Spoiler alert!!
Questo post parla del racconto pubblicato per intero nel post precedente: se non lo avete letto, non andate oltre altrimenti vi rovinate irrimediabilmente il finale…
Sentinella (Sentry) è un racconto breve scritto da Fredric Brown nel 1954. Molto breve: poco più di 300 parole. Un piccolo capolavoro di fantascienza che è apparso in numerose antologie, tra cui Le meraviglie del possibile (1959) curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero.
La narrazione, in terza persona, assume il punto di vista del protagonista, ne descrive i pensieri e le sensazioni, e riferisce pochi fatti del passato dandoci solo una parte del contesto della vicenda. Questi pensieri e sensazioni ci appaiono del tutto condivisibili; inoltre, il protagonista è presentato come qualcuno che ha subìto una grave ingiustizia da parte di una “altra razza”, aliena, incivile, belligerante, che viene descritta come “il nemico” e “crudeli, schifosi, ripugnanti mostri”. Di conseguenza, ci viene naturale identificarci col protagonista: condividere il suo punto di vista, parteggiare per lui e per il suo popolo, contro quell’orribile nemico. Di conseguenza, ci viene naturale pensare al protagonista come uno di noi: un terrestre, un umano.
È l’ultima riga che capovolge tutto, che inaspettatamente ci costringe a riconsiderare l’intera storia, a mettere in discussione i nostri pregiudizi e la nostra visione di noi stessi. L’umano non è il buono, non è il coraggioso soldato che difende il suo popolo dagli aggressori, ma è il nemico ripugnante, feroce e sleale.
La sentinella (in originale però The Sentinel) è anche un racconto di Arthur C. Clarke del 1948, che lo stesso autore ha poi ampliato ed elaborato nel romanzo 2001: Odissea nello spazio del 1968, dal quale è tratto l’omonimo film di Stanley Kubrick.
(Sentinel e Sentry sono pressoché sinonimi).
Fredric Brown (1906 – 1972), americano, era basso di statura, rimase orfano molto giovane, amava giocare a scacchi e suonare il flauto. Nel corso della sua vita fa numerosi lavori di tutti i tipi, tra cui il fattorino, l’inserviente in un luna park e il correttore di bozze. Soffriva di asma bronchiale. Nel 1929 si sposa con Helen, dalla quale ha due figli. Più avanti divorzia, risposandosi nel 1948 con Elizabeth Charlier. Nel frattempo pubblica poesie, articoli, e soprattutto riesce a vendere a varie riviste una grande quantità di racconti polizieschi, fantastici, di mistero e di fantascienza. Scrive anche romanzi, ma si specializza nel racconto breve e brevissimo. Scrive soprattutto per intrattenere e per sbarcare il lunario, ma ha grande inventiva, senso dell’umorismo, gusto per il paradosso, idee innovative, sa creare ingegnosi intrecci e sa raccontarli con una prosa arguta, rapida ed efficace. Guadagna poco durante la sua carriera di scrittore, e non è tenuto in grande considerazione dalla critica.
Scrittore estremamente prolifico (qui una bibliografia), è apprezzato da numerosi altri autori di fantascienza e non, tra cui Philip K. Dick, Robert Bloch, autore di Psycho, e Robert A. Heinlein, che gli ha dedicato il romanzo Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land). I suoi scritti hanno anche ispirato film: ad esempio da uno dei suoi romanzi polizieschi più celebri, La statua che urla (The Screaming Mimi) sono stati tratti l’omonimo film del 1958 con Anita Ekberg e, nel 1970, L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento. Sul già menzionato racconto di fantascienza Arena, del 1944, è basato l’omonimo episodio di Star Trek (The Original Series) del 1967. Purtroppo le sue opere (e specialmente i racconti di fantascienza) non sono facilissime da trovare (la Feltrinelli, Amazon, e la mia biblioteca comunale non ne sono particolarmente forniti).
Non c’entra niente, ma Brown mi ha fatto venire in mente Kilgore Trout, lo sconosciuto e squattrinato scrittore di fantascienza che ricorre in vari romanzi di Kurt Vonnegut. In realtà il personaggio di Kilgore Trout è ispirato a un altro scrittore, amico di Vonnegut: Theodore Sturgeon, nome di penna di Edward Hamilton Waldo (1918 – 1985). Infatti Kilgore richiama il suono di Theodore, e Trout (trota) fa il parallelo a Sturgeon (storione). Vonnegut ha rivelato la sua fonte di ispirazione soltanto dopo la morte dell’amico, tanto che fino ad allora si era per lo più pensato che Kilgore Trout fosse un alter ego dello stesso Vonnegut.