita, disponessero di parole e tecniche per contare e misurare con esattezza grandi quantità. Vivendo in quel modo, cosa se ne fanno di sapere che anno e che giorno è, quante ore lavorano al mese, quante visualizzazioni hanno su YouTube? Il rapporto causa-effetto è piuttosto il contrario: non contano (non ne hanno bisogno), e dunque non hanno parole per contare. Sono il loro stile di vita, la loro cultura e società a plasmare il loro vocabolario.
Daniel Everett si spinge oltre, e inverte del tutto l’ipotesi whorfiana sostenendo che la cultura Pirahã abbia determinato l’intera grammatica Pirahã. Steven Pinker (lo si vede nel documentario) appare piuttosto scettico.
Everett ha inoltre litigato con Noam Chomsky riguardo al principio della ricorsività o ricorsione (recursion), ma questa è un’altra storia.
Fun fact: potete acquistare magliette e accessori vari sulla lingua Pirahã.
Grandi cambiamenti qua su Wellentheorie: mi sono stancata di numerare i post. Da oggi viviamo più alla Pirahã.