#106 fredric brown

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Spoiler alert!!

Questo post parla del racconto pubblicato per intero nel post precedente: se non lo avete letto, non andate oltre altrimenti vi rovinate irrimediabilmente il finale…

Sentinella (Sentry) è un racconto breve scritto da Fredric Brown nel 1954. Molto breve: poco più di 300 parole. Un piccolo capolavoro di fantascienza che è apparso in numerose antologie, tra cui Le meraviglie del possibile (1959) curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero.

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Una foto scattata durante la guerra di Corea da David Douglas Duncan, che non c’entra niente, ma l’ho scelta perché risale più o meno all’epoca in cui fu scritto il racconto e ne richiama (vagamente) l’atmosfera.

La narrazione, in terza persona, assume il punto di vista del protagonista, ne descrive i pensieri e le sensazioni, e riferisce pochi fatti del passato dandoci solo una parte del contesto della vicenda. Questi pensieri e sensazioni ci appaiono del tutto condivisibili; inoltre, il protagonista è presentato come qualcuno che ha subìto una grave ingiustizia da parte di una “altra razza”, aliena, incivile, belligerante, che viene descritta come “il nemico” e “crudeli, schifosi, ripugnanti mostri”. Di conseguenza, ci viene naturale identificarci col protagonista: condividere il suo punto di vista, parteggiare per lui e per il suo popolo, contro quell’orribile nemico. Di conseguenza, ci viene naturale pensare al protagonista come uno di noi: un terrestre, un umano.
È l’ultima riga che capovolge tutto, che inaspettatamente ci costringe a riconsiderare l’intera storia, a mettere in discussione i nostri pregiudizi e la nostra visione di noi stessi. L’umano non è il buono, non è il coraggioso soldato che difende il suo popolo dagli aggressori, ma è il nemico ripugnante, feroce e sleale.

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La lotta “Uomo Vs. Mostro Alieno” sulla copertina di un numero di Worlds Unknown del 1973, contenente in realtà un altro racconto di Brown,  Arena.

La sentinella (in originale però The Sentinel) è anche un racconto di Arthur C. Clarke del 1948, che lo stesso autore ha poi ampliato ed elaborato nel romanzo 2001: Odissea nello spazio del 1968, dal quale è tratto l’omonimo film di Stanley Kubrick.
(Sentinel e Sentry sono pressoché sinonimi).

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Fredric Brown

Fredric Brown (1906 – 1972), americano, era basso di statura, rimase orfano molto giovane, amava giocare a scacchi e suonare il flauto. Nel corso della sua vita fa numerosi lavori di tutti i tipi, tra cui il fattorino, l’inserviente in un luna park e il correttore di bozze. Soffriva di asma bronchiale. Nel 1929 si sposa con Helen, dalla quale ha due figli. Più avanti divorzia, risposandosi nel 1948 con Elizabeth Charlier. Nel frattempo pubblica poesie, articoli, e soprattutto riesce a vendere a varie riviste una grande quantità di racconti polizieschi, fantastici, di mistero e di fantascienza. Scrive anche romanzi, ma si specializza nel racconto breve e brevissimo. Scrive soprattutto per intrattenere e per sbarcare il lunario, ma ha grande inventiva, senso dell’umorismo, gusto per il paradosso, idee innovative, sa creare ingegnosi intrecci e sa raccontarli con una prosa arguta, rapida ed efficace. Guadagna poco durante la sua carriera di scrittore, e non è tenuto in grande considerazione dalla critica.

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Fredric Brown

Scrittore estremamente prolifico (qui una bibliografia), è apprezzato da numerosi altri autori di fantascienza e non, tra cui Philip K. Dick, Robert Bloch, autore di Psycho, e Robert A. Heinlein, che gli ha dedicato il romanzo Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land). I suoi scritti hanno anche ispirato film: ad esempio da uno dei suoi romanzi polizieschi più celebri, La statua che urla (The Screaming Mimi) sono stati tratti l’omonimo film del 1958 con Anita Ekberg e, nel 1970, L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento. Sul già menzionato racconto di fantascienza Arena, del 1944, è basato l’omonimo episodio di Star Trek (The Original Series) del 1967. Purtroppo le sue opere (e specialmente i racconti di fantascienza) non sono facilissime da trovare (la Feltrinelli, Amazon, e la mia biblioteca comunale non ne sono particolarmente forniti).

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Una scena di Arena, episodio 18 della prima stagione della serie originale di Star Trek (su Netflix è il 19, perché c’è anche l’episodio pilota che in origine venne scartato e mai trasmesso).

Non c’entra niente, ma Brown mi ha fatto venire in mente Kilgore Trout, lo sconosciuto e squattrinato scrittore di fantascienza che ricorre in vari romanzi di Kurt Vonnegut. In realtà il personaggio di Kilgore Trout è ispirato a un altro scrittore, amico di Vonnegut: Theodore Sturgeon, nome di penna di Edward Hamilton Waldo (1918 – 1985). Infatti Kilgore richiama il suono di Theodore, e Trout (trota) fa il parallelo a Sturgeon (storione). Vonnegut ha rivelato la sua fonte di ispirazione soltanto dopo la morte dell’amico, tanto che fino ad allora si era per lo più pensato che Kilgore Trout fosse un alter ego dello stesso Vonnegut.

#100 battlestar galactica (terza parte)

Dopo due lunghi post su Battlestar Galactica (questo e questo) mi sono accorta che, a distanza di quasi un anno, ho ancora un paio di cose da dire in proposito.

Katee Sackhoff, l’attrice che interpreta Kara “Starbuck” Thrace nella serie nuova di Battlestar Galactica (2004-2009), è apparsa in due episodi di Big Bang Theory, interpretando se stessa. Katee Sackhoff compare infatti nelle fantasie masturbatorie di Howard Wolowitz.

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La prima apparizione è nell’episodio La formula della vendetta / The Vengeance Formulation (S03 E09), del 2009: Howard si immagina Katee in una situazione romantica (vasca da bagno, luce soffusa, bicchieri di vino), e si scambiano il seguente dialogo, spassosissimo e contenente i soliti riferimenti nerd (Cylon e coloni sono le due fazioni contrapposte in Battlestar Galactica, e la principessa Leia, Leila nella versione italiana, è ovviamente quella di Star Wars – lo dico per i non-nerd là fuori).

Howard: So nice you could join me this evening. You’re looking lovely as always.
Katee Sackhoff: Thanks, Howard. Always nice to be part of your masturbatory fantasies.
Howard: Come on, Katee, don’t make it sound so cheap.
Katee: I’m sorry, fiddling with yourself in the bathtub is a real class act.
Howard: Thank you. So, shall we get started?
Katee: Sure. But can I ask you a question first?
Howard: You want to play Cylon and colonist?
Katee: No. I want to know why you’re playing make-believe with me when you could be out with a real woman tonight.
Howard: You mean, Bernadette?
Katee: No, I mean Princess Leia. Of course I mean Bernadette. She’s a wonderful girl and she really likes you.
Howard: I know, but she’s not you.
Katee: I’m not me. The real me is in Beverly Hills going out with a tall, handsome, rich guy […].

La seconda apparizione è nell’episodio La deviazione del troll virtuale / The Hot Troll Deviation (S04 E04), del 2010: Howard predispone la giusta atmosfera nella sua stanza e dà inizio alla tipica fantasia, ma questa volta Katee indossa l’uniforme da pilota di Viper di Battlestar Galactica. La fantasia degenera presto e si aggiungono prima Bernadette e poi George Takei.

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George Takei, Katee Sackhoff, Howard e Bernadette.

George Takei (nato nel 1937) è un attore famoso per il ruolo di Hikaru Sulu, timoniere dell’Enterprise nella serie classica di Star Trek e nei primi sei film (Sulu è interpretato da John Cho nei due film diretti da J.J. Abrams, Star Trek del 2009 e Star Trek Into Darkness del 2013).

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Hikaru Sulu

George Takei è dichiaratamente gay (nel 2008, dopo una relazione di oltre ventun’anni, ha sposato il compagno Brad Altman con rito buddhista) e si impegna come attivista per i diritti gay.

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George Takei

Quando George Takei compare nella fantasia di Howard Wolowitz, Katee chiede a quest’ultimo se ha tendenze omosessuali latenti. A quel punto George e Katee si mettono a discutere tra loro sulla difficoltà di recitare in generi diversi dalla fantascienza, essendo entrambi diventati due icone nei loro ruoli più celebri. Più avanti, al primo appuntamento con Bernadette, Katee e George fungono da “amici immaginari” che “aiutano” Howard.

La quarta stagione di Battlestar Galactica è stata prodotta e poi trasmessa divisa in due parti, separate da sette mesi di pausa, a causa dello sciopero degli sceneggiatori (WGA strike) del 2007-2008.
Lo sciopero è durato per 100 giorni, dal novembre 2007 al febbraio 2008, e ha avuto effetti significativi sul mondo televisivo americano: molte serie non hanno potuto completare la stagione come era stata prevista, ad esempio la prima stagione di Big Bang Theory ha solo 17 episodi (8 erano stati prodotti prima dello sciopero, e 9 sono stati recuperati dopo) mentre tutte le altre sue stagioni ne hanno 23 o 24. Della prima stagione di Breaking Bad sono stati prodotti solo 7 dei 9 episodi previsti, e qualcosa di simile è successo per Grey’s Anatomy (stagione 4), tutti i CSI, e un sacco di altre serie.

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Una scena di Sometimes a Great Notion, tanto per farvi capire il mood dell’episodio.

Senza la certezza che Battlestar Galactica sarebbe continuata, l’episodio Sometimes a Great Notion è stato pensato come un potenziale finale. Concluso lo sciopero, il canale Sci-Fi ha deciso di produrre altri dieci episodi fino al finale inizialmente programmato.
Sometimes a Great Notion (l’episodio 11 o 13 della quarta stagione: dipende se si considera Razor come doppio episodio di inizio stagione oppure come film separato dalla serie) è un episodio molto triste. Per mettere il cast nell’umore giusto, pare che Edward James Olmos dicesse a tutti che la serie sarebbe sicuramente stata cancellata e che quella era la fine.
Il titolo è un riferimento al secondo romanzo, pubblicato nel 1964, di Ken Kesey (1935-2001), scrittore statunitense noto soprattutto per Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest, 1962).
Sometimes a Great Notion credo che non sia stato tradotto in italiano, ma è arrivato anche in Italia il suo adattamento cinematografico, Sfida senza paura (Sometimes a Great Notion, 1971), con Paul Newman e Henry Fonda.

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Ken Kesey

Il titolo del romanzo, a sua volta, viene da Goodnight, Irene, canzone popolare americana, registrata per la prima volta da Lead Belly. Il testo parla di un amore tormentato, della tristezza e delle fantasie suicide dell’autore: Sometimes I live in the country / Sometimes I live in town / Sometimes I have a great notion / To jump into the river and drown. (“Notion” in inglese può significare, come “nozione” in italiano, conoscenza, cognizione o credenza su qualcosa, ma anche impulso e desiderio).

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Lead Belly

Avevo parlato qui, a proposito di Helo in Battlestar Galactica, dell’archetipo del “red-shirt character”. Mi autocito: «uno di quei personaggi che muoiono subito dopo la loro prima apparizione, e vengono introdotti con lo scopo di aggiungere dramma e mostrare quanto una determinata situazione sia pericolosa, senza però uccidere altri personaggi che hanno ruoli più importanti (gli spettatori devono capire che i protagonisti stanno rischiando la vita). La definizione “red-shirt character” deriva dalla serie classica di Star Trek (1966–69), in cui “the red-shirted security personnel frequently die during episodes” (lo dice Wikipedia).»

Se non sapete questa cosa, non potete cogliere citazioni e riferimenti, come in un episodio di South Park (Ai confini della realtà / City on the Edge of Forever, S02 E07) in cui lo scuolabus finisce fuori strada e rimane bloccato sull’orlo di un precipizio. Un ragazzino mai visto prima, vestito con la divisa rossa di Star Trek, esce per cercare aiuto, e viene divorato da un mostro.

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E poi non potreste capire battute e fumetti come questo, di Lunarbaboon:

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Tra l’altro, oggettivamente, anche Dylan Dog indossa una red shirt.

#92 battlestar galactica (seconda parte)

Nel post precedente si parlava di Battlestar Galactica, delle differenze tra la serie originale del 1978 e quella “re-immaginata” del 2003-2009, del comandante Bill Adama e di suo figlio Lee “Apollo” Adama.

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Lee e Bill Adama nella serie re-imagined.

Il capitano Lee “Apollo” Adama nella serie originale era interpretato da Richard Hatch, l’unico attore che compare in entrambe le versioni: nel re-imagined fa Tom Zarek.

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Richard Hatch come “Apollo” nella serie originale.
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Richard Hatch come Tom Zarek nel re-imagined.

Nella serie originale, Apollo è il migliore amico del tenente Starbuck (in italiano, SENZA APPARENTE RAGIONE, si chiama Scorpion).
Il tenente Starbuck, interpretato da Dirk Benedict, è un pilota di Viper (un tipo di caccia spaziale molto usato nelle battaglie contro i cylon), giocatore d’azzardo, donnaiolo, fumatore di sigari.

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Dirk Benedict, lo Starbuck originale.

Ed ecco Starbuck nella serie nuova:

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È Kara Thrace, nome di battaglia “Starbuck” (in italiano, di nuovo, Scorpion), abile pilota di Viper e giocatrice d’azzardo, fumatrice di sigari, interpretata da Katee Sackhoff, che all’epoca della miniserie del 2003 aveva solo ventitré anni.

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Si notano comunque delle somiglianze tra i due Starbuck.

Il tenente Starbuck e Starbucks (la catena di caffetterie) prendono il nome da Starbuck, il primo ufficiale del Pequod, la baleniera di Moby Dick. Starbuck è un quacchero, serio e prudente, che cerca di contrastare il piano del capitano Achab (anche Kara Thrace è religiosa e si oppone spesso agli ordini del suo comandante, ma è ben più testarda e spericolata).

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Dirk Benedict e Katee Sackhoff, insieme da Starbucks.

Tra i due Battlestar Galactica c’è un altro significativo cambio di sesso: Boomer, interpretato da Herbert Jefferson Jr. nella serie originale, diventa Sharon Valerii, nome di battaglia “Boomer”, interpretata da Grace Park nel re-imagined. Più avanti nella serie, Sharon “cambia” nome di battaglia in Athena: Athena nella serie del 1978 era la figlia di Bill Adama, sorella di Lee, amante di Starbuck (!), tenente, interpretata da Maren Jensen.

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Boomer (Herbert Jefferson Jr.) nella serie originale.
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Grace Park, Boomer nella serie nuova.

Sharon Valerii ha una relazione con Karl C. Agathon, “Helo”, interpretato da Tahmoh Penikett.
Primo fun fact: il nome Karl C. Agathon deriva dalla frase in greco antico “kalon k’agathon” (o “kalos k’agathos”, καλὸς κἀγαθός), che significa “il bello e buono” ed era usata per descrivere l’ideale di uomo, incarnazione di estetica ed etica. E in effetti Helo è figo e moralmente impeccabile allo stesso tempo.

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Sharon e Helo.

Secondo fun fact: Helo era stato inizialmente pensato come un “red-shirt character”: uno di quei personaggi che muoiono subito dopo la loro prima apparizione, e vengono introdotti con lo scopo di aggiungere dramma e mostrare quanto una determinata situazione sia pericolosa, senza però uccidere altri personaggi che hanno ruoli più importanti (gli spettatori devono capire che i protagonisti stanno rischiando la vita). La definizione “red-shirt character” deriva dalla serie classica di Star Trek (1966–69), in cui “the red-shirted security personnel frequently die during episodes” (lo dice Wikipedia).

Spoiler su Helo: nella miniserie, Helo viene lasciato su Caprica. L’idea iniziale era di non mostrarlo mai più e fare intendere agli spettatori che fosse morto. Ma il pubblico si era affezionato a lui, e gli autori hanno pensato alla sottotrama, inizialmente non programmata, di Helo e Sharon sul pianeta Caprica occupato dai cylon.

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Helo e Sharon su Caprica.

Uno che invece è e rimane un red-shirt character è Tarn, introdotto e ucciso tra l’ultimo episodio della stagione 1 e il primo episodio della stagione 2. Ve lo dico solo perché l’attore è Warren Christie, che faceva uno dei protagonisti nella serie tv di fantascienza Alphas: era Cameron Hicks, che aveva il superpotere della mira super precisa. La seconda stagione di Alphas, del 2012, non ha avuto abbastanza ascolti e il canale Syfy (lo stesso di Battlestar Galactica re-imagined, che all’epoca si chiamava Sci-Fi Channel) ha deciso di non rinnovare la serie, che si è quindi interrotta bruscamente dopo un cliffhanger. Sheldon Cooper, nell’episodio 21 della sesta stagione di Big Bang Theory (2013), aspettava con ansia la terza stagione di Alphas e apprende della sua cancellazione con grande disappunto, così rompe le palle alla redazione di Syfy per lamentarsi e chiedere il rinnovo (così come i fan avevano protestato per la cancellazione di Firefly nel 2002 da parte della Fox).

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Warren Christie in Alphas.

Un altro (più importante) collegamento tra Battlestar Galactica e Big Bang Theory è Michael Trucco, attore che interpreta Samuel T. Anders in Battlestar Galactica e il dottor David Underhill in alcuni episodi di Big Bang Theory.
Michael Trucco fa anche Nick Podarutti, il ragazzo (stupido ma bello) di Robin nell’ottava stagione di How I Met Your Mother.

Michael Trucco come Samuel T. Anders in una delle immagini più fighe della storia della fantascienza.
Michael Trucco come Samuel T. Anders in una delle immagini più fighe della storia della fantascienza.
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Michael Trucco in Big Bang Theory.

Ma arriviamo al mio personaggio preferito: il dottor Gaius Baltar, brillante scienziato, guru religioso nel tempo libero, occasionalmente presidente delle Dodici Colonie, goffo e spesso ridicolo senza volerlo, egocentrico, dotato di una spiccata tendenza all’autoconservazione e di una morale alquanto flessibile.

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Gaius Baltar scienziato.

Il suo nome è probabilmente un riferimento all’imperatore romano Gaio Cesare (Imperator Gaius Caesar), meglio conosciuto con il soprannome Caligola (12-41 d. C.), descritto come despota, stravagante, edonista, depravato, e che ha ispirato numerose opere artistiche e letterarie dall’antichità a oggi.

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Gaius Baltar guru religioso.

Gaius Baltar nel re-imagined è interpretato dall’attore britannico James Callis, che forse avrete visto nei film di Bridget Jones.

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James Callis con Bridget Jones.

Il suo omologo nella serie originale del 1978 era il conte Baltar (John Colicos), uno degli antagonisti principali perché ha tradito la propria specie (gli umani) collaborando con i cylon. Anche il Gaius Baltar re-immaginato ha “tradito” l’umanità, ma non l’ha proprio fatto apposta.

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Il motivo per cui Baltar ha collaborato con i cylon.

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Nell’immagine qui sopra, sulla destra: la riconoscete?

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In Battlestar Galactica è D’Anna Biers, ma l’attrice, Lucy Lawless, è soprattutto famosa come Xena – Principessa guerriera (Xena: Warrior Princess). La serie, fantasy epico-storico-mitologico, ambientata nell’antica Grecia, è stata prodotta dal 1995 al 2001.
Piccolo fun fact: Caligola (Gaius Caesar) appare in un episodio di Xena (S6 E12, Xena contro Caligola, 2001).

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John Cavil

Un altro personaggio spettacolare di Battlestar Galactica re-imagined è John Cavil (e non posso dire altro per non spoilerare!), interpretato da Dean Stockwell, attore americano nato nel 1936 con una lunghissima carriera.

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Dean Stockwell tenero ragazzino in Stars in My Crown, film del 1950 di Jacques Tourneur.

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Una simpatica peculiarità di Battlestar Galactica è l’imprecazione “frak” (o “frack”), una versione di “fuck” appositamente inventata per evitare la censura nella serie del 1978. L’espressioni ha continuato a essere utilizzata in tutte le successive versioni di Battlestar Galactica ed è spesso citata in altre opere di fantascienza o genericamente nerd.

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Spassoso fun fact:

Il comandante Bill Adama, nella sua cabina a bordo della Galactica, si fa la barba davanti a uno specchio Ikea. Lo specchio si chiama “Fräck”.

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In conclusione: Battlestar Galactica è una figata. Anche se c’è qualche buco di trama, anche se il finale (proprio l’ultimo episodio) è vagamente deludente, è comunque bellissimo. In più, è ammirevole che la storia sia coerente e che abbiano cercato di fornire spiegazioni esaurienti per quasi ogni dettaglio, senza lasciare misteri aperti (a differenza, per dire, di Lost). Quindi vi consiglio caldamente di guardare, se non lo avete ancora fatto, la miserie del 2003 e la serie del 2004-2009 (ci sono anche dei webisodi, due film e uno spin-off che però non sono indispensabili).

Guardatelo, e anche voi vi chiederete:

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Un terzo post su Battlestar Galactica lo trovate qui.