UFO, ufologi, e extraterrestri

Unacknowledged, da poco disponibile su Netflix Italia, è un documentario sugli UFO e sui contatti con gli extraterrestri che il governo americano ci ha sempre tenuto nascosti.

Il trailer:

Il Fox Mulder della situazione è Steven M. Greer, un traumatologo che ha abbandonato la professione medica per dedicarsi all’ufologia a tempo pieno. La sua passione è nata nell’infanzia, a circa 8 anni, quando vide – sua sorella rapita dagli alieni? No, – un disco volante nel cielo, in pieno giorno. Tutti gli dissero che se lo era immaginato, ma lui rimase dell’idea che fosse un velivolo extraterrestre. Da allora ha approfondito parecchio la questione alieni, tanto che ne sa più lui del direttore della CIA (James Woolsey, all’epoca in cui era direttore della CIA, avrebbe chiesto a Steven Greer un incontro nel quale gli avrebbe fatto un sacco di domande sugli alieni. James Woolsey ha sempre negato l’incontro).

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Steven Greer (foto nel pubblico dominio di Emadmoussa, via Wikimedia Commons) – le foto carine e ad alta risoluzione erano tutte protette da copyright

Unacknowledged sostiene almeno una decina tesi, non del tutto compatibili tra loro, che vi riassumo:
1. Oggetti volanti di effettiva origine extraterrestre, pilotati da creature aliene, sono stati spesso avvistati; più volte sono precipitati e i resti dei velivoli e dei passeggeri sono stati visti e recuperati (ci sono persone che lo hanno testimoniato) e poi ovviamente nascosti.
2. Molti degli avvistamenti di UFO sono avvenuti nei pressi di basi militari che possedevano o sperimentavano armi atomiche perché, evidentemente, gli alieni sono incuriositi o preoccupati di questa letale arma inventata dal genere umano.
3. C’è una base aliena sulla luna.
4. L’intera questione degli alieni viene gestita da misteriosissimi reparti della CIA e di altre agenzie che agiscono all’oscuro del governo americano (il presidente degli Stati Uniti e i membri del congresso non ne sanno niente) e forse spesso addirittura dei vertici delle loro stesse agenzie, e ricevono cospicui quanto oscuri fondi governativi che non vengono rendicontati.
5. L’intera questione degli alieni viene tenuta accuratamente nascosta al grande pubblico perché, altrimenti, la gente andrebbe nel panico.
6. Per tenere tutto quanto super segreto, i soliti reparti segretissimi hanno infiltrati in tutti i settori dell’informazione, per deformare a proprio piacimento le notizie che vengono trasmesse al pubblico, e in ambito scientifico-accademico, in cui corrompono autorevoli scienziati affinché si dichiarino scettici nei confronti delle visite degli alieni sul nostro pianeta.
7. Reparti molto oscuri, e altrettanto cospicuamente finanziati, di varie agenzie governative e militari hanno, negli ultimi decenni, sviluppato tecnologie super avanzate, derivate dallo studio e dall’imitazione della tecnologia aliena rinvenuta nei vari schianti di UFO ma anche dalle invenzioni di Nikola Tesla (?) che includono velivoli del tutto simili a quelli alieni e sistemi per produrre energia illimitata e sostanzialmente priva di costi dallo spazio vuoto (?).
8. Queste ultime tecnologie super avanzate vengono tenute super segrete perché, se diffuse, il mondo diventerebbe all’improvviso uniformemente benestante e pacifico; a differenza dell’attuale sistema economico che fomenta ignoranza, guerre e profondi divari tra masse in miseria e ristretti gruppi immensamente ricchi.
9. Queste ultime tecnologie, specialmente quelle che riproducono fedelmente i velivoli alieni, verranno prossimamente impiegate dal governo americano (o forse da tutti i governi mondiali) per simulare un’invasione aliena e, di fronte alla minaccia extraterrestre, unire in una agguerrita fratellanza tutti i popoli della Terra.
10. I rapimenti delle mucche sono in realtà effettuati da enti governativi con l’intenzione di instillare il sospetto che extraterrestri malvagi e senza scrupoli vogliano attaccarci.

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Immagine di pubblico dominio da Pixabay

Riguardo a quest’ultimo fatto: ci sono innumerevoli testimonianze da tutto il mondo, la prima delle quali risale addirittura al Seicento, di animali (pecore, cavalli, capre, maiali, conigli, gatti, cani, ecc.) trovati morti e vittime di particolarissime mutilazioni (ad esempio di orecchie, bulbi oculari, lingua, genitali, linfonodi, ecc.). Le incisioni appaiono in genere molto precise e prive di sangue. Le spiegazioni proposte negli anni variano da cause naturali e predatori, a sociopatici e membri di sette. Ma la nostra ipotesi preferita, ovviamente, è che il bestiame sia stato rapito dagli alieni per condurre ricerche ed esperimenti. Un’altra ipotesi diffusa è che i responsabili siano enti governativi o militari che, segretamente, studiano le nuove malattie degli animali e la possibilità che si trasmettano agli umani, oppure cercano di sviluppare armi biologiche, oppure, come sostiene il nostro Steven Greer, mettono in scena questi finti rapimenti alieni per dare agli extraterrestri una cattiva reputazione.

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Lo scheletro di Atacama in uno screenshot da YouTube

In Unacknowledged sono mostrati più volte spezzoni di filmati di quello che sembra un piccolo cadavere alieno, anche se non viene mai spiegato di cosa si tratti. Se ne era parlato più approfonditamente in un altro documentario, Sirius, coprodotto da Steven Greer nel 2013.

È lo scheletro di Atacama, affettuosamente chiamato Ata, che fu ritrovato nel 2003 nel deserto di Atacama e ha tutta l’aria di essere un piccolo alieno, alto soli 15 centimetri. I resti sono stati analizzati: sembrano risalire a pochi decenni prima e, soprattutto, sono umani. Dal DNA mitocondriale, la madre doveva essere originaria del Sud America occidentale. Si tratta con ogni probabilità di un feto umano, nato prematuramente, e morto prima o subito dopo il parto, con malformazioni e disordini genetici che gli hanno provocato una deformazione del cranio e due costole in meno (ne ha dieci, e non dodici come tutti gli esseri umani normali).

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Immagine di pubblico dominio da Pixabay

Se si tratta di resti umani, perché un ufologo ne parla con tanto entusiasmo? Be’, Wikipedia lo liquida come decisamente umano, ma Ata presenta in realtà qualche dubbio:
1. Le malformazioni che presenta, a partire dal cranio e dalle costole, sono estremamente rare: le probabilità che si presentino tutte insieme in un unico essere umano sono molto vicine allo zero.
2. Se alcuni tratti fanno pensare a un feto, il grado di sviluppo della cartilagine delle ginocchia corrisponde a quello di un bambino tra i sei e gli otto anni. Ma come avrebbe potuto sopravvivere per anni un essere umano con tutte quelle malformazioni, rimanendo di quelle dimensioni e, per di più, in un ambiente ostile e poco ospedalizzato come il deserto di Atacama?
3. Il DNA dei resti è risultato corrispondere al 91% con il DNA umano: il restante 9% potrebbe essere conseguenza di un errore del computer o una questione di degradazione del campione, tutte cose abbastanza comuni. Ma, se non si può dimostrare che quel 9% sia non-umano, non si può neanche dimostrare che sia umano. E ricordiamo che gli scimpanzé hanno solo un 3-4% del patrimonio genetico che differisce dal nostro, e gli scimpanzé ci assomigliano ben poco. Se quel 9% fosse anche solo parzialmente non-umano, potremmo essere di fronte a una creatura molto diversa.

Greer parla dello scheletro di Atacama:

Fun fact: la voce narrante in Unacknowledged è di Giancarlo Esposito, meglio conosciuto come Gus Fring in Breaking Bad e Better Call Saul.

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Giancarlo Esposito in una foto di Frantogian (CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons)

Tuttavia, lo scetticismo

A me sembra che ritrovare nel deserto di Atacama la più improbabile somma delle più rare malformazioni umane sia comunque più probabile rispetto a un cadavere alieno. Che il governo americano tenga nascosti vari progetti e tecnologie è senza dubbio possibile, e se un oggetto volante non identificato si aggira nei paraggi di una base militare, mi pare lecito ipotizzare che si tratti di un velivolo militare umano, magari tenuto nascosto ai più, ma comunque umano. In altre parole, se senti degli zoccoli, pensi a un cavallo, non a una zebra (a meno che tu non sia in Africa o in uno zoo): una lezione che personalmente ho imparato dal dottor Cox di Scrubs: «If you hear hoof-beats, you just go ahead and think horses – not zebras».


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F is for Family e l’asciuga insalata

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F is for Family è una serie animata che trovate su Netflix, creata da Bill Burr e Michael Price (quest’ultimo ha scritto diversi episodi dei Simpson, mentre forse vi ricorderete di Bill Burr per il ruolo di Patrick Kuby in Breaking Bad).

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Huell Babineaux (Lavell Crawford) e Patrick Kuby (Bill Burr) in Breaking Bad.

Ambientata negli anni ’70, “a time when you could smack your kid, smoke inside, and bring a gun to the airport” (fonte), la serie narra dei Murphy, frustrata famiglia media americana.
Vediamo un po’ a chi appartengono alcune delle voci dei protagonisti:
Frank Murphy, il capofamiglia, è doppiato dal suo autore Bill Burr, mentre sua moglie Sue è Laura Dern, attrice che, tra le altre cose, ha fatto alcuni film di David Lynch (Velluto bluBlue Velvet, 1986, Cuore selvaggio – Wild at Heart, 1990, Inland Empire, 2006) e compare anche nella nuovissima stagione di Twin Peaks in un ruolo che non vi spoilero.

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Laura Dern nella terza stagione di Twin Peaks

Vic, il vicino di casa ricco, pieno di donne, e invidiatissimo, è doppiato da Sam Rockwell, un attore che ha fatto decine di film ma che noi ricorderemo soltanto per essere il protagonista di Moon, film di fantascienza del 2009 con la regia di Duncan Jones, che poi è il figlio di David Bowie (il cui vero nome era David Robert Jones).

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Vic, e Sam Rockwell con un gatto.
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Una scena del film Moon

Nel quarto episodio della seconda stagione, Sue ha una grande idea:

l’asciuga insalata

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L’asciuga insalata (salad spinner o salad tosser), infatti, non è sempre esistito. Nella realtà però non è stato inventato da Sue Murphy.
L’asciuga insalata moderno deriva da due brevetti dei francesi Jean Mantelet e Gilberte Fouineteau nei primi anni ’70 (anche se esistevano già meccanismi che sfruttavano la forza centrifuga in modo simile), e fu introdotto sul mercato statunitense nel 1974 dalla Mouli Manufacturing Co.
Il meccanismo della centrifuga si può attivare in vari modi, a seconda dei modelli: a manovella, tirando una corda, premendo un pulsante. Non lo sapevo, ma pare esistano anche gli asciuga insalata elettrici.

8 asciuga insalata

 

Come si asciugava l’insalata PRIMA dell’asciuga insalata?

Ho trovato varie tecniche. Le più semplici utilizzano asciughini puliti oppure carta da cucina per tamponare le foglie lavate e assorbire l’acqua. Altri metodi sfruttano la forza centrifuga: c’è chi mette l’insalata in una borsa di plastica e la fa roteare, in modo che l’acqua si allontani dalle foglie e rimanga sul fondo della borsa. Un’ottima soluzione da appartamento. Se invece avete a disposizione un luogo all’aperto (o non vi disturba avere la casa bagnata), potete infilare l’insalata in una federa pulita, oppure avvolgerla in telo e farne un fagotto, e rotearla in giro, in modo che l’acqua esca attraverso il tessuto (quest’ultimo metodo ci è stato segnalato dal mio papà e da Ammennicoli). I miei genitori raccontano che un tempo esistevano dei cestini metallici, forati, attaccati a una catenella: ci si metteva dentro l’insalata e si andava “nell’aia” per scuoterli o roteali in modo da far uscire l’acqua (possedere un’aia, possibilmente con le galline, sembra un requisito fondamentale). Gaberricci, invece, utilizza uno scolapasta (e ci chiediamo come quest’ultimo viva la contraddizione tra il proprio nome e il proprio utilizzo).
Su YouTube ci sono alcuni tutorial:

Ma apriamoci alle avanguardie tecnologiche offerte da WordPress e inauguriamo senza indugi l’appunto de

I Grandi Sondaggi di Wellentheorie


Comunicazione di servizio: Wellentheorie ha finalmente (?) aperto un profilo Instagram ufficiale. Seguitelo per restare sempre aggiornarti sull’immaginario visivo di questo blog!

#106 fredric brown

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Spoiler alert!!

Questo post parla del racconto pubblicato per intero nel post precedente: se non lo avete letto, non andate oltre altrimenti vi rovinate irrimediabilmente il finale…

Sentinella (Sentry) è un racconto breve scritto da Fredric Brown nel 1954. Molto breve: poco più di 300 parole. Un piccolo capolavoro di fantascienza che è apparso in numerose antologie, tra cui Le meraviglie del possibile (1959) curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero.

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Una foto scattata durante la guerra di Corea da David Douglas Duncan, che non c’entra niente, ma l’ho scelta perché risale più o meno all’epoca in cui fu scritto il racconto e ne richiama (vagamente) l’atmosfera.

La narrazione, in terza persona, assume il punto di vista del protagonista, ne descrive i pensieri e le sensazioni, e riferisce pochi fatti del passato dandoci solo una parte del contesto della vicenda. Questi pensieri e sensazioni ci appaiono del tutto condivisibili; inoltre, il protagonista è presentato come qualcuno che ha subìto una grave ingiustizia da parte di una “altra razza”, aliena, incivile, belligerante, che viene descritta come “il nemico” e “crudeli, schifosi, ripugnanti mostri”. Di conseguenza, ci viene naturale identificarci col protagonista: condividere il suo punto di vista, parteggiare per lui e per il suo popolo, contro quell’orribile nemico. Di conseguenza, ci viene naturale pensare al protagonista come uno di noi: un terrestre, un umano.
È l’ultima riga che capovolge tutto, che inaspettatamente ci costringe a riconsiderare l’intera storia, a mettere in discussione i nostri pregiudizi e la nostra visione di noi stessi. L’umano non è il buono, non è il coraggioso soldato che difende il suo popolo dagli aggressori, ma è il nemico ripugnante, feroce e sleale.

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La lotta “Uomo Vs. Mostro Alieno” sulla copertina di un numero di Worlds Unknown del 1973, contenente in realtà un altro racconto di Brown,  Arena.

La sentinella (in originale però The Sentinel) è anche un racconto di Arthur C. Clarke del 1948, che lo stesso autore ha poi ampliato ed elaborato nel romanzo 2001: Odissea nello spazio del 1968, dal quale è tratto l’omonimo film di Stanley Kubrick.
(Sentinel e Sentry sono pressoché sinonimi).

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Fredric Brown

Fredric Brown (1906 – 1972), americano, era basso di statura, rimase orfano molto giovane, amava giocare a scacchi e suonare il flauto. Nel corso della sua vita fa numerosi lavori di tutti i tipi, tra cui il fattorino, l’inserviente in un luna park e il correttore di bozze. Soffriva di asma bronchiale. Nel 1929 si sposa con Helen, dalla quale ha due figli. Più avanti divorzia, risposandosi nel 1948 con Elizabeth Charlier. Nel frattempo pubblica poesie, articoli, e soprattutto riesce a vendere a varie riviste una grande quantità di racconti polizieschi, fantastici, di mistero e di fantascienza. Scrive anche romanzi, ma si specializza nel racconto breve e brevissimo. Scrive soprattutto per intrattenere e per sbarcare il lunario, ma ha grande inventiva, senso dell’umorismo, gusto per il paradosso, idee innovative, sa creare ingegnosi intrecci e sa raccontarli con una prosa arguta, rapida ed efficace. Guadagna poco durante la sua carriera di scrittore, e non è tenuto in grande considerazione dalla critica.

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Fredric Brown

Scrittore estremamente prolifico (qui una bibliografia), è apprezzato da numerosi altri autori di fantascienza e non, tra cui Philip K. Dick, Robert Bloch, autore di Psycho, e Robert A. Heinlein, che gli ha dedicato il romanzo Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land). I suoi scritti hanno anche ispirato film: ad esempio da uno dei suoi romanzi polizieschi più celebri, La statua che urla (The Screaming Mimi) sono stati tratti l’omonimo film del 1958 con Anita Ekberg e, nel 1970, L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento. Sul già menzionato racconto di fantascienza Arena, del 1944, è basato l’omonimo episodio di Star Trek (The Original Series) del 1967. Purtroppo le sue opere (e specialmente i racconti di fantascienza) non sono facilissime da trovare (la Feltrinelli, Amazon, e la mia biblioteca comunale non ne sono particolarmente forniti).

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Una scena di Arena, episodio 18 della prima stagione della serie originale di Star Trek (su Netflix è il 19, perché c’è anche l’episodio pilota che in origine venne scartato e mai trasmesso).

Non c’entra niente, ma Brown mi ha fatto venire in mente Kilgore Trout, lo sconosciuto e squattrinato scrittore di fantascienza che ricorre in vari romanzi di Kurt Vonnegut. In realtà il personaggio di Kilgore Trout è ispirato a un altro scrittore, amico di Vonnegut: Theodore Sturgeon, nome di penna di Edward Hamilton Waldo (1918 – 1985). Infatti Kilgore richiama il suono di Theodore, e Trout (trota) fa il parallelo a Sturgeon (storione). Vonnegut ha rivelato la sua fonte di ispirazione soltanto dopo la morte dell’amico, tanto che fino ad allora si era per lo più pensato che Kilgore Trout fosse un alter ego dello stesso Vonnegut.

#105 cigarettes after sex

YouTube, la piattaforma di video sharing che attualmente sembra essere il secondo sito più visitato in tutto il mondo (secondo solo a Google), utilizza un sistema piuttosto complesso per consigliarti video correlati a quello che stai guardando. Raccoglie ed elabora un vasto insieme di dati, che comprende le informazioni dei video (titoli e descrizioni) e i dati relativi all’attività degli utenti (il numero di visualizzazioni, di commenti, like e condivisioni; la co-visitation, ovvero i gruppi di video visualizzati in un’unica sessione; le specificità dell’utente, cioè le sue precedenti visualizzazioni e i suoi like; eccetera). Il sistema contempla anche il principio di diversificazione, e cioè scarta i video troppo simili a quelli già visualizzati. Secondo il mio moroso, la profilazione dell’utente è più complessa di così e prende in considerazione anche dati esterni a YouTube, come le ricerche effettuate su Google e le parole chiave contenute nelle conversazioni su Gmail (ricordiamoci che YouTube è di proprietà di Google) però la cosa non viene ammessa ufficialmente.

Sta di fatto che stamattina stavo guardavo un video di Shilpa Ray (la favolosa cantante e suonatrice di armonium con irresistibile spirito punk-rock di cui avevo parlato qui) e il magico algoritmo di YouTube mi ha consigliato Nothing’s Gonna Hurt You Baby dei Cigarettes After Sex.

Cupa, lenta, con un suo romanticismo e un’atmosfera intima e sognante.  Il testo inizia così:

Whispered something in your ear
It was a perverted thing to say
But I said it anyway
Made you smile and look away

Ascoltando la voce, potrebbe venirvi in mente una persona più o meno così:

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Questa in realtà è Nico.

Oppure così:

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E questa è Hope Sandoval dei Mazzy Star.

O magari così:

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Che poi è Lana Del Rey.

E invece la voce appartiene a questo qui:

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Vi presento Greg Gonzalez.

Se non ci credete, ci sono parecchi video di concerti che lo dimostrano, tipo questo. E la cosa buffa è che Greg Gonzalez, quando non canta, ha una voce estremamente bassa e maschile (tipo qua in un’intervista).

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I Cigarettes After Sex sono praticamente Greg Gonzalez (compositore, cantante, chitarrista e bassista) con la collaborazione occasionale di altri musicisti. Greg Gonzalez ha registrato il primo EP, intitolato I., una sera sulle scale dell’università che frequentava, la University of Texas a El Paso. Il suono ricorda i Velvet Underground, i Mazzy Star, il dark e il dream-pop. Potrebbero venirvi in mente i Cocteau Twins, i Red House Painters, magari i Sigur Rós, i Placebo, i Blonde Redhead, e mille altre cose (a voi cosa fa venire in mente?).

Nothing’s Gonna Hurt You Baby è stata pubblicata nel 2012, ma la sua popolarità è esplosa online circa un anno fa. YouTube si è riempito di cover dei Cigarettes After Sex, e quasi ogni video ha un commento dall’account ufficiale dei Cigarettes After Sex.

comment

Se anche voi volete cimentarvi in una cover, vi segnalo questo sito favoloso che vi mostra gli accordi per chitarra, ukulele o piano, con tanto di diteggiatura, man mano che la canzone scorre. Nothing’s Gonna Hurt You Baby è peraltro piuttosto facile, perché sono quattro accordi ripetuti per l’intera durata della canzone: E B Gb (o F#) A (cioè Mi, Si, Sol bemolle / Fa diesis, La).

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Gli accordi di Nothing’s Gonna Hurt You Baby per ukulele.

Il nome, Cigarettes After Sex, secondo me è perfettamente azzeccato per le loro canzoni perché ne rappresenta bene quella pigra e pacifica distensione da post-orgasmo dei loro ritmi lenti e rilassati, insieme a un velo di trasgressione e perversione suggerito dall’atmosfera cupa e dai testi spesso vagamente erotici. Ma perché queste due cose (post-orgasmo e sigarette) sono spesso associate?

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In giro per internet parecchi si dilungano su quanto gli effetti del fumo siano piacevoli dopo il sesso. In realtà sembra che gli effetti puramente fisici siano piuttosto blandi, e legati più che altro alla sensazione di benessere che la sigaretta dà a chi ne è dipendente.

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La ragione sembra in realtà soprattutto sociale e culturale. Le aziende produttrici di sigarette, che hanno praticamente inventato la moderna comunicazione pubblicitaria, hanno da sempre cercato di associare il loro prodotto a un generico essere cool e in particolare all’attrattiva del sesso. I più fighi sex symbol fumano un’imprescindibile sigaretta nelle immagini pubblicitarie e nelle scene dei più famosi film hollywoodiani, come conseguenza dell’astuta strategia di product placement messa in atto dalle compagnie del tabacco.

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Il giovane Ben Braddock (Dustin Hoffman) sedotto dall’intrigante fumatrice Mrs. Robinson (Anne Bancroft) ne Il laureato (The Graduate) del 1967.

La sigaretta era già un simbolo sessuale negli anni ’40. Nel film del 1942 Perdutamente tua (Now, Voyager), incentrato su una storia di passione e adulterio, Jerry (Paul Henreid) accende più volte due sigarette insieme e poi ne passa una a Charlotte (Bette Davis), in un gesto intimo ed erotico.

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Per approfondire l’argomento consiglio questo articolo, che riassume tra le altre cose la storia della relazione tra le sigarette e le donne. È una storia che contiene anche pubblicità ridicole e vergognose come questa:

reach for a lucky
Meglio fumatrice che cicciona!

#102 the troggs

I Troggs sono (stati) una rock band inglese, composta nel 1964 ad Andover, nell’Hampshire.

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Andover

Il nome, in origine, era The Troglodytes, I Trogloditi.
La parola “troglodita” viene dal greco antico τρωγλοδύτης e significa qualcosa tipo “che vive nelle caverne”, e si riferisce alle popolazioni preistoriche che abitavano, appunto, nelle caverne, oppure, in senso figurato, a persone arretrate o rozze.
I trogloditi sono anche una famiglia di uccelli, comunemente noti come scriccioli.

FILE - Reg Presley of The Troggs Dies Aged 71 Music File Photos - The 1960s - by Chris Walter
Da sinistra a destra: Ronnie Bond, Pete Staples, Chris Britton, e Reg Presley in basso al centro.

I membri fondatori dei Troggs sono stati Reg Presley (1941-2013, voce), Ronnie Bond (1940-1992, percussioni), Pete Staples (1944, basso), e Chris Britton (chitarra).
La band si è sciolta nel 1969, rimessa insieme l’anno successivo, dopodiché mi sono un po’ persa negli innumerevoli cambi di formazione. Interessante, tuttavia, che dopo la morte del cantante per cancro ai polmoni nel 2013, i componenti rimasti hanno preso un nuovo cantante e continuano a essere i Troggs. L’attuale formazione ha in comune con quella originale soltanto il chitarrista, ma è meglio di niente (mi ricorda i Nomadi e il paradosso della nave di Teseo, di cui avevo parlato qui).

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I Troggs di oggi: Chris Allen, Dave Maggs, Pete Lucas, Chris Britton.

Il cantante dei Troggs, Reg Presley, aveva lasciato giovane la scuola e ha fatto il muratore finché il singolo “Wild Thing” non è entrato nelle classifiche, e ha finito per vendere cinque milioni di copie. Autore di molti successi dei Troggs, ha scritto anche “Love Is All Around”, di cui i Wet Wet Wet hanno inciso una celebre quanto brutta cover nel 1994. Il successo della cover ha fruttato parecchi soldi al suo autore, e Reg Presley ha pensato bene di utilizzare i guadagni per finanziare ricerche su argomenti come “alien spacecraft, lost civilisations, alchemy, and crop circles” (ovvero astronavi aliene, civiltà scomparse, alchimia, e cerchi nel grano, da Wikipedia) e ha riassunto le sue scoperte nel libro Wild Things They Don’t Tell Us, pubblicato nel 2002.

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Reg Presley, il suo imbarazzante taglio di capelli, e il suo libro.

 

I Troggs hanno prodotto parecchie canzoni di successo, come “With a Girl Like You”, “Hi Hi Hazel”, e altre di cui mi accingo a parlare più dettagliatamente. La loro musica ha profondamente influenzato il garage rock, il punk rock, e numerosi artisti, da Iggy Pop ai R.E.M..
Infatti, ad esempio, la loro “I Can’t Control Myself”, scritta da Reg Presley, è stata più volte suonata dai Buzzcocks e dai Ramones.
Gli MC5, oltre ad averla suonata spesso nei loro concerti, hanno inciso “I Want You” dei Troggs nel loro album di debutto Kick Out the Jams del 1969, ribattezzandola però “I Want You Right Now”. E di quest’ultima versione hanno fatto una bella cover strumentale gli Spacemen 3 (un gruppo che, secondo Wikipedia, faceva musica dei seguenti generi: “Neo-psychedelia, alternative rock, garage rock, space rock, noise rock, drone rock, experimental rock”).
Gli Spacemen 3 hanno ripreso un’altra canzone dei Troggs, “Anyway That You Want Me”, rifatta anche dagli Spiritualized (che poi sono un gruppo fondato da Jason Pierce che prima era negli Spacemen 3). La versione di questi ultimi è stata usata come colonna sonora di una bellissima scena di Me and You and Everyone We Know, film del 2005 di Miranda July.

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I due fondatori degli Spacemen 3 (Jason Pierce in alto e Peter Kember in basso) sulla copertina del loro The Perfect Prescription (1987)

“Love Is All Around” di Reg Presley sembra piacere molto a Mike Mills dei R.E.M. (che, coincidenza!, è omonimo del Mike Mills regista e grafico che è il marito di Miranda July), e una cover in versione acustica è inclusa nel loro MTV Unplugged del 1991. La brutta cover dei Wet Wet Wet, invece, è del 1994 e compare in Quattro matrimoni e un funerale (Four Weddings and a Funeral, sceneggiatura di Richard Curtis). Ma la versione migliore e più divertente di “Love Is All Around” è senza dubbio quella di Love Actually, film del 2003 diretto da Richard Curtis, dove l’attore inglese Bill Nighy interpreta un’attempata rockstar che, alla disperata ricerca di un successo, fa una cover natalizia dei Troggs, dal titolo “Christmas Is All Around”.

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Bill Nighy in Love Actually

Vorrei inoltre segnalare “Give It To Me”, scritta da Reg Presley, inclusa tra l’altro in una scena di Blowup di Michelangelo Antonioni (1966), il cui testo è sostanzialmente questo:

Give it to me / All your love […]
And I’ll know / When you come / I’ll be there […]
Darling I’ll know you’ll come to me / I’ll be there waiting so patiently […]

 

Wild Thing” è uno dei maggiori successi dei Troggs, ed è stata scritta da Chip Taylor.
Chip Taylor (1940) è un prolifico compositore, il suo vero nome è James Wesley Voight, ed è il fratello del geologo Barry Voight e dell’attore Jon Voight. Quest’ultimo è il padre di James Haven e Angelina Jolie. Ricordatemi di scrivere un post su questa famiglia perché sembra gente con delle vite interessanti.

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Chip Taylor

Wild Thing” è stata originariamente incisa dalla band The Wild Ones nel 1965, portata al successo nella versione dei Troggs del 1966, e successivamente suonata da praticamente chiunque, tra cui:
Jimi Hendrix l’ha suonata più volte, e, in particolare, al Monterey Pop Festival nel 1967, quando al termine della canzone ha dato fuoco alla chitarra;
Amanda Lear nel 1987 (e dovete assolutamente vedere il video).

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Jimi Hendrix con la chitarra in fiamme al Monterey Pop Festival del 1967

 

E con i Troggs inauguriamo la nuova iniziativa delle “Wellen Playlist”: trovate la playlist delle canzoni citate in questo post qui su YouTube.
Vi annuncio inoltre che ho chiesto a un amico, esperto di jazz, arcana musica contemporanea e marxismo, di scrivermi un articolo su un argomento a sua scelta, e spero che accetterà la proposta. Perciò stay tuned, miei cari cinque lettori, che questo blog diventa sempre più entusiasmante.
A presto

#100 battlestar galactica (terza parte)

Dopo due lunghi post su Battlestar Galactica (questo e questo) mi sono accorta che, a distanza di quasi un anno, ho ancora un paio di cose da dire in proposito.

Katee Sackhoff, l’attrice che interpreta Kara “Starbuck” Thrace nella serie nuova di Battlestar Galactica (2004-2009), è apparsa in due episodi di Big Bang Theory, interpretando se stessa. Katee Sackhoff compare infatti nelle fantasie masturbatorie di Howard Wolowitz.

Katee-Sackhoff-Big-Bang

La prima apparizione è nell’episodio La formula della vendetta / The Vengeance Formulation (S03 E09), del 2009: Howard si immagina Katee in una situazione romantica (vasca da bagno, luce soffusa, bicchieri di vino), e si scambiano il seguente dialogo, spassosissimo e contenente i soliti riferimenti nerd (Cylon e coloni sono le due fazioni contrapposte in Battlestar Galactica, e la principessa Leia, Leila nella versione italiana, è ovviamente quella di Star Wars – lo dico per i non-nerd là fuori).

Howard: So nice you could join me this evening. You’re looking lovely as always.
Katee Sackhoff: Thanks, Howard. Always nice to be part of your masturbatory fantasies.
Howard: Come on, Katee, don’t make it sound so cheap.
Katee: I’m sorry, fiddling with yourself in the bathtub is a real class act.
Howard: Thank you. So, shall we get started?
Katee: Sure. But can I ask you a question first?
Howard: You want to play Cylon and colonist?
Katee: No. I want to know why you’re playing make-believe with me when you could be out with a real woman tonight.
Howard: You mean, Bernadette?
Katee: No, I mean Princess Leia. Of course I mean Bernadette. She’s a wonderful girl and she really likes you.
Howard: I know, but she’s not you.
Katee: I’m not me. The real me is in Beverly Hills going out with a tall, handsome, rich guy […].

La seconda apparizione è nell’episodio La deviazione del troll virtuale / The Hot Troll Deviation (S04 E04), del 2010: Howard predispone la giusta atmosfera nella sua stanza e dà inizio alla tipica fantasia, ma questa volta Katee indossa l’uniforme da pilota di Viper di Battlestar Galactica. La fantasia degenera presto e si aggiungono prima Bernadette e poi George Takei.

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George Takei, Katee Sackhoff, Howard e Bernadette.

George Takei (nato nel 1937) è un attore famoso per il ruolo di Hikaru Sulu, timoniere dell’Enterprise nella serie classica di Star Trek e nei primi sei film (Sulu è interpretato da John Cho nei due film diretti da J.J. Abrams, Star Trek del 2009 e Star Trek Into Darkness del 2013).

Hikaru Sulu
Hikaru Sulu

George Takei è dichiaratamente gay (nel 2008, dopo una relazione di oltre ventun’anni, ha sposato il compagno Brad Altman con rito buddhista) e si impegna come attivista per i diritti gay.

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George Takei

Quando George Takei compare nella fantasia di Howard Wolowitz, Katee chiede a quest’ultimo se ha tendenze omosessuali latenti. A quel punto George e Katee si mettono a discutere tra loro sulla difficoltà di recitare in generi diversi dalla fantascienza, essendo entrambi diventati due icone nei loro ruoli più celebri. Più avanti, al primo appuntamento con Bernadette, Katee e George fungono da “amici immaginari” che “aiutano” Howard.

La quarta stagione di Battlestar Galactica è stata prodotta e poi trasmessa divisa in due parti, separate da sette mesi di pausa, a causa dello sciopero degli sceneggiatori (WGA strike) del 2007-2008.
Lo sciopero è durato per 100 giorni, dal novembre 2007 al febbraio 2008, e ha avuto effetti significativi sul mondo televisivo americano: molte serie non hanno potuto completare la stagione come era stata prevista, ad esempio la prima stagione di Big Bang Theory ha solo 17 episodi (8 erano stati prodotti prima dello sciopero, e 9 sono stati recuperati dopo) mentre tutte le altre sue stagioni ne hanno 23 o 24. Della prima stagione di Breaking Bad sono stati prodotti solo 7 dei 9 episodi previsti, e qualcosa di simile è successo per Grey’s Anatomy (stagione 4), tutti i CSI, e un sacco di altre serie.

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Una scena di Sometimes a Great Notion, tanto per farvi capire il mood dell’episodio.

Senza la certezza che Battlestar Galactica sarebbe continuata, l’episodio Sometimes a Great Notion è stato pensato come un potenziale finale. Concluso lo sciopero, il canale Sci-Fi ha deciso di produrre altri dieci episodi fino al finale inizialmente programmato.
Sometimes a Great Notion (l’episodio 11 o 13 della quarta stagione: dipende se si considera Razor come doppio episodio di inizio stagione oppure come film separato dalla serie) è un episodio molto triste. Per mettere il cast nell’umore giusto, pare che Edward James Olmos dicesse a tutti che la serie sarebbe sicuramente stata cancellata e che quella era la fine.
Il titolo è un riferimento al secondo romanzo, pubblicato nel 1964, di Ken Kesey (1935-2001), scrittore statunitense noto soprattutto per Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest, 1962).
Sometimes a Great Notion credo che non sia stato tradotto in italiano, ma è arrivato anche in Italia il suo adattamento cinematografico, Sfida senza paura (Sometimes a Great Notion, 1971), con Paul Newman e Henry Fonda.

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Ken Kesey

Il titolo del romanzo, a sua volta, viene da Goodnight, Irene, canzone popolare americana, registrata per la prima volta da Lead Belly. Il testo parla di un amore tormentato, della tristezza e delle fantasie suicide dell’autore: Sometimes I live in the country / Sometimes I live in town / Sometimes I have a great notion / To jump into the river and drown. (“Notion” in inglese può significare, come “nozione” in italiano, conoscenza, cognizione o credenza su qualcosa, ma anche impulso e desiderio).

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Lead Belly

Avevo parlato qui, a proposito di Helo in Battlestar Galactica, dell’archetipo del “red-shirt character”. Mi autocito: «uno di quei personaggi che muoiono subito dopo la loro prima apparizione, e vengono introdotti con lo scopo di aggiungere dramma e mostrare quanto una determinata situazione sia pericolosa, senza però uccidere altri personaggi che hanno ruoli più importanti (gli spettatori devono capire che i protagonisti stanno rischiando la vita). La definizione “red-shirt character” deriva dalla serie classica di Star Trek (1966–69), in cui “the red-shirted security personnel frequently die during episodes” (lo dice Wikipedia).»

Se non sapete questa cosa, non potete cogliere citazioni e riferimenti, come in un episodio di South Park (Ai confini della realtà / City on the Edge of Forever, S02 E07) in cui lo scuolabus finisce fuori strada e rimane bloccato sull’orlo di un precipizio. Un ragazzino mai visto prima, vestito con la divisa rossa di Star Trek, esce per cercare aiuto, e viene divorato da un mostro.

red shirt character

E poi non potreste capire battute e fumetti come questo, di Lunarbaboon:

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Tra l’altro, oggettivamente, anche Dylan Dog indossa una red shirt.

Love #2 – Play the game

La serie di post sulla serie tv Love continua: dopo aver spulciato il primo episodio qui e qui, Marco ed io ci siamo dedicati al secondo. Il post lo trovate QUI su M for Maverick, e si parla, tra le altre cose, di John Candy, di Sioux Falls, del suicidio di Peg Entwistle, e persino di verbi e sostantivi.

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Ne approfitto per annunciare che ho aggiunto una pagina per districarsi tra le tante rubriche qua su Wellentherie, così non perdiamo i fili dei tanti discorsi cominciati.

Love #1 – Do you love me now? (parte 1)

Questo post è stato scritto da Marco ed è il primo di una serie di articoli, scritti in parte da lui e in parte da me, che verranno pubblicati in parte qui e in parte su M for Maverick, che seguiranno la serie tv di Netflix Love e ne racconteranno curiosità varie e super appassionanti.
Buona lettura!


Ogni tanto mi vengono strane idee in testa. Penso “perché non commentare una serie tv episodio per episodio parlando delle curiosità, della musica, e di quanto strambo ci possa essere in 40 minuti?” e mi dico “per fare tutto ciò ho bisogno di un’esperta”; ci vuole qualcuno che potrebbe, e qui cito: “parlare per ore di Lost, Stephin Merrit (devo approfondire ‘sti Magnetic Fields) e Ferdinand de Saussure”, ma soprattutto qualcuno che ogni giorno si documenta su Wiki e Google per sfamare la sua sete di conoscenza. Ecco, lei è Wellentheorie.
La scelta è ricaduta su Love, una serie nuova per entrambi, così ci siamo visti il pilot e abbiamo dato il via al progetto.
Per ogni puntata cercheremo di analizzare quelli che a noi sono sembrati gli aspetti più curiosi o comunque più interessanti. Spoiler? Non così grossi da rovinare una prima visione.

music foo fighter t-shirt

Durante l’episodio vengono nominate tre band: Foo Fighters e Circle Jerks (nominate indirettamente da due t-shirt che indossano Gus ed Eric) e poi i Monkees quando il capo di Mickey le chiede un consiglio su una nuova band d’ascoltare mentre si allena.

music the monkees

I Monkees nascono a Los Angeles nel 1965, in pieno periodo di Beatlemania; invece che partire con il classico album d’esordio iniziarono con una serie di telefilm (volevano emulare i film dei Fab Four) e con essi promuovevano i loro pezzi musicali. Il primo, omonimo, album arrivò l’anno dopo. Il loro pezzo più famoso è I’m a believer, composto da Neil Diamond. Forse, lo conoscete grazie alla versione fatta dagli Smash Mouth per la colonna sonora di Shrek, oppure grazie alla versione italiana, Sono bugiarda di Caterina Caselli. Di recente è uscito Good Times, un nuovo album con pezzi scritti dai Monkees rimasti (il cantante Davy Jones è morto nel 2012) e da alcuni ospiti (Rivers Cuomo dei Weezer, Ben Gibbard dei Death Cab for Cutie, Noel Gallagher e Paul Weller, Carole King).
Segnalo il pezzo scritto da Noel e Weller che s’intitola Birth of an Accidental Hipster e Love to Love.
Strano che nel 2016 venga consigliata una band così rétro, ma dietro questa scelta ci possono essere i più svariati motivi.

music cirle jerks t-shirt

Ed ora passiamo al gruppo meno conosciuto dei tre, i Circle Jerks; siamo alla fine degli anni ’60, sempre nella Città degli Angeli, e Keith Morris, voce dei Black Flag dal ’76 al ’79, mette su la prima formazione assieme a Greg Hetson, Roger Rogerson e Lucky Lehrer. Il primo album, Group Sex, viene considerato il loro capolavoro (la traccia numero 11 Live Fast and Die Young è considerata il loro motto): è composto da 14 brani e dura 15 minuti (eh eh stiamo parlando di hardcore punk); Deny Everything è il pezzo più corto (0:28) e Back Against the Wall quello più lungo (1:35).
Flea, Offspring e Pennywise sono solo alcuni dei tanti artisti che hanno detto di essere stati influenzati dalla band di Keith Morris.

Immaginando che sapeste già tutto sul gruppo di Dave Grohl, mi sono messo a fare delle ricerche correlate con il nome della band e “love”. I primi risultati sono stati i diversi diverbi tra Courtney Love e il batterista dei Nirvana, ovviamente, ma non volevo annoiarvi e così ho continuato a cercare. E cos’ho scovato? Notizia fresca fresca: il buon Dave e Lionel Richie si scambiano ceste piene di muffin! Tutto nasce nel 2015, quando Grohl si ruppe la gamba in un concerto in Svezia, e Lionel invece che mandargli dei semplici fiori gli mandò una vagonata di dolci. Allora il cantante dei Foo, durante uno speciale dedicato ai Commodores, si è sdebitato in diretta. Per rimanere in tema musicale ho trovato due video dei Fighters che suonano I Love Rock’n’Roll con Joan Jett e Ain’t Talkin’ ‘bout Love dei Van Halen (alla voce il batterista Taylor Hawkins, che ha anche un suo gruppo, i Taylor Hawkins and the Coattails Riders ed ha suonato la batteria nel pezzo L’uomo più semplice di Vasco). Conoscete il pezzo dei Van Halen oppure fate parte di quelli che credevano fosse un pezzo degli Apollo 440?

Tra i brani presenti nella colonna sonora, ne abbiamo scelti due che secondo noi rappresentavano bene l’intero episodio: Do You Love Me Now? delle BreedersWe Were Meant to Be Together (Eravamo fatti per stare insieme) di Tom Brosseau. Se il primo esprime i dubbi che passano per la testa di Gus e Mickey, il secondo rappresenta quella vena di malinconia e romanticismo tenero che compare verso la fine.

Rubrica attori già visti altrove   🎬

Charlyne Yi, la dottoressa Chi Park di Doctor House.
Tracie Thoms, Kate Miller di Cold Case.
Mädchen Amick, vista in Twin Peaks (e ci sarà anche in quello nuovo), Dawson’s Creek, Gilmore Girls, ER, Gossip Girl, Californication, Damages, CSI: NY.
John Ross Bowie, Barry Kripke di The Big Bang Theory.
Dave Allen, Jeff Rosso di Freaks and Geeks.
Steve Bannos, Frank Kowchevski di Freaks and Geeks.

Bonus: Iris Apatow, la bambina attrice a cui Gus fa da insegnante, è la figlia di Judd Apatow, il creatore di Love e autore di alcuni episodi di Freaks and Geeks.


 

La seconda parte di questo post è qui.