citazioni accidentali: La vera vita di Sebastian Knight

Oggi, come un anno fa (qui e qui), vi propongo una citazione e un post più dettagliato (prossimamente!) su Vladimir Nabokov (che, se non l’aveste capito, è uno dei miei scrittori preferiti) e su questo suo meraviglioso romanzo.

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La vera vita di Sebastian Knight (The Real Life of Sebastian Knight) è il primo romanzo che Vladimir Nabokov, russo, scrisse in inglese. Pubblicato nel 1941, fu scritto tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939, quando l’autore abitava a Parigi, pare, in un appartamento così piccolo da costringerlo a usare il bagno come studio (scriveva usando come scrivania una valigia appoggiata sul bidet (fonte) e la cosa che mi stupisce di più è la presenza di un bidet a Parigi).

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Nabokov. La simpatia di quest’uomo è praticamente palpabile.

Un paio di curiosità sul bidet: anche se Wikipedia sembra insinuare un’origine italiana, altre fonti lo dichiarano un’invenzione francese del primo Settecento. Tuttavia, il bidet si trova attualmente nel 40% circa delle abitazioni francesi. La percentuale è crollata negli ultimi decenni per questioni economiche e di spazio. In Italia, invece, l’installazione del bidet è stata addirittura resa obbligatoria dal Decreto ministeriale del 5 luglio 1975, articolo 7, comma 3: «Per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo.» Sarebbe carino se anche l’utilizzo quotidiano del bidet fosse reso obbligatorio per legge, ma non si può avere tutto dalla vita.
I tedeschi e gli inglesi sono, dice Wikipedia, tra gli europei che lo usano meno: rispettivamente il 6% e il 3%. A questo punto vi chiederei, cari lettori, se per caso avete esperienze di sesso orale con esemplari di questi popoli che volete raccontarci. Ci piacciono le storie horror.

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Volevo mettere la foto di un bidet ma alla fine ho optato per il nostro Nabokov.

Ma basta con le digressioni e passiamo senza ulteriori indugi alla citazione!

Clare aveva imparato a scrivere a macchina, e le sere estive del 1924 erano state per lei altrettante pagine infilate nel rullo e poi estratte vibranti di parole nere e viola. Mi piacerebbe immaginarla china sui tasti lucenti con l’accompagnamento di una pioggia tiepida che fruscia tra gli olmi scuri di là dalla finestra aperta, mentre la voce lenta e seria di Sebastian (lui non si limitava a dettare, diceva Miss Pratt, – officiava) va e viene attraverso la stanza. Sebastian passava la maggior parte della giornata a scrivere, ma la sua gestazione era così laboriosa che raramente la sera c’erano da battere più di due paginette nuove e anche queste dovevano essere rifatte più volte, perché l’autore si abbandonava a un’orgia di correzioni; e ogni tanto faceva quello che io penso nessun altro scrittore abbia mai fatto – ricopiava con la sua calligrafia obliqua, così poco inglese, il foglio già battuto, e poi lo dettava da capo.
La sua lotta con le parole era quanto mai tormentosa, e per due motivi. Uno l’aveva in comune con scrittori del suo genere: il bisogno di colmare l’abisso tra espressione e pensiero; la sensazione esasperante che le parole giuste, le parole uniche, aspettano sulla riva opposta, nella lontananza caliginosa, mentre i brividi del pensiero ancora ignudo le invocano da questa parte dell’abisso. Non gli servivano le frasi già confezionate perché le cose che lui voleva dire avevano una taglia eccezionale, e inoltre sapeva che nessuna vera idea può esistere veramente senza le parole tagliate su misura. Cosicché (per usare una similitudine più calzante) il pensiero, solo in apparenza nudo, implorava in realtà che gli abiti di cui era già rivestito divenissero visibili, mentre le parole appostate lontano non erano gusci vuoti, come sembravano, ma aspettavano soltanto che il pensiero in esse già celato le accendesse e le mettesse in moto. A volte lui si sentiva come un bambino cui avessero dato una farragine di fili ordinandogli di compiere il miracolo della luce. E lui infatti lo compiva; e talvolta non si rendeva neanche conto del modo in cui ci riusciva, talaltra invece tormentava i fili per ore in quella che sembrava la maniera più razionale – senza concludere nulla. E Clare, che in vita sua non aveva composto neanche una riga di prosa immaginativa o di poesia, capiva così bene (e questo era il suo miracolo personale) ogni particolare della lotta di Sebastian che per lei le parole battute a macchina non erano tanto i veicoli del loro senso naturale quanto le curve e i vuoti e gli zigzag che mostravano l’arrancare di Sebastian lungo una certa linea ideale di espressione.

Tra l’altro, «il bisogno di colmare l’abisso tra espressione e pensiero» ricorda da vicino un argomento affrontato di recente qui su Wellentherie: l’ipotesi Sapir-Whorf.

Stay tuned per il prossimo entusiasmante post.

4 pensieri riguardo “citazioni accidentali: La vera vita di Sebastian Knight

  1. i francesi forse non avrenno inventato il bidet ma certamente sono i principali (se non unici) utilizzatori, per le ragioni di spazio da te stessa citate, del bidet a rotelle. che è uguale al bidet, solo che ha le rotelle e si mette (solitamente) sotto il lavandino. giuro. quando lo vidi la prima volta non ci volevo credere ma dovetti accettare l’evidenza dei fatti.

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