L’esistenza del passato e la creazione del giovedì

Stavo facendo ricerca sui viaggi nel tempo, e specialmente sui viaggi nel passato, quando mi sono imbattuta in questo super dubbio:

Il passato… è davvero esistito?

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Costruzioni di un’antica civiltà, oppure…? (foto di Les Anderson da Unsplash)

Il passato non è qualcosa che esiste come esistono gli oggetti o le persone: il passato esiste nei nostri ricordi e nelle tracce che ha lasciato, come antiche costruzioni, resti fossili, vecchi libri e fotografie, eccetera. Ma se tutto questo avesse cominciato a esistere, per dire, giovedì scorso? Letteralmente tutto, comprese le nostre memorie: potrebbe essere comparso giovedì scorso.
È la teoria del Last Thursdayism (qualcosa come “ultimo giovedismo” in italiano). E non è confutabile: non puoi davvero dimostrare che sia falsa. Hai un libro pubblicato nel 1972? Hai una tua foto di dieci anni fa? Uno yogurt in frigo scaduto da due settimane? Tutto quanto, così com’è, potrebbe essere stato generato giovedì scorso.
E per quanto riguarda la memoria: un ricordo del passato, in effetti, è qualcosa che accade ora, nel presente, non nel passato a cui si riferisce, e l’esistenza di un ricordo non implica necessariamente che l’evento ricordato sia accaduto (lo dice Bertrand Russell in L’analisi della mente, Lezione IX – La memoria).

Bertrand Russell
Bertrand Russell in un ritratto di Arturo Espinosa (CC BY 2.0)

Il Last Thursdayism è anche una presa per il culo delle convinzioni di certi creazionisti, secondo i quali dio ha creato la terra del tutto funzionante e con elementi complessi che possono apparire vecchi, ovvero frutto di un lungo processo di formazione o evoluzione, come le montagne e gli esseri umani.
Si tratta della omphalos hypothesis, la “teoria dell’ombelico” (omphalos in greco, navel o belly button in inglese): prende il nome dal libro Omphalos, del 1857, del naturalista inglese Philip Henry Gosse, che sostiene, tra le altre cose, che dio ha creato Adamo con l’ombelico perché l’ombelico è una parte essenziale della natura dell’uomo. Tra i creazionisti c’è chi, invece, ritiene che Adamo ed Eva non avessero l’ombelico, perché sono stati creati da adulti e non sono nati da una normale gravidanza. Philip Henry Gosse sostiene anche che i fossili non sono resti di antiche forme di vita, ma sono stati creati da dio insieme a tutto il resto, per dire.
A proposito di ombelico: tutti i mammiferi placentati hanno l’ombelico, anche se in molti animali è difficile da vedere perché coperto dal pelo. La forma dell’ombelico varia da persona a persona ed è determinata dal processo di cicatrizzazione dei tessuti dopo la recisione del cordone ombelicale, dunque non costituisce un carattere genetico (lo dice Wikipedia: non sono convintissima perché ho una grossa percentuale di parentado con l’ombelico identico al mio. Forse ci sono elementi di contesto, determinati geneticamente, che influiscono in parte sulla forma che prende la cicatrice?).

ombelico gattino
L’ombelico di un gattino, ancora non del tutto cicatrizzato (foto presa da qui).

Ma torniamo alla omphalos hypothesis: se dio ha creato cose che, anche appena create, sembravano antiche, di conseguenza non c’è niente che possiamo considerare una prova attendibile dell’età della terra. Dunque non hanno alcun valore le numerose e diverse prove scientifiche che stimano un’età di 4,5 miliardi di anni, e la terra potrebbe avere solo poche migliaia di anni, coerentemente con i testi biblici. Ma allora, chi ci dice che la creazione non risalga a giovedì scorso, o a cinque minuti fa?
Bertrand Russell ne parla nel libro e capitolo sopra citato:

There is no logical impossibility in the hypothesis that the world sprang into being five minutes ago

Curiosità: ho scoperto il Last Thursdayism grazie a un vecchio video di Vsauce pubblicato il 6 febbraio 2015 (o generato giovedì scorso, insieme a tutto il resto, ma con una data antecedente? Chissà!), video in cui tra l’altro accenna alla macchina di Anticitera, di cui avevo parlato qui, conservata al Museo archeologico nazionale di Atene. Poi ho cercato il Last Thursdayism su Google Trends: c’è un enorme picco nelle ricerche, proprio nel febbraio 2015. Vsauce smuove orde di googlatori!

Vsauce e la macchina di Anticitera
Vsauce e la macchina di Anticitera. Screenshot da YouTube.

Ma torniamo al Last Thursdayism.
Tuttavia, se abbiamo tonnellate di tracce di eventi passati, antiche civiltà, ere geologiche, e quant’altro: non sarà più probabile che, in effetti, il passato sia davvero esistito? L’ipotesi che la terra abbia circa 4,5 miliardi di anni e che in questo arco di tempo siano accadute un fracco di cose è più semplice e più lineare da spiegare rispetto all’ipotesi della creazione di giovedì scorso, e dunque la prima è da preferire alla seconda, sulla base del rasoio di Occam. C’è poi la “fiammeggiante spada laser di Newton” (Newton’s flaming laser sword), che è un altro “rasoio” filosofico, nel senso di principio metodologico o regola generale, di buon senso, che aiuta a escludere spiegazioni improbabili. Per chi avesse pensato subito a Star Wars, precisiamo che la mitica arma di Jedi e Sith è generalmente chiamata lightsaber (tipo “sciabola di luce”) ma a volte anche laser sword. Comunque, il principio della fiammeggiante spada laser di Newton può essere riassunto così: se non può essere sottoposto a esperimento, non vale la pena di discuterne. Sir Isaac Newton non lo ha mai detto, così come probabilmente non ha mai impugnato una spada laser: è opera del matematico australiano Mike Alder, che ha chiamato il suo principio in onore di Newton perché si basa sul pensiero newtoniano. Per le questioni che non possono essere (volevo usare il verbo “dirimere” ma… manca del participio passato!), diciamo, risolte con un esperimento, è inutile dibattere se siano vere o false, cercare di dimostrarle o di confutarle, semplicemente non è il caso di parlarne. Questa spada è insomma un’arma più potente del vecchio rasoio di Occam, perché permette di “tagliar via” più cose – tra cui la creazione di giovedì scorso: non possiamo dimostrarla con un vero esperimento scientifico, e allora non c’è niente da dire.

sith isaac Newton Star Wars che la massa per accelerazione sia con te
L’augurio di Newton (da Nonciclopedia, CC-BY-SA 3.0)

Immagine in evidenza: foto di Anete Lūsiņa da Unsplash, modificata da Wellentheorie.


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UFO, ufologi, e extraterrestri

Unacknowledged, da poco disponibile su Netflix Italia, è un documentario sugli UFO e sui contatti con gli extraterrestri che il governo americano ci ha sempre tenuto nascosti.

Il trailer:

Il Fox Mulder della situazione è Steven M. Greer, un traumatologo che ha abbandonato la professione medica per dedicarsi all’ufologia a tempo pieno. La sua passione è nata nell’infanzia, a circa 8 anni, quando vide – sua sorella rapita dagli alieni? No, – un disco volante nel cielo, in pieno giorno. Tutti gli dissero che se lo era immaginato, ma lui rimase dell’idea che fosse un velivolo extraterrestre. Da allora ha approfondito parecchio la questione alieni, tanto che ne sa più lui del direttore della CIA (James Woolsey, all’epoca in cui era direttore della CIA, avrebbe chiesto a Steven Greer un incontro nel quale gli avrebbe fatto un sacco di domande sugli alieni. James Woolsey ha sempre negato l’incontro).

Dr Steven Greer
Steven Greer (foto nel pubblico dominio di Emadmoussa, via Wikimedia Commons) – le foto carine e ad alta risoluzione erano tutte protette da copyright

Unacknowledged sostiene almeno una decina tesi, non del tutto compatibili tra loro, che vi riassumo:
1. Oggetti volanti di effettiva origine extraterrestre, pilotati da creature aliene, sono stati spesso avvistati; più volte sono precipitati e i resti dei velivoli e dei passeggeri sono stati visti e recuperati (ci sono persone che lo hanno testimoniato) e poi ovviamente nascosti.
2. Molti degli avvistamenti di UFO sono avvenuti nei pressi di basi militari che possedevano o sperimentavano armi atomiche perché, evidentemente, gli alieni sono incuriositi o preoccupati di questa letale arma inventata dal genere umano.
3. C’è una base aliena sulla luna.
4. L’intera questione degli alieni viene gestita da misteriosissimi reparti della CIA e di altre agenzie che agiscono all’oscuro del governo americano (il presidente degli Stati Uniti e i membri del congresso non ne sanno niente) e forse spesso addirittura dei vertici delle loro stesse agenzie, e ricevono cospicui quanto oscuri fondi governativi che non vengono rendicontati.
5. L’intera questione degli alieni viene tenuta accuratamente nascosta al grande pubblico perché, altrimenti, la gente andrebbe nel panico.
6. Per tenere tutto quanto super segreto, i soliti reparti segretissimi hanno infiltrati in tutti i settori dell’informazione, per deformare a proprio piacimento le notizie che vengono trasmesse al pubblico, e in ambito scientifico-accademico, in cui corrompono autorevoli scienziati affinché si dichiarino scettici nei confronti delle visite degli alieni sul nostro pianeta.
7. Reparti molto oscuri, e altrettanto cospicuamente finanziati, di varie agenzie governative e militari hanno, negli ultimi decenni, sviluppato tecnologie super avanzate, derivate dallo studio e dall’imitazione della tecnologia aliena rinvenuta nei vari schianti di UFO ma anche dalle invenzioni di Nikola Tesla (?) che includono velivoli del tutto simili a quelli alieni e sistemi per produrre energia illimitata e sostanzialmente priva di costi dallo spazio vuoto (?).
8. Queste ultime tecnologie super avanzate vengono tenute super segrete perché, se diffuse, il mondo diventerebbe all’improvviso uniformemente benestante e pacifico; a differenza dell’attuale sistema economico che fomenta ignoranza, guerre e profondi divari tra masse in miseria e ristretti gruppi immensamente ricchi.
9. Queste ultime tecnologie, specialmente quelle che riproducono fedelmente i velivoli alieni, verranno prossimamente impiegate dal governo americano (o forse da tutti i governi mondiali) per simulare un’invasione aliena e, di fronte alla minaccia extraterrestre, unire in una agguerrita fratellanza tutti i popoli della Terra.
10. I rapimenti delle mucche sono in realtà effettuati da enti governativi con l’intenzione di instillare il sospetto che extraterrestri malvagi e senza scrupoli vogliano attaccarci.

ufo cow alien abduction
Immagine di pubblico dominio da Pixabay

Riguardo a quest’ultimo fatto: ci sono innumerevoli testimonianze da tutto il mondo, la prima delle quali risale addirittura al Seicento, di animali (pecore, cavalli, capre, maiali, conigli, gatti, cani, ecc.) trovati morti e vittime di particolarissime mutilazioni (ad esempio di orecchie, bulbi oculari, lingua, genitali, linfonodi, ecc.). Le incisioni appaiono in genere molto precise e prive di sangue. Le spiegazioni proposte negli anni variano da cause naturali e predatori, a sociopatici e membri di sette. Ma la nostra ipotesi preferita, ovviamente, è che il bestiame sia stato rapito dagli alieni per condurre ricerche ed esperimenti. Un’altra ipotesi diffusa è che i responsabili siano enti governativi o militari che, segretamente, studiano le nuove malattie degli animali e la possibilità che si trasmettano agli umani, oppure cercano di sviluppare armi biologiche, oppure, come sostiene il nostro Steven Greer, mettono in scena questi finti rapimenti alieni per dare agli extraterrestri una cattiva reputazione.

Atacama Humanoid skeleton
Lo scheletro di Atacama in uno screenshot da YouTube

In Unacknowledged sono mostrati più volte spezzoni di filmati di quello che sembra un piccolo cadavere alieno, anche se non viene mai spiegato di cosa si tratti. Se ne era parlato più approfonditamente in un altro documentario, Sirius, coprodotto da Steven Greer nel 2013.

È lo scheletro di Atacama, affettuosamente chiamato Ata, che fu ritrovato nel 2003 nel deserto di Atacama e ha tutta l’aria di essere un piccolo alieno, alto soli 15 centimetri. I resti sono stati analizzati: sembrano risalire a pochi decenni prima e, soprattutto, sono umani. Dal DNA mitocondriale, la madre doveva essere originaria del Sud America occidentale. Si tratta con ogni probabilità di un feto umano, nato prematuramente, e morto prima o subito dopo il parto, con malformazioni e disordini genetici che gli hanno provocato una deformazione del cranio e due costole in meno (ne ha dieci, e non dodici come tutti gli esseri umani normali).

atacama desert
Immagine di pubblico dominio da Pixabay

Se si tratta di resti umani, perché un ufologo ne parla con tanto entusiasmo? Be’, Wikipedia lo liquida come decisamente umano, ma Ata presenta in realtà qualche dubbio:
1. Le malformazioni che presenta, a partire dal cranio e dalle costole, sono estremamente rare: le probabilità che si presentino tutte insieme in un unico essere umano sono molto vicine allo zero.
2. Se alcuni tratti fanno pensare a un feto, il grado di sviluppo della cartilagine delle ginocchia corrisponde a quello di un bambino tra i sei e gli otto anni. Ma come avrebbe potuto sopravvivere per anni un essere umano con tutte quelle malformazioni, rimanendo di quelle dimensioni e, per di più, in un ambiente ostile e poco ospedalizzato come il deserto di Atacama?
3. Il DNA dei resti è risultato corrispondere al 91% con il DNA umano: il restante 9% potrebbe essere conseguenza di un errore del computer o una questione di degradazione del campione, tutte cose abbastanza comuni. Ma, se non si può dimostrare che quel 9% sia non-umano, non si può neanche dimostrare che sia umano. E ricordiamo che gli scimpanzé hanno solo un 3-4% del patrimonio genetico che differisce dal nostro, e gli scimpanzé ci assomigliano ben poco. Se quel 9% fosse anche solo parzialmente non-umano, potremmo essere di fronte a una creatura molto diversa.

Greer parla dello scheletro di Atacama:

Fun fact: la voce narrante in Unacknowledged è di Giancarlo Esposito, meglio conosciuto come Gus Fring in Breaking Bad e Better Call Saul.

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Giancarlo Esposito in una foto di Frantogian (CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons)

Tuttavia, lo scetticismo

A me sembra che ritrovare nel deserto di Atacama la più improbabile somma delle più rare malformazioni umane sia comunque più probabile rispetto a un cadavere alieno. Che il governo americano tenga nascosti vari progetti e tecnologie è senza dubbio possibile, e se un oggetto volante non identificato si aggira nei paraggi di una base militare, mi pare lecito ipotizzare che si tratti di un velivolo militare umano, magari tenuto nascosto ai più, ma comunque umano. In altre parole, se senti degli zoccoli, pensi a un cavallo, non a una zebra (a meno che tu non sia in Africa o in uno zoo): una lezione che personalmente ho imparato dal dottor Cox di Scrubs: «If you hear hoof-beats, you just go ahead and think horses – not zebras».


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#106 fredric brown

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Spoiler alert!!

Questo post parla del racconto pubblicato per intero nel post precedente: se non lo avete letto, non andate oltre altrimenti vi rovinate irrimediabilmente il finale…

Sentinella (Sentry) è un racconto breve scritto da Fredric Brown nel 1954. Molto breve: poco più di 300 parole. Un piccolo capolavoro di fantascienza che è apparso in numerose antologie, tra cui Le meraviglie del possibile (1959) curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero.

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Una foto scattata durante la guerra di Corea da David Douglas Duncan, che non c’entra niente, ma l’ho scelta perché risale più o meno all’epoca in cui fu scritto il racconto e ne richiama (vagamente) l’atmosfera.

La narrazione, in terza persona, assume il punto di vista del protagonista, ne descrive i pensieri e le sensazioni, e riferisce pochi fatti del passato dandoci solo una parte del contesto della vicenda. Questi pensieri e sensazioni ci appaiono del tutto condivisibili; inoltre, il protagonista è presentato come qualcuno che ha subìto una grave ingiustizia da parte di una “altra razza”, aliena, incivile, belligerante, che viene descritta come “il nemico” e “crudeli, schifosi, ripugnanti mostri”. Di conseguenza, ci viene naturale identificarci col protagonista: condividere il suo punto di vista, parteggiare per lui e per il suo popolo, contro quell’orribile nemico. Di conseguenza, ci viene naturale pensare al protagonista come uno di noi: un terrestre, un umano.
È l’ultima riga che capovolge tutto, che inaspettatamente ci costringe a riconsiderare l’intera storia, a mettere in discussione i nostri pregiudizi e la nostra visione di noi stessi. L’umano non è il buono, non è il coraggioso soldato che difende il suo popolo dagli aggressori, ma è il nemico ripugnante, feroce e sleale.

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La lotta “Uomo Vs. Mostro Alieno” sulla copertina di un numero di Worlds Unknown del 1973, contenente in realtà un altro racconto di Brown,  Arena.

La sentinella (in originale però The Sentinel) è anche un racconto di Arthur C. Clarke del 1948, che lo stesso autore ha poi ampliato ed elaborato nel romanzo 2001: Odissea nello spazio del 1968, dal quale è tratto l’omonimo film di Stanley Kubrick.
(Sentinel e Sentry sono pressoché sinonimi).

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Fredric Brown

Fredric Brown (1906 – 1972), americano, era basso di statura, rimase orfano molto giovane, amava giocare a scacchi e suonare il flauto. Nel corso della sua vita fa numerosi lavori di tutti i tipi, tra cui il fattorino, l’inserviente in un luna park e il correttore di bozze. Soffriva di asma bronchiale. Nel 1929 si sposa con Helen, dalla quale ha due figli. Più avanti divorzia, risposandosi nel 1948 con Elizabeth Charlier. Nel frattempo pubblica poesie, articoli, e soprattutto riesce a vendere a varie riviste una grande quantità di racconti polizieschi, fantastici, di mistero e di fantascienza. Scrive anche romanzi, ma si specializza nel racconto breve e brevissimo. Scrive soprattutto per intrattenere e per sbarcare il lunario, ma ha grande inventiva, senso dell’umorismo, gusto per il paradosso, idee innovative, sa creare ingegnosi intrecci e sa raccontarli con una prosa arguta, rapida ed efficace. Guadagna poco durante la sua carriera di scrittore, e non è tenuto in grande considerazione dalla critica.

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Fredric Brown

Scrittore estremamente prolifico (qui una bibliografia), è apprezzato da numerosi altri autori di fantascienza e non, tra cui Philip K. Dick, Robert Bloch, autore di Psycho, e Robert A. Heinlein, che gli ha dedicato il romanzo Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land). I suoi scritti hanno anche ispirato film: ad esempio da uno dei suoi romanzi polizieschi più celebri, La statua che urla (The Screaming Mimi) sono stati tratti l’omonimo film del 1958 con Anita Ekberg e, nel 1970, L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento. Sul già menzionato racconto di fantascienza Arena, del 1944, è basato l’omonimo episodio di Star Trek (The Original Series) del 1967. Purtroppo le sue opere (e specialmente i racconti di fantascienza) non sono facilissime da trovare (la Feltrinelli, Amazon, e la mia biblioteca comunale non ne sono particolarmente forniti).

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Una scena di Arena, episodio 18 della prima stagione della serie originale di Star Trek (su Netflix è il 19, perché c’è anche l’episodio pilota che in origine venne scartato e mai trasmesso).

Non c’entra niente, ma Brown mi ha fatto venire in mente Kilgore Trout, lo sconosciuto e squattrinato scrittore di fantascienza che ricorre in vari romanzi di Kurt Vonnegut. In realtà il personaggio di Kilgore Trout è ispirato a un altro scrittore, amico di Vonnegut: Theodore Sturgeon, nome di penna di Edward Hamilton Waldo (1918 – 1985). Infatti Kilgore richiama il suono di Theodore, e Trout (trota) fa il parallelo a Sturgeon (storione). Vonnegut ha rivelato la sua fonte di ispirazione soltanto dopo la morte dell’amico, tanto che fino ad allora si era per lo più pensato che Kilgore Trout fosse un alter ego dello stesso Vonnegut.

citazioni accidentali #16: sentinella

Quella di oggi è una citazione lunga, ovvero un intero (ma brevissimo!) racconto: Sentinella (Sentry) di Fredric Brown, del 1954.
La foto qui sopra, che in realtà non c’entra per niente, ritrae dei Marines americani durante la guerra di Corea (1950-1953).
Si discuterà di racconto e autore nel prossimo post. Stay tuned!

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo ed era lontano cinquantamila anni-luce da casa.
Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità, doppia di quella cui era abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica.
Ma dopo decine di migliaia d’anni quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arrivava al dunque, toccava ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano sbarcato. E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unica altra razza intelligente della Galassia… crudeli, schifosi, ripugnanti mostri.
Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della Galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata la guerra, subito. Quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica.
E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo, e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano d’infiltrarsi e ogni avamposto era vitale.
Stava all’erta, il fucile pronto. Lontano cinquantamila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco.
Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso e la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso, ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, la pelle d’un bianco nauseante, e senza squame.

il film della domenica #10: the day the earth stood still

Ultimatum alla Terra è un film americano, di fantascienza, in bianco e nero, del 1951. Il titolo originale, molto più bello, è The Day the Earth Stood Still. Nel 2008 ne è uscito un remake omonimo, con Keanu Reeves nel ruolo del protagonista Klaatu.
Il film è basato su Farewell to the Master, un racconto Harry Bates, la storia però è stata profondamente modificata.

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La trama molto in breve

Un disco volante atterra a Washington. A bordo vi sono Klaatu, un alieno umanoide, e Gort, un robot. Vengono in pace; ma i terrestri, bellicosi e sospettosi per natura, faticano a crederci. Succedono cose; Klaatu si fa passare per un umano e conosce la giovane vedova Helen Benson e suo figlio Bobby; succedono cose.

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Gort (Lock Martin) e Klaatu (Michael Rennie)

Attori, gossip, e divagazioni

L’extraterrestre Klaatu è interpretato da Michael Rennie (1909 – 1971), attore inglese di cinema, televisione e teatro, alto 193 cm, apparso in oltre 50 film. Wikipedia dice: “Rennie, con la sua alta statura e il suo volto dai lineamenti severi e affilati, diede un’interpretazione di grande intelligenza e fascino del misterioso Klaatu”.

gort e l'astronave
Gort davanti all’astronave.

Gort, il robot, è interpretato da Lock Martin (1916 – 1959). Faceva la maschera al Chinese Theatre di Hollywood e fu scelto per la sua statura impressionante (231 cm).

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Lock Martin è quello alto.

La coprotagonista femminile, Helen Benson, è l’attrice americana Patricia Neal (1926 – 2010).

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Helen Benson (Patricia Neal) e Klaatu (Michael Rennie).
Primo gossip:

Patricia Neal ha avuto una relazione con Gary Cooper, iniziata durante la lavorazione al film La fonte meravigliosa (The Fountainhead, 1949). Lei aveva 23 anni e lui 48, ed era sposato. Cooper interpretava il protagonista, l’architetto Howard Roark, personaggio liberamente ispirato all’architetto Frank Lloyd Wright.

Secondo gossip:

Patricia Neal ha sposato nel 1953 lo scrittore britannico Roald Dahl (1916 – 1990). Hanno avuto cinque figli e hanno divorziato nel 1983.

Patricia Neal and Roald Dahl
Roald Dahl e Patricia Neal.
Due parole su Roald Dahl:

Nato in Galles da genitori norvegesi, il norvegese parlato in famiglia era la sua prima lingua. Il nome di battesimo gli è stato dato in onore di Roald Amundsen (1872 – 1928), esploratore norvegese delle regioni polari, riconosciuto come la prima persona ad aver raggiunto entrambi i poli.

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Roald Dahl e i suoi libri più famosi.

Cenni di xenolinguistica

In alcuni momenti del film, Klaatu parla nella propria lingua aliena, inventata dallo sceneggiatore Edmund H. North. Le frasi non vengono mai tradotte né sottotitolate, ma il loro significato può essere dedotto dal contesto (esempio: Gort sta sparando, Klaatu gli dice “Gort, declato brosco!”, e Gort smette di sparare).
La più celebre è “Klaatu barada nikto”: il nostro Klaatu, impantanato in vicende complesse, chiede a Helen di andare da Gort e digli queste parole. Klaatu le insegna la pronuncia, facendogliela ripetere più volte, ma senza spiegarne il significato.

Klaatu barada nikto

La frase è diventata un cult ed è citata in numerose opere (ad esempio ne L’armata delle tenebre (Army of Darkness, 1992), terzo capitolo della serie La casa (The Evil Dead), nella scena in cui Ash deve recuperare il Necronomicon). È stata usata anche nel remake del 2008, aggiunta su insistenza di Keanu Reeves.

In un articolo pubblicato nel 1978 sulla rivista americana Fantastic Films, Tauna Le Marbe analizza la lingua di Klaatu, che sostiene essere un misto di latino, francese, inglese, greco e cypher, e ne propone delle traduzioni. Secondo lei “Klaatu barada nikto” significherebbe qualcosa tipo “Sto morendo, riparami; non vendicarti” (peraltro, assolutamente coerente con quello che fa Gort dopo aver sentito la frase). Mi sono spinta fino alla quarta pagina dei risultati di Google per cercare informazioni su questa Tauna Le Marbe, accreditata come “Alien Linguistics Editor” della rivista, ma, a parte un paio di articoli a suo nome su Fantastic Films, non ho trovato niente e ho il vago sospetto che non esista.

fantastic films

La disciplina che “studia” le lingue aliene si chiama xenolinguistica. Ho messo le virgolette perché di lingue aliene, attualmente conosciute e da studiare, non ce ne sono: è tutto ipotetico. Si può però riflettere in termini scientifici e filosofici su come potrebbero essere le lingue di eventuali extraterrestri e sulla possibile comunicazione tra umani ed extraterrestri. In più, c’è tutta una branca della glossopoiesi (l’arte di creare linguaggi artificiali) che si occupata di inventare le lingue parlate dagli alieni all’interno delle opere di finzione (penso che la più famosa sia il klingon, in Star Trek).

Ultimatum alla Terra e l’architettura

L’architetto Frank Lloyd Wright (1867 – 1959) ha collaborato alla progettazione del set e in particolare dell’astronave di Klaatu (interni ed esterni).

Pare che il regista Robert Wise lo avesse contattato perché sapeva che Wright era interessato ai dischi volanti, alle cui forme si era ispirato per diversi progetti, tra cui lo Sports Club and Play Resort (progettato nel 1947, mai costruito) e la Annunciation Greek Orthodox Church a Wauwatosa, in Wisconsin (costruita nel 1956).

Ultimatum alla Terra e la pittura

L’architetto e artista Paul Laffoley (1935 – 2015) diceva di aver visto Ultimatum alla Terra più di 870 volte. Era ossessionato dagli UFO fin dall’infanzia. Pare che durante una TAC alla testa gli avessero trovato un minuscolo “implant” (come si dice in italiano?), apparentemente metallico, nel cervello, che ovviamente lui interpretò come una nanotecnologia di origine extraterrestre.

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Paul Laffoley nel suo studio

Paul Laffoley diceva che da bambino aveva deciso di diventare architetto per progettare astronavi. Dopo la laurea in architettura e dopo aver lavorato in qualche studio di architettura, Paul Laffoley si dedica completamente a dipingere: i suoi quadri sono visionari, complessi, contengono innumerevoli scritte e simboli, abbondano di significati difficili da interpretare. “Some paintings were mandala-like, others resembled board games, and they addressed topics such as time travel, astrology, mathematical theories, religion, black holes, alien life-forms, and a fourth dimension” (fonte).


Negli ultimi anni Paul Laffoley soffriva di vari problemi di salute, e gli avevano anche dovuto amputare una gamba al di sotto del ginocchio a causa di un’infezione. Lui si era fatto costruire un arto prostetico a forma di zampa di leone.

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L’arto prostetico di Paul Laffoley.

Ultimatum alla Terra e la musica

Dal protagonista alieno di Ultimatum alla Terra ha preso il nome la band canadese Klaatu, anni ’70, progressive rock.
La loro canzone più nota è Calling Occupants of Interplanetary Craft, dal loro primo album, 3:47 EST, pubblicato nel 1976. Le tre e quarantasette del pomeriggio, secondo il fuso orario della costa orientale degli Stati Uniti (Eastern Standard Time, EST), è l’orario in cui, nel film, Klaatu arriva a Washington.
La canzone fa ampio uso del mellotron, uno strumento musicale a tastiera molto popolare tra gli anni ’60 e ’70. Non ha un suono proprio: ogni tasto, quando viene premuto, fa partire il nastro registrato a cui è collegato. Può quindi riprodurre suoni di strumenti musicali o voci umane o qualsiasi altra cosa.

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John Lennon che suona il mellotron.

I Carpenters hanno fatto una cover di Calling Occupants of Interplanetary Craft, secondo me molto brutta, però piuttosto famosa.
I Carpenters erano un duo pop americano formato dai fratelli Karen (1950-1983) e Richard (1946) Carpenter. Mentre lui, pianista-tastierista, aveva problemi di droga e di dipendenza da Metaqualone (un farmaco dagli effetti simili ai barbiturici, usato come droga ipnotica negli anni ’60 e ’70), lei, batterista e cantante, soffriva di anoressia nervosa, le cui complicazioni ne hanno causato la morte nel 1983, a trentadue anni. Il lato positivo è che la notizia ha attirato l’attenzione pubblica sui temi dei disturbi del comportamento alimentare, di cui all’epoca non si parlava molto.
I Sonic Youth hanno dedicato una canzone a Karen Carpenter: Tunic (Song for Karen), dall’album Goo del 1990.

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I Carpenters.

Il testo di Calling Occupants of Interplanetary Craft parla del World Contact Day, dichiarato il 15 marzo 1953 dall’associazione International Flying Saucer Bureau (IFSB). Nel giorno prestabilito, tutti i membri dell’IFSB avrebbero dovuto cercare di inviare un messaggio per via telepatica verso lo spazio. L’idea era che, se tante persone si fossero concentrate contemporaneamente sullo stesso testo, qualche forma di vita aliena avrebbe dovuto riceverlo. Il messaggio inizia proprio con “Calling occupants of interplanetary craft!” e continua dichiarando la disponibilità di noi terrestri all’amicizia e ad accogliere con entusiasmo i visitatori extraterrestri. Chiede anche di venire sul nostro pianeta a ‘svegliare gli ignoranti’ e ad ‘aiutarci con i nostri problemi terrestri’ (ed è probabilmente per questo che nessun alieno ha mai risposto).
La canzone dei Klaatu si apre con un’esortazione a provare la telepatia, e prosegue con il messaggio vero e proprio da trasmettere all’universo, che è molto molto simile nelle parole e nei significati al messaggio dell’IFSB:

Calling occupants of interplanetary craft
You’ve been observing our Earth
And we’d like to make a contact with you
We are your friends

Il messaggio contiene anche un invito a visitare il nostro pianeta e a portare la pace (coerentemente, peraltro, con la visione degli alieni pacifisti e pacificatori nel film Ultimatum alla Terra).

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Ma la cosa interessante dei Klaatu è che, a un certo punto, ha cominciato a girare la voce che i Klaatu fossero in realtà i Beatles, o alcuni componenti dei Beatles, che portavano avanti nuovi progetti musicali in segreto. La diceria era motivata dal fatto che le vere identità dei Klaatu non erano mai state rivelate: nelle copertine degli album non risultava alcun nome né fotografia, e la stessa casa discografica non dava informazioni, sostenendo che fossero persone molto riservate. Il loro suono era anche abbastanza beatlesiano.
Inoltre, dopo lo scioglimento dei Beatles nel 1970, quando ognuno di loro aveva dato inizio a carriere soliste, Ringo Starr (il cui vero nome è Richard Starkey) aveva pubblicato un album, nel 1974, Goodnight Vienna, la cui copertina è un’immagine da Ultimatum alla Terra: una delle scene più note, in cui l’astronave è appena atterrata e ne escono Gort e, dietro di lui, Klaatu, che saluta con la mano. Nella copertina di Goodnight Vienna la faccia di Ringo è photoshoppata al posto del casco di Klaatu (anche se all’epoca Photoshop non c’era e non ho idea di cosa si usasse in alternativa. Per curiosità, la prima versione di Photoshop è del 1990 e ha quindi ventisei anni).


In realtà, non c’è mai stata alcuna connessione tra i Beatles e i Klaatu, e la vera formazione di questi ultimi era: John Woloschuk, Dee Long e Terry Draper, tutti e tre originari di Toronto, Canada.

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#95 dalla terra alla luna

Se Jules Verne fosse vivo oggi, avrebbe senza dubbio un blog come questo. Solo più interessante, scritto meglio, e aggiornato più spesso. I suoi romanzi sono un po’ così: pieni di curiosità, digressioni, nozioni di tutti i tipi, approfondimenti scientifici, geografici, letterari. Le trame sembrano quasi un pretesto. Ed è per questo che oggi parlo di Dalla Terra alla Luna e del suo seguito Intorno alla Luna con alcuni ‘spoiler’.

Jules Verne fotografato da Nadar
Jules Verne, fotografato da Nadar.

Dalla Terra alla Luna (titolo originale: De la Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes), pubblicato nel 1865, racconta dell’iniziativa dei soci del Gun Club, associazione di artiglieri di Baltimora. Da poco conclusa la guerra di secessione americana (1861-1865) e senza la prospettiva di nuovi sanguinosi conflitti, per combattere la noia questi fanatici delle armi hanno la brillante idea di sparare un proiettile sulla luna. Si discute dettagliatamente del progetto e si comincia a metterlo in atto, con la costruzione di un gigantesco cannone idoneo a sparare il gigantesco proiettile sferico sulla luna, per i primi sedici capitoli (e senza che nessuno si chieda “ma perché dovremmo sparare un proiettile sulla luna?”).

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La nitrocellulosa.

In questa fase si stabilisce, tra le altre cose, che per il lancio del proiettile il cannone utilizzi come detonatore il fulmicotone, altrimenti detto nitrocellulosa. Questa bellissima parola dal suono vintage si usa anche in senso figurato nell’espressione “al fulmicotone” “per indicare azione rapida, impetuosa, violenta” (Treccani).
Il fulmicotone è un composto chimico derivato dalla cellulosa del cotone e sfruttato per le sue proprietà infiammabili-esplosive prima dell’invenzione della dinamite. Il fulmicotone è stato inventato nel 1845 dal tedesco Christian Friedrich Schönbein, lo stesso che qualche anno prima aveva scoperto l’ozono. La polvere da sparo era già nota da secoli. Due anni dopo, invece, l’italiano Ascanio Sobrero riesce a sintetizzare un nitrato esplosivo più stabile, la nitroglicerina. È soprattutto con la nitroglicerina che lo svedese Alfred Nobel fa un sacco di esperimenti, in uno dei quali salta in aria un capannone con dentro cinque persone, tra cui il fratello più giovane Emil (1864). Più tardi, nel 1867, Alfred Nobel riesce a stabilizzare la dinamite.

Alfred Nobel
Alfred Nobel.

È sempre divertente l’aneddoto che spiega l’origine del premio Nobel: il fratello di Alfred, Ludvig Nobel, muore nel 1888, e «Per errore, un giornale francese pubblica il necrologio della morte di Alfred condannandolo aspramente per l’invenzione della dinamite. Il titolo del necrologio recita Il mercante di morte è morto (Le marchand de la mort est mort), continuando poi: “Alfred Nobel, che divenne ricco trovando il modo di uccidere il maggior numero di persone nel modo più veloce possibile, è morto ieri”» (Wikipedia). Alfred Nobel si ritrova così nella curiosa situazione di leggere il proprio necrologio ed essere vivo. In più, il necrologio è ben poco lusinghiero. Dispiaciuto per il ricordo negativo che sta lasciando, si impegna per compensare l’invenzione della dinamite con qualcosa di bello, e nel suo testamento del 1895 istituisce i riconoscimenti noti come premi Nobel. Muore l’anno dopo per un’emorragia cerebrale nella sua villa a Sanremo in Italia.
Una cosa simile è successa anche nei Simpsons a Montgomery Burns, nell’episodio Impero mediatico Burns (Fraudcast News, stagione 15, episodio 22): Burns viene travolto dal crollo improvviso del Masso Vegliardo (Geezer Rock) e creduto morto. In realtà è sopravvissuto (nutrendosi di insetti), e quando torna in città vede che giornali e televisioni annunciano allegramente la sua morte, descrivendolo in tutta la sua malvagità. Burns reagisce però diversamente da Nobel, e compra tutti i media di Springfield per controllare l’informazione e l’opinione pubblica. In realtà non ho trovato da nessuna parta che l’episodio sia un riferimento ad Alfred Nobel, ma direi che le vicende si assomigliano molto.

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Il “Masso Vegliardo” di Springfield

Ma torniamo a Dalla Terra alla Luna.

Dicevo che nei primi sedici capitoli si comincia a mettere in atto il progetto di sparare un proiettile sferico sulla luna. Il colpo di scena arriva solo al capitolo 17, ed è peraltro spoilerato da quasi tutte le copertine (ripeto: fin qui si è parlato di un proiettile SFERICO).

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Altre copertine si spingono oltre: vedete gli oblò?

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Nel capitolo 17, infatti, entra in scena il francese Michel Ardan, personaggio energico e stravagante, ispirato al fotografo Nadar, amico di Verne (e Ardan è l’anagramma di Nadar. Ne avevo parlato qui).

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Un autoritratto di Nadar e un’illustrazione del personaggio Michel Ardan

Ardan propone di sostituire il proiettile sferico con un proiettile cilindro-conico, in modo che possa contenere una persona, cioè lui stesso, trasformando il progetto originale in una missione esplorativa.

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E qualche copertina vi svela anche il colpo di scena del finale del capitolo 21, e cioè che a partire non è solo Ardan, ma sono in tre.

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Il proiettile trasformato in veicolo per umani è spoilerato dalla maggior parte delle recensioni. Wikipedia addirittura scrive: “In questo romanzo Verne anticipa le prime fasi dello storico allunaggio avvenuto realmente oltre 100 anni dopo, il 20 luglio 1969.” Ehm, no, veramente non proprio. Il romanzo si conclude pochi giorni dopo il lancio del proiettile, con una comunicazione dell’osservatorio che ha avvistato il proiettile e scoperto la sua sorte, spoilerata peraltro dal titolo del romanzo che fa da seguito a Dalla Terra alla Luna, ovvero Intorno alla Luna (Autour de la Lune) pubblicato nel 1870. *Intorno* alla luna, non *sulla* luna. Il proiettile, infatti, è entrato nell’orbita della luna e le ruota attorno come un satellite. Non è questo che fanno con l’allunaggio del 1969: al massimo Verne lo anticipa concettualmente, perché non è il primo a raccontare di viaggi sulla luna, ma è uno dei primissimi a parlare della possibilità di raggiungerla grazie al progresso scientifico e tecnologico. Per dire, nell’Orlando furioso (1532) di Ludovico Ariosto, Astolfo va sulla luna con un carro trainato da ippogrifi (per recuperare il senno perduto da Orlando: capite che non è particolarmente realistico). Questo è fantasy. Verne invece è science fiction: lui immagina una tecnologia più avanzata rispetto a quella esistente, ma plausibile in termini scientifici e secondo le leggi del mondo reale.

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Questo è un ippogrifo.

Mentre il primo dei due romanzi (Dalla Terra alla Luna) è interamente ambientato sulla Terra, il secondo (Intorno alla Luna) assume invece il punto dei vista dei tre viaggiatori all’interno del proiettile. Ci sono abbondanti spiegazioni (per quanto non tutte coerenti con le conoscenze scientifiche di oggi) sulla vita dei tre “astronauti” in viaggio verso il satellite: scorte d’acqua e di cibo, un sistema per assorbire l’anidride carbonica e rigenerare ossigeno, illuminazione, riscaldamento (perché nello spazio fa freddo: Verne dice -140°C, in realtà più freddo: Wikipedia dice 3 kelvin, cioè -270°C), attrezzature scientifiche di vario tipo, eccetera. (Faccio notare che non viene MAI neanche accennato come questi tre uomini e gli animali che hanno portato (sì, hanno portato dei cani e dei polli, con l’idea di farli ambientare sulla luna per dare inizio a una sorta di colonizzazione) dicevo, non viene MAI detto come e dove tutti questi esseri viventi facciano la pipì e la cacca nei quattro giorni del viaggio.)
A un certo punto del viaggio, per un problema con l’attrezzatura, i nostri eroi rischiano un’intossicazione da ossigeno. Ma davvero si può morire per troppo ossigeno? L’ho googlato, e la risposta è sì. In condizioni normali non è possibile respirare troppo ossigeno, neanche iperventilando, ma può accadere in situazioni in cui la concentrazione dell’ossigeno è stata artificialmente aumentata. Se l’ossigeno nei polmoni supera la capacità di assorbimento dell’ossigeno del sangue, succede un casino. Non ho capito perché, ma si rischiano danni ai polmoni, al sistema nervoso e alla retina, e poi la morte. Le conseguenze della tossicità dell’ossigeno vengono chiamate anche “effetto Paul Bert” perché il francese Paul Bert (1833 – 1886), esperto di fisiologia della subacquea, è stato il primo a studiare l’argomento. Era anche un politico ed è stato ministro dell’istruzione ed era razzista: la Wikipedia francese riporta diversi brani in cui descrive come i neri siano evidentemente meno intelligenti dei bianchi e persino meno dei cinesi.

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Per stavolta il discorso su Verne si conclude qui, ma credo ci sarà un seguito, perché le cose da dire sono tante.

#92 battlestar galactica (seconda parte)

Nel post precedente si parlava di Battlestar Galactica, delle differenze tra la serie originale del 1978 e quella “re-immaginata” del 2003-2009, del comandante Bill Adama e di suo figlio Lee “Apollo” Adama.

Lee e Bill Adama nella serie re-imagined.
Lee e Bill Adama nella serie re-imagined.

Il capitano Lee “Apollo” Adama nella serie originale era interpretato da Richard Hatch, l’unico attore che compare in entrambe le versioni: nel re-imagined fa Tom Zarek.

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Richard Hatch come “Apollo” nella serie originale.
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Richard Hatch come Tom Zarek nel re-imagined.

Nella serie originale, Apollo è il migliore amico del tenente Starbuck (in italiano, SENZA APPARENTE RAGIONE, si chiama Scorpion).
Il tenente Starbuck, interpretato da Dirk Benedict, è un pilota di Viper (un tipo di caccia spaziale molto usato nelle battaglie contro i cylon), giocatore d’azzardo, donnaiolo, fumatore di sigari.

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Dirk Benedict, lo Starbuck originale.

Ed ecco Starbuck nella serie nuova:

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È Kara Thrace, nome di battaglia “Starbuck” (in italiano, di nuovo, Scorpion), abile pilota di Viper e giocatrice d’azzardo, fumatrice di sigari, interpretata da Katee Sackhoff, che all’epoca della miniserie del 2003 aveva solo ventitré anni.

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Si notano comunque delle somiglianze tra i due Starbuck.

Il tenente Starbuck e Starbucks (la catena di caffetterie) prendono il nome da Starbuck, il primo ufficiale del Pequod, la baleniera di Moby Dick. Starbuck è un quacchero, serio e prudente, che cerca di contrastare il piano del capitano Achab (anche Kara Thrace è religiosa e si oppone spesso agli ordini del suo comandante, ma è ben più testarda e spericolata).

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Dirk Benedict e Katee Sackhoff, insieme da Starbucks.

Tra i due Battlestar Galactica c’è un altro significativo cambio di sesso: Boomer, interpretato da Herbert Jefferson Jr. nella serie originale, diventa Sharon Valerii, nome di battaglia “Boomer”, interpretata da Grace Park nel re-imagined. Più avanti nella serie, Sharon “cambia” nome di battaglia in Athena: Athena nella serie del 1978 era la figlia di Bill Adama, sorella di Lee, amante di Starbuck (!), tenente, interpretata da Maren Jensen.

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Boomer (Herbert Jefferson Jr.) nella serie originale.
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Grace Park, Boomer nella serie nuova.

Sharon Valerii ha una relazione con Karl C. Agathon, “Helo”, interpretato da Tahmoh Penikett.
Primo fun fact: il nome Karl C. Agathon deriva dalla frase in greco antico “kalon k’agathon” (o “kalos k’agathos”, καλὸς κἀγαθός), che significa “il bello e buono” ed era usata per descrivere l’ideale di uomo, incarnazione di estetica ed etica. E in effetti Helo è figo e moralmente impeccabile allo stesso tempo.

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Sharon e Helo.

Secondo fun fact: Helo era stato inizialmente pensato come un “red-shirt character”: uno di quei personaggi che muoiono subito dopo la loro prima apparizione, e vengono introdotti con lo scopo di aggiungere dramma e mostrare quanto una determinata situazione sia pericolosa, senza però uccidere altri personaggi che hanno ruoli più importanti (gli spettatori devono capire che i protagonisti stanno rischiando la vita). La definizione “red-shirt character” deriva dalla serie classica di Star Trek (1966–69), in cui “the red-shirted security personnel frequently die during episodes” (lo dice Wikipedia).

Spoiler su Helo: nella miniserie, Helo viene lasciato su Caprica. L’idea iniziale era di non mostrarlo mai più e fare intendere agli spettatori che fosse morto. Ma il pubblico si era affezionato a lui, e gli autori hanno pensato alla sottotrama, inizialmente non programmata, di Helo e Sharon sul pianeta Caprica occupato dai cylon.

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Helo e Sharon su Caprica.

Uno che invece è e rimane un red-shirt character è Tarn, introdotto e ucciso tra l’ultimo episodio della stagione 1 e il primo episodio della stagione 2. Ve lo dico solo perché l’attore è Warren Christie, che faceva uno dei protagonisti nella serie tv di fantascienza Alphas: era Cameron Hicks, che aveva il superpotere della mira super precisa. La seconda stagione di Alphas, del 2012, non ha avuto abbastanza ascolti e il canale Syfy (lo stesso di Battlestar Galactica re-imagined, che all’epoca si chiamava Sci-Fi Channel) ha deciso di non rinnovare la serie, che si è quindi interrotta bruscamente dopo un cliffhanger. Sheldon Cooper, nell’episodio 21 della sesta stagione di Big Bang Theory (2013), aspettava con ansia la terza stagione di Alphas e apprende della sua cancellazione con grande disappunto, così rompe le palle alla redazione di Syfy per lamentarsi e chiedere il rinnovo (così come i fan avevano protestato per la cancellazione di Firefly nel 2002 da parte della Fox).

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Warren Christie in Alphas.

Un altro (più importante) collegamento tra Battlestar Galactica e Big Bang Theory è Michael Trucco, attore che interpreta Samuel T. Anders in Battlestar Galactica e il dottor David Underhill in alcuni episodi di Big Bang Theory.
Michael Trucco fa anche Nick Podarutti, il ragazzo (stupido ma bello) di Robin nell’ottava stagione di How I Met Your Mother.

Michael Trucco come Samuel T. Anders in una delle immagini più fighe della storia della fantascienza.
Michael Trucco come Samuel T. Anders in una delle immagini più fighe della storia della fantascienza.
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Michael Trucco in Big Bang Theory.

Ma arriviamo al mio personaggio preferito: il dottor Gaius Baltar, brillante scienziato, guru religioso nel tempo libero, occasionalmente presidente delle Dodici Colonie, goffo e spesso ridicolo senza volerlo, egocentrico, dotato di una spiccata tendenza all’autoconservazione e di una morale alquanto flessibile.

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Gaius Baltar scienziato.

Il suo nome è probabilmente un riferimento all’imperatore romano Gaio Cesare (Imperator Gaius Caesar), meglio conosciuto con il soprannome Caligola (12-41 d. C.), descritto come despota, stravagante, edonista, depravato, e che ha ispirato numerose opere artistiche e letterarie dall’antichità a oggi.

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Gaius Baltar guru religioso.

Gaius Baltar nel re-imagined è interpretato dall’attore britannico James Callis, che forse avrete visto nei film di Bridget Jones.

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James Callis con Bridget Jones.

Il suo omologo nella serie originale del 1978 era il conte Baltar (John Colicos), uno degli antagonisti principali perché ha tradito la propria specie (gli umani) collaborando con i cylon. Anche il Gaius Baltar re-immaginato ha “tradito” l’umanità, ma non l’ha proprio fatto apposta.

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Il motivo per cui Baltar ha collaborato con i cylon.

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Nell’immagine qui sopra, sulla destra: la riconoscete?

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In Battlestar Galactica è D’Anna Biers, ma l’attrice, Lucy Lawless, è soprattutto famosa come Xena – Principessa guerriera (Xena: Warrior Princess). La serie, fantasy epico-storico-mitologico, ambientata nell’antica Grecia, è stata prodotta dal 1995 al 2001.
Piccolo fun fact: Caligola (Gaius Caesar) appare in un episodio di Xena (S6 E12, Xena contro Caligola, 2001).

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John Cavil

Un altro personaggio spettacolare di Battlestar Galactica re-imagined è John Cavil (e non posso dire altro per non spoilerare!), interpretato da Dean Stockwell, attore americano nato nel 1936 con una lunghissima carriera.

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Dean Stockwell tenero ragazzino in Stars in My Crown, film del 1950 di Jacques Tourneur.

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Una simpatica peculiarità di Battlestar Galactica è l’imprecazione “frak” (o “frack”), una versione di “fuck” appositamente inventata per evitare la censura nella serie del 1978. L’espressioni ha continuato a essere utilizzata in tutte le successive versioni di Battlestar Galactica ed è spesso citata in altre opere di fantascienza o genericamente nerd.

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Spassoso fun fact:

Il comandante Bill Adama, nella sua cabina a bordo della Galactica, si fa la barba davanti a uno specchio Ikea. Lo specchio si chiama “Fräck”.

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In conclusione: Battlestar Galactica è una figata. Anche se c’è qualche buco di trama, anche se il finale (proprio l’ultimo episodio) è vagamente deludente, è comunque bellissimo. In più, è ammirevole che la storia sia coerente e che abbiano cercato di fornire spiegazioni esaurienti per quasi ogni dettaglio, senza lasciare misteri aperti (a differenza, per dire, di Lost). Quindi vi consiglio caldamente di guardare, se non lo avete ancora fatto, la miserie del 2003 e la serie del 2004-2009 (ci sono anche dei webisodi, due film e uno spin-off che però non sono indispensabili).

Guardatelo, e anche voi vi chiederete:

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Un terzo post su Battlestar Galactica lo trovate qui.

#91 battlestar galactica (prima parte)

Wellentheorie era una bimba che frequentava assiduamente la biblioteca comunale. Un giorno si ritrova per caso davanti allo scaffale di Urania, senza avere la minima idea di cosa siano l’Urania e la fantascienza. Sta osservando affascinata i titoli sulle coste dei libri quando, alle sue spalle, un passante la schernisce facendole capire chiaramente che la fantascienza è roba da sfigati. Wellentheorie, giovane e conformista, coglie il messaggio e si allontana dallo scaffale con nonchalance, stile moonwalk all’indietro.
Passano gli anni: Wellentheorie è ormai ben più vicina ai trenta che ai venti, e la fantascienza entra finalmente nella sua vita. E Wellentheorie scopre che è una figata pazzesca.

Condivido oggi questo trauma infantile con voi per parlare di me stessa in terza persona e soprattutto per introdurre il tema di questo post e del prossimo (entrambi abbastanza spoiler-free!): Battlestar Galactica, una figata pazzesca.

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La prima Battlestar Galactica è una serie televisiva del 1978 in ventiquattro episodi, a cui fanno seguito una seconda serie del 1980 in dieci episodi (chiamata Galactica 1980) e alcuni adattamenti cinematografici. Nel 2003 esce il primo “re-imagined” (molto meno fedele di un remake, più creativo di un reboot: riprende personaggi, luoghi e vicende della serie originale ma li modifica e aggiunge nuovi elementi): una miniserie in due episodi da 90 minuti ciascuno, che può essere considerata il pilot della successiva serie tv, con lo stesso cast, in quattro stagioni, trasmessa dal 2004 al 2009. La serie del 1978, la miniserie del 2003 e la serie del 2004-2009 si chiamano Battlestar Galactica, ma la prima è conosciuta in Italia come Galactica e il suo episodio pilota era uscito anche in una versione cinematografica chiamata in origine Battlestar Galactica ma tradotta in italiano Battaglie nella galassia. In realtà il titolo non parla di battaglie né di galassie (per quanto battaglie e galassie siano presenti) ma si riferisce alla (astro)nave da guerra (= “battlestar”) di nome Galactica, protagonista della serie.

Qui parlo principalmente del re-imagined: miniserie e serie tv (non potete guardare la serie senza aver visto la miniserie, non si capisce niente).

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La maestosa battlestar Galactica, circondata dalla flotta coloniale.

La premessa della storia è questa: l’umanità ha da tempo abbandonato Kobol, il suo pianeta natale, e ha fondato, all’interno di un sistema solare molto distante, le Dodici Colonie di Kobol (the Twelve Colonies of Kobol). Le Dodici Colonie costituiscono una repubblica federale e sono situate su dodici pianeti (dodici pianeti abitabili in un unico sistema solare? Sì, è inverosimile, ma è così) che prendono i nomi dalle costellazioni e i segni dello zodiaco: Aquaria (acquario), Aerilon (ariete), Canceron (cancro), Caprica (capricorno), Gemenon (gemelli), Leonis (leone), Libran (bilancia), Picon (pesci), Sagittaron (sagittario), Scorpia (scorpione), Tauron (toro), e Virgon (vergine).
Le Colonie sono state in guerra con un popolo di robot (creati da una razza rettiliana nella serie originale, creati dall’umanità nella serie re-imagined) chiamati cylons (cyloni in italiano). Dopo un armistizio e alcuni decenni di pace*, i cylon attaccano a sorpresa le Dodici Colonie, distruggendole. I morti sono miliardi: dell’intera specie umana soltanto circa 50.000 persone riescono a sopravvivere e a mettersi in salvo a bordo di una flotta spaziale (the Colonial Fleet), formata da circa 60 navi civili e commerciali, guidate dall’unica nave militare rimasta, cioè la Battlestar Galactica (ma sarà davvero l’ultima?). La flotta viaggia nell’universo, in fuga dai cylon e alla ricerca di un pianeta leggendario chiamato Terra, dove si sarebbe stabilita la tredicesima tribù dell’umanità dopo l’antico esodo da Kobol.

* Volendo essere precisi: nella serie originale la guerra cylon dura mille anni e si conclude, all’inizio della serie, con un finto trattato di pace, dopo il quale i cylon attaccano le colonie. Nel re-imagined, la guerra dura dodici anni e mezzo ed è seguita da una pace di quarant’anni, dopodiché i cylon attaccano all’improvviso. In entrambi i casi l’attacco cylon avviene nell’episodio pilota e funge da antefatto all’intera serie.

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I cylon nella serie originale.
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I cylon nella serie nuova (l’attrice è Tricia Helfer).

La storia è appassionante, i personaggi sono ben costruiti, e in più, nonostante l’ambientazione fantascientifica, vengono affrontati molti argomenti interessanti e attuali: si parla di razzismo e discriminazione, religione (politeismo e monoteismo, fede e scetticismo), terrorismo e guerra, malattia terminale, il mistero dell’evoluzione (si accenna persino all’Eva mitocondriale! Ne avevo parlato qui), le conseguenze della tecnologia, convivenza tra potere civile e militare, difficili scelte politiche. Ad esempio, un tema che ho trovato particolarmente interessante (affrontato nell’episodio The Captain’s Hand, stagione 2, episodio 17, del 2006) è quello dell’aborto: l’interruzione di gravidanza era perfettamente legale nelle Dodici Colonie, e rimane legale sulla flotta, è anzi una pratica molto diffusa a causa delle difficili condizioni di vita (continue battaglie con i cylon, scontri interni, carenza di cibo e acqua). Ma se i pochi superstiti dell’intera razza umana non fanno figli, il rischio di estinzione della specie diventa molto concreto. Per questo la presidente Roslin decide di vietare l’aborto, anche se contro i propri princìpi.

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Nella serie nuova, Laura Roslin, sottosegretario all’istruzione delle Dodici Colonie, dopo l’attacco rimane la più alta carica civile (gli altri, compreso il presidente Adar, sono morti) e viene quindi nominata presidente delle Dodici Colonie.
Fun fact: la scena della cerimonia del suo giuramento come presidente a bordo del Colonial One è stata modellata su quella di Lyndon Johnson a bordo dell’Air Force One dopo l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy nel novembre 1963 (fonte).

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Altro fun fact: nella scena in cui un dottore comunica a Laura Roslin che ha il cancro, sullo sfondo, nel cielo oltre la finestra, si intravede (video) passare la Serenity, l’astronave di Firefly, altra serie tv di fantascienza, cancellata dopo una sola stagione con grande disappunto dei fan.

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Laura Roslin non ha un omologo nella serie originale. L’attrice, Mary McDonnell, ha fatto tra le altre cose “Alzata con Pugno” (Stands With A Fist) che sposa Kevin Costner in Balla coi lupi (Dances with Wolves, 1990) e Rose Darko, madre del protagonista in Donnie Darko (2001).

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Mary McDonnell in Balla coi lupi.

Mentre Laura Roslin è il leader civile della flotta, quello militare è il comandante della Galactica: William “Bill” Adama (in italiano, senza apparente ragione, Adamo) interpretato da Edward James Olmos.

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Forse lo avete già visto nella sesta stagione di Dexter (2011), dove indossa sempre adorabili golfini e fa James Gellar, professore dell’Università di Tallahassee, esperto di Apocalisse e “scomparso” da alcuni anni.

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Colin Hanks (il figlio di Tom Hanks!) e Edward James Olmos in Dexter.

Un altro attore che compare in entrambe le serie è Samuel Witwer, “Crashdown” in Battlestar Galactica e Neil Perry nella prima stagione di Dexter (quello che sostiene di essere il Killer del Camion Frigo, ovvero the Ice Truck Killer).

Samuel Witwer come "Crashdown”, a bordo di un Raptor (navicella spaziale militare).
Samuel Witwer come “Crashdown”, a bordo di un Raptor (navicella spaziale militare).
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Samuel Witwer in Dexter, nella scena “Who the fuck are you?

Ma non divaghiamo.

Il figlio di Bill Adama è Leland Joseph Adama, meglio conosciuto come Lee o con il nome di battaglia (callsign) “Apollo”, interpretato da Jamie Bamber.

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Lee “Apollo” Adama.

Nonostante fossi convinta che personaggio e attore fossero evidentemente gay, sembrano in realtà entrambi etero. Jamie Bamber ha sposato l’attrice Kerry Norton e hanno tre figlie. Kelly Norton fa un personaggio ricorrente in Battlestar Galactica: Layne Ishay, paramedico e assistente del dottor Cottle.

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Jamie Bamber e Kerry Norton con le figlie.

Michael Hogan e Susan Hogan sono un’altra coppia sposata nella realtà ma non nella serie: lui è il mitico colonnello Saul Tigh, lei è Doyle Franks, capitano della Prometheus, una nave civile della flotta. Non è tra i personaggi principali ma si vede più volte, soprattutto durante il processo a Gaius Baltar.

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Michael Hogan nei panni del mitico colonnello Saul Tigh.
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Susan Hogan nei panni del capitano Doyle Franks.

Ma non divaghiamo.

Per interpretare padre e figlio (Bill e Lee Adama), i due attori hanno cercato di assomigliarsi: Edward James Olmos ha i capelli scuri e gli occhi castani, ma ha portato lenti a contatto blu; Jamie Bamber, che ha gli occhi azzurri e i capelli chiari, si è tinto i capelli per scurirli.

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Un Edward James Olmos più giovane e baffuto.

Edward James Olmos nella realtà ha avuto parecchie mogli e parecchi figli, tra cui Bodie James Olmos: che in Battlestar Galactica fa il tenente Brendan Costanza, meglio conosciuto come “Hotdog”.

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Bodie James Olmos (“Hotdog”) in Battlestar Galactica.

Le cose da dire sono ancora molte: proseguono nel prossimo post.