La vera vita di Sebastian Knight

Vladimir Nabokov Vera Nabokov specchio macchina da scrivere

Ho aspettato tanto a leggere questo romanzo di Nabokov, perché il titolo non mi ispirava affatto. Forse non avevo nessun interesse a leggere la vita di Sebastian Knight. Ma il libro delude in pieno le aspettative suscitate dal titolo, e di Sebastian Knight si parla tanto ma si dice davvero poco: la vera storia al centro dell’opera è quella del fratellastro di Sebastian che, dopo la morte di quest’ultimo, si dedica alle ricerche per scriverne una biografia. Ricerche appassionate e disperate quanto inconcludenti: il narratore segue per lo più delle piste false, ingannevoli o futili, che non lo portano da nessuna parte. È una storia di deviazioni, sbagli e fraintendimenti, mistificazioni. Lungo questo viaggio scopriamo, in piccola parte, la vita di Sebastian, geniale scrittore morto in giovane età, e, in dose ben maggiore, i pensieri, le impressioni, i sentimenti, e le peripezie del narratore. Un narratore di cui, peraltro, non sappiamo niente: mentre il nome del fratello appare fin dalla copertina, quello del narratore non viene mai esplicitato (soltanto una volta viene chiamato “V.”).

la vita di seb

In definitiva, lo scrittore (Nabokov) scrive un romanzo che sarebbe, nella finzione letteraria, la biografia che un autore (il fratellastro, V.) ha scritto su un noto scrittore (Sebastian Knight). La biografia, tra l’altro, contiene ampie citazioni da un romanzo di Sebastian, Oggetti smarriti, che è la «sua opera più autobiografica». Inoltre V. scrive per confutare un’altra biografia di Sebastian, La tragedia di Sebastian Knight di Mr. Goodman, a suo parere inesatta e disonesta. Mi ha fatto pensare a un infinito gioco di specchi, o alle matrioske. Il libro stesso, ripensandoci dopo averlo concluso, ricorda parecchio l’ultimo romanzo di Sebastian, L’asfodelo incerto («Il tema del libro è semplice: un uomo sta morendo»). Inoltre ho letto qui che questo libro viene spesso definito una “detective story”, ma “scritta alla maniera di Nabokov, e cioè ironicamente capovolta”, cosa che ricorda da vicino La sfaccettatura prismatica, il primo romanzo di Sebastian, descritto come «un’amena parodia dello scenario di un racconto poliziesco» («a rollicking parody of the setting of a detective tale»). Il narratore, infatti, riassume e commenta i libri di Sebastian, dei quali troviamo, all’interno della narrazione, numerose citazioni.

Ho fatto uno schemino per semplificarvi la vita:

schemino

Ma cos’è un asfodelo?

Asfodèlo o asfòdelo, anticamente chiamato asfodillo, dal greco ἀσϕόδελος, è una pianta del genere Asphodelus, della famiglia delle liliacee, che vive nei prati incolti e soleggiati.
Probabilmente a causa del colore pallido dei fiori, l’asfodelo fu associato dagli antichi greci alla morte e all’oltretomba: “secondo Omero (cfr. Odissea XI, 539, 573), le ombre dei morti si aggirano su prati di asfodelo” (Treccani). E il tema della morte è centrale ne L’asfodelo incerto, come del resto la morte di Sebastian incombe per tutto questo libro di Nabokov.

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Asfodeli

Il personaggio di Sebastian presenta diverse caratteristiche in comune con il suo autore Nabokov, come ad esempio l’abitudine di dettare ad alta voce alla propria amata che batte a macchina (Nabokov lo faceva con la moglie Vera), l’ossessione per le parole, il russo come lingua madre e l’ostinazione a scrivere nella lingua del paese di adozione, l’inglese. Entrambi sono nati nel 1899 in Russia e, dopo essere emigrati nel periodo della rivoluzione, hanno studiato a Cambridge.
D’altra parte, credo che anche il narratore abbia parecchio in comune con lui, a partire dall’iniziale: V. come Vladimir. Entrambi, Nabokov e V., vivono a Parigi (Nabokov non si era ancora trasferito negli Stati Uniti all’epoca). Come dicevo, un gioco di specchi. E anche Nabokov aveva un fratello che iniziava per S.: Sergei (di cui ho parlato qui. Sergei, come Sebastian, è morto giovane, ma dopo che il libro fu scritto). Come V. e Sebastian, anche Vladimir e Sergei si erano forse allontanati e persi di vista. Proprio il tema dello specchio e del doppio, che ricorre in Nabokov, potrebbe derivare dal rapporto di affinità e contrapposizione col fratello. Ho anche letto (qui) che Sebastian, come Sergei, potrebbe essere gay, ma onestamente non mi sembra.

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L’effetto tipo tunnel senza fine creato da due specchi paralleli ha un nome e si chiama “Infinity mirror”.

Nel brano che ho proposto qui, si dice che Sebastian «faceva quello che io penso nessun altro scrittore abbia mai fatto – ricopiava con la sua calligrafia obliqua […] il foglio già battuto, e poi lo dettava da capo». Non ho trovato informazioni in proposito, ma sono pronta a scommettere che Nabokov facesse lo stesso (anche perché gli piace l’ironia e prendere per il culo il lettore). Infine Nabokov, come sempre nelle sue opere, dissemina dettagli di se stesso e delle proprie passioni per tutto il libro: gli scacchi e le farfalle compaiono di sfuggita, e chissà quante altre cose che non ho individuato. Tra l’altro, il cognome di Sebastian è, in inglese, il cavallo degli scacchi (knight), mentre il cognome di Clare (bishop) è l’alfiere.

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Nel caso vi stiate chiedendo come si chiamano i pezzi degli scacchi in inglese.

Nel libro, i fatti sono presentati dal punto di vista del narratore e delle sue ricerche ma grossomodo nell’ordine cronologico della vita di Sebastian. L’ultimo capitolo, che tratta della sua morte, è dunque la conclusione lineare della sua storia ma rappresenta una sorta di flashback per il narratore, che ha vissuto quel momento prima di intraprendere le ricerche raccontate nel resto del libro. Quest’ultimo capitolo è, per me, un capolavoro, quasi un trucco di magia: dà un affanno sconfinato, è emozionante, e – niente spoiler, ma sappiate che Nabokov vi trolla fino all’ultimo.

 

Vladimir Nabokov Vera Nabokov specchio macchina da scrivere
Vladimir Nabokov (nello specchio!) detta e Vera Nabokov scrive a macchina.

A differenza di altre sue opere, come Invito a una decapitazione di cui avevo parlato qui, si legge con facilità, ma ci vuole un po’ più di attenzione per cogliere gli “strati” meno espliciti. Questo è un libro che ha un meccanismo possente, complesso e bellissimo, e, come qualsiasi cosa di Nabokov, è scritto meravigliosamente.

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Quanto ci piacciono i giochi di specchi.

Un ultimo fun fact: ho letto qui che i Marlene Kuntz hanno scritto una canzone ispirata a un passaggio di questo libro.

#103 frutti (seconda parte: le bacche)

Quiz: il pomodoro

Che il pomodoro sia in realtà un frutto è abbastanza risaputo, e ci sono parecchi fumetti al riguardo. E vi dirò di più: il pomodoro è tecnicamente una bacca (berry in inglese).

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Eccolo lì, in basso a sinistra.

 

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LA QUESTIONE BACCHE

Quali sono, secondo voi, le bacche? In inglese è (all’apparenza!!) più facile, perché la parola berry (= bacca, appunto) è inclusa direttamente nel nome del frutto: raspberry (lampone), blackberry (mora), boysenberry (un ibrido tra il lampone e la mora), strawberry (fragola), mulberry (mora nera e mora bianca del gelso), blueberry (mirtillo), lingonberry o cowberry (mirtillo rosso), gooseberry (uva spina), cranberry (la bacca protagonista dei pranzi di Thanksgiving e che ha dato il nome ai Cranberries, in italiano “ossicocco, ossia mortella di palude” secondo Wikipedia).

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“Bacche”.

I frutti aggregati

In alcuni tipi di piante, ogni fiore ha più ovari, e ogni ovario forma un frutto, e i frutti si uniscono (si aggregano) per formare un unico frutto più grande, ovvero un frutto aggregato. Essendo un raggruppamento di numerosi frutti, un frutto aggregato non è, tecnicamente, un frutto, e per questo si definisce un falso frutto. Le singole parti di un frutto aggregato, però, sono frutti a tutti gli effetti, e possono appartenere a differenti tipologie.
Ad esempio, il lampone è un aggregato di drupe: un intero lampone è un frutto aggregato, cioè un falso frutto, ma ognuna delle “palline” che compongono un lampone è una drupa, cioè un frutto.
E comunque, in senso botanico, il lampone (raspberry) non ha niente a che fare con le bacche.

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Sezione di un fiore di lampone: ogni ovario si svilupperà in un singolo frutto, e l’insieme di questi frutti formerà un lampone.

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Stesso discorso per le more: una mora è un aggregato di drupe.
E le fragole?

I veri e propri frutti delle fragole sono i “semini” visibili sulla superficie della fragola. Sono acheni: un achenio è un frutto secco, semplice, che contiene un unico seme. (*Contiene* un seme, non *è* un seme: un achenio ha una buccia e una polpa e un endocarpo che *avvolgono* il seme). Ogni achenio, come ogni vero frutto che si rispetti, si sviluppa da un ovario, mentre la parte carnosa e commestibile della fragola è l’esito di un’altra parte del fiore, il ricettacolo. La fragola è dunque un aggregato di acheni (frutti secchi) con tessuto accessorio (si definisce accessorio ciò che è prodotto da parti del fiore diverse dall’ovario).
E anche la fragola (strawberry) non ha niente a che fare con le bacche.

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Il ricettacolo, che darà origine alla polpa carnosa della fragola, è circondato da carpelli sui quali si formeranno gli ovuli e successivamente gli acheni.

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I frutti multipli

Le more dei gelsi (mulberry), che fin dal nome assomigliano moltissimo alle more, a differenza di queste ultime non sono frutti aggregati, bensì frutti multipli: un frutto aggregato si genera dai numerosi ovari di un unico fiore, un frutto multiplo si forma da un’infiorescenza, cioè un raggruppamento di fiori: ciascun fiore produce un frutto e questi frutti maturano formando un’unica massa.

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Infiorescenze di gelso.
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More di gelso.

Le more dei gelsi sono composte da singole drupe e da tessuto accessorio. Altri esempi di frutti multipli con tessuto accessorio sono l’ananas (composto da bacche) e il fico (i veri frutti del fico sono i tanti piccoli acheni all’interno di quello che comunemente di considera il frutto del fico).

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Infiorescenza dell’ananas.

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Sono, invece, davvero bacche i cranberry, ciascun acino di uva, uva spina, ribes rosso e nero, i kiwi, e altri sorprendenti frutti di cui si parlerà più avanti.
Alcuni frutti “sono talmente simili alle bacche che alcuni autori li considerano varianti” (Wikipedia), ad esempio: l’esperidio (gli agrumi), il peponide (definito anche “falsa bacca”, come il melone, il cocomero o anguria, e altri). Mirtilli e banane sono considerati, a seconda delle fonti, vere bacche o false bacche, non so bene perché..

Bacche sorprendenti
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Solanacee.

La famiglia delle Solanacee comprende molte piante importanti per l’alimentazione umana: il genere Solanum (pomodori, melanzane, patate), Capsicum (peperoni e peperoncini), Physalis (alchechengi), Lycium (bacche di Goji). Le Solanacee producono frutti che sono bacche: i pomodori, le melanzane, i peperoni e i peperoncini, gli alchechengi, sono tutte bacche. Ovviamente le bacche di Goji sono bacche.

Ma allora la patata è un frutto?

No, le patate sono tuberi, come i topinambur. “Un tubero è una porzione di fusto modificata che assume un aspetto globoso più o meno allungato e la funzione di organo in cui vengono accumulate sostanze di riserva” (Wikipedia).
La pianta della patata, però, produce frutti: sono bacche che assomigliano un po’ ai pomodori ma non sono commestibili perché contengono grandi quantità di solanina che è un alcaloide tossico.

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Fiori e frutti di patata.
La zucca è un frutto?
E le zucchine?
E che dire dei cetrioli?

La famiglia delle Cucurbitacee comprende il cocomero e il melone (che, lo sappiamo, sono frutti) e la zucca, le zucchine e i cetrioli (che, sì, sono frutti).
Le Cucurbitacee sono piante erbacee, che non hanno fusto legnoso bensì strisciante o rampicante, e producono frutti che sono pepònidi: modificazioni della bacca, hanno la polpa carnosa, e contengono numerosi semi.

Ma le zucchine non hanno i semi!

Le zucchine vengono raccolte quando sono ancora immature: se lasciate sulla pianta, diventano molto più grandi e sviluppano al loro interno semi legnosi simili a quelli di meloni e zucche.

#101 frutti (prima parte)

Un cuoco e un botanico avrebbero probabilmente grosse difficoltà a comunicare tra loro: il lessico culinario e quello scientifico-botanico parlano spesso delle stesse cose con parole diverse, e usano le stesse parole con significati diversi.

Frutta e verdura

In cucina, le verdure, o ortaggi, si usano tipicamente per le portate principali, dal gusto salato, spesso dopo la cottura. La frutta, al contrario, è zuccherina, si può consumare senza cottura, e si può usare per preparazioni dolci.
In botanica, invece, la definizione di “frutto” è ben diversa, mentre il termine “verdura” non esiste: quelle che chiamiamo “verdure” possono essere varie parti della pianta: foglie (lattuga, radicchio, rucola, valeriana, spinaci, cavolo cappuccio, verza), fusti o parti del fusto (sedano, asparago, finocchio), radici (carote, ravanelli, barbabietola, rapa, patata americana), tuberi (patata, topinambur), bulbi (aglio, cipolla), infiorescenze immature (cavolfiore, broccolo, broccolo o cavolo romanesco, carciofo). E soprattutto, molte “verdure” sono, in realtà, frutti.

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E i funghi?

Porcini, finferli, prataioli, champignon,… I funghi non sono né frutti né “verdure”, perché non sono vegetali: fanno parte di un regno tutto loro, quello dei funghi, appunto, a cui appartengono anche il lievito di birra e (udite udite!!) il tartufo, che è un fungo ipogeo (ovvero che si sviluppa sotto il terreno).

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Per semplificare l’ampia e complessa questione frutti, in questo e nei successivi post (e temo che saranno parecchi perché la cosa mi appassiona) ci si limiterà ai frutti (o alle parti di frutti) che sono commestibili e si usano abitualmente per l’alimentazione umana. Infatti, mentre in cucina la frutta è tutta cibo, in botanica non esiste una regola predefinita: frutti, semi, foglie, e qualsiasi altra parte della pianta, possono variare dall’edibile al tossico, dal gustoso al vomitevole, indipendentemente dalla classificazione scientifica.

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(Fonte)

Si noti che in cucina si parla di frutta, mentre in botanica di frutto e frutti. “Frutto” viene dal latino classico frūctus, da cui deriva fructum, in latino medievale, e il suo plurale fructa, che diventa in italiano il nome collettivo femminile “frutta”. Frūctus viene a sua volta dal verbo latino frui, “godere”. Frui è anche all’origine di “fruire” e “frumento”. E, indovinate un po’, i chicchi di frumento sono frutti.

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Gli stranieri hanno spesso difficoltà con le doppie e con queste stranezze dell’italiano (i frutti, la frutta), come dimostra questo menù che ho fotografato in vacanza.

Il frutto

Tutto comincia dal fiore. (Del sesso dei fiori avevo già parlato qui). Gli organi maschili dei fiori producono polline, che quando raggiunge gli ovuli all’interno dell’ovario (organi femminili) li feconda. Dopo la fecondazione, l’ovario si trasforma e si gonfia: diventa frutto, e al suo interno ci sono i semi. Il frutto ha soprattutto il ruolo di proteggere e nutrire i semi durante il loro sviluppo.
Per inciso, soltanto le piante Angiosperme producono fiori e frutti.

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Primo indizio per distinguere i frutti in senso botanico dalle generiche verdure: i frutti contengono semi.
In realtà non sempre: tipo, le banane diffuse oggi a scopo alimentare in genere non contengono semi vitali. (Discorso interessantissimo, quello della riproduzione delle banane: ne parlerò prossimamente).

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Il frutto è formato da:
esocarpo o epicarpo: la buccia, lo strato protettivo esterno del frutto
mesocarpo: la polpa, la parte intermedia del frutto
endocarpo (chiamato nòcciolo se è legnoso): la porzione interna che racchiude il seme.
L’insieme dei tre strati costituisce il pericarpo, che avvolge il seme. Nell’estrema varietà di tipologie di frutti, i tre strati non sono sempre ben distinti tra loro e possono presentare composizioni e consistenze molto diverse.

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Ad esempio: pesca, albicocca, ciliegia, prugna, mango, avocado, oliva (sì, le olive sono frutti!!) sono drupe. La drupa è un tipo di frutto carnoso in cui l’esocarpo (la buccia) è sottile, il mesocarpo (la polpa) è succoso, l’endocarpo (il nòcciolo) è legnoso e contiene un unico seme.
Nella bacca, invece, che è un altro tipo di frutto carnoso, l’endocarpo è spesso fuso con il mesocarpo, e i semi sono numerosi.
Nell’esperìdio (un altro frutto carnoso che a volte è considerato una sottocategoria della bacca), che poi sono gli agrumi, l’esocarpo è sottile (è la parte colorata della scorza), il mesocarpo (la “polpa”) è la parte bianca e spugnosa della buccia, e l’endocarpo è diviso in spicchi contenenti succo e semi.
Drupa, bacca ed esperidio sono tre tipi di frutti semplici, cioè originati dall’ovario di un unico fiore.

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Il falso frutto

Il vero frutto è originato esclusivamente dall’ovario del fiore. Se invece alla formazione della massa del frutto contribuiscono altre parti del fiore, si parla di falso frutto, pseudofrutto, pseudocarpo, o frutto accessorio.

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Un insospettabile falso frutto è il frutto per eccellenza, protagonista di racconti mitologici, episodi biblici, proverbi e loghi celebri: la mela.

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Dal fiore alla mela.
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Dal fiore alla mela.

Mela (apple), pera (pear), mela cotogna (quince) e nespola (medlar) sono esempi di pomo, un tipo di falso frutto in cui la polpa carnosa che mangiamo deriva dall’accrescimento del ricettacolo del fiore. Il vero frutto, risultato dell’ovario, è quello che comunemente chiamiamo torsolo: presenta i tre strati del pericarpo e avvolge i semi.

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Sezione di una mela.