#105 cigarettes after sex

YouTube, la piattaforma di video sharing che attualmente sembra essere il secondo sito più visitato in tutto il mondo (secondo solo a Google), utilizza un sistema piuttosto complesso per consigliarti video correlati a quello che stai guardando. Raccoglie ed elabora un vasto insieme di dati, che comprende le informazioni dei video (titoli e descrizioni) e i dati relativi all’attività degli utenti (il numero di visualizzazioni, di commenti, like e condivisioni; la co-visitation, ovvero i gruppi di video visualizzati in un’unica sessione; le specificità dell’utente, cioè le sue precedenti visualizzazioni e i suoi like; eccetera). Il sistema contempla anche il principio di diversificazione, e cioè scarta i video troppo simili a quelli già visualizzati. Secondo il mio moroso, la profilazione dell’utente è più complessa di così e prende in considerazione anche dati esterni a YouTube, come le ricerche effettuate su Google e le parole chiave contenute nelle conversazioni su Gmail (ricordiamoci che YouTube è di proprietà di Google) però la cosa non viene ammessa ufficialmente.

Sta di fatto che stamattina stavo guardavo un video di Shilpa Ray (la favolosa cantante e suonatrice di armonium con irresistibile spirito punk-rock di cui avevo parlato qui) e il magico algoritmo di YouTube mi ha consigliato Nothing’s Gonna Hurt You Baby dei Cigarettes After Sex.

Cupa, lenta, con un suo romanticismo e un’atmosfera intima e sognante.  Il testo inizia così:

Whispered something in your ear
It was a perverted thing to say
But I said it anyway
Made you smile and look away

Ascoltando la voce, potrebbe venirvi in mente una persona più o meno così:

nico 1
Questa in realtà è Nico.

Oppure così:

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E questa è Hope Sandoval dei Mazzy Star.

O magari così:

lana del rey 2
Che poi è Lana Del Rey.

E invece la voce appartiene a questo qui:

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Vi presento Greg Gonzalez.

Se non ci credete, ci sono parecchi video di concerti che lo dimostrano, tipo questo. E la cosa buffa è che Greg Gonzalez, quando non canta, ha una voce estremamente bassa e maschile (tipo qua in un’intervista).

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I Cigarettes After Sex sono praticamente Greg Gonzalez (compositore, cantante, chitarrista e bassista) con la collaborazione occasionale di altri musicisti. Greg Gonzalez ha registrato il primo EP, intitolato I., una sera sulle scale dell’università che frequentava, la University of Texas a El Paso. Il suono ricorda i Velvet Underground, i Mazzy Star, il dark e il dream-pop. Potrebbero venirvi in mente i Cocteau Twins, i Red House Painters, magari i Sigur Rós, i Placebo, i Blonde Redhead, e mille altre cose (a voi cosa fa venire in mente?).

Nothing’s Gonna Hurt You Baby è stata pubblicata nel 2012, ma la sua popolarità è esplosa online circa un anno fa. YouTube si è riempito di cover dei Cigarettes After Sex, e quasi ogni video ha un commento dall’account ufficiale dei Cigarettes After Sex.

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Se anche voi volete cimentarvi in una cover, vi segnalo questo sito favoloso che vi mostra gli accordi per chitarra, ukulele o piano, con tanto di diteggiatura, man mano che la canzone scorre. Nothing’s Gonna Hurt You Baby è peraltro piuttosto facile, perché sono quattro accordi ripetuti per l’intera durata della canzone: E B Gb (o F#) A (cioè Mi, Si, Sol bemolle / Fa diesis, La).

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Gli accordi di Nothing’s Gonna Hurt You Baby per ukulele.

Il nome, Cigarettes After Sex, secondo me è perfettamente azzeccato per le loro canzoni perché ne rappresenta bene quella pigra e pacifica distensione da post-orgasmo dei loro ritmi lenti e rilassati, insieme a un velo di trasgressione e perversione suggerito dall’atmosfera cupa e dai testi spesso vagamente erotici. Ma perché queste due cose (post-orgasmo e sigarette) sono spesso associate?

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In giro per internet parecchi si dilungano su quanto gli effetti del fumo siano piacevoli dopo il sesso. In realtà sembra che gli effetti puramente fisici siano piuttosto blandi, e legati più che altro alla sensazione di benessere che la sigaretta dà a chi ne è dipendente.

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La ragione sembra in realtà soprattutto sociale e culturale. Le aziende produttrici di sigarette, che hanno praticamente inventato la moderna comunicazione pubblicitaria, hanno da sempre cercato di associare il loro prodotto a un generico essere cool e in particolare all’attrattiva del sesso. I più fighi sex symbol fumano un’imprescindibile sigaretta nelle immagini pubblicitarie e nelle scene dei più famosi film hollywoodiani, come conseguenza dell’astuta strategia di product placement messa in atto dalle compagnie del tabacco.

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Il giovane Ben Braddock (Dustin Hoffman) sedotto dall’intrigante fumatrice Mrs. Robinson (Anne Bancroft) ne Il laureato (The Graduate) del 1967.

La sigaretta era già un simbolo sessuale negli anni ’40. Nel film del 1942 Perdutamente tua (Now, Voyager), incentrato su una storia di passione e adulterio, Jerry (Paul Henreid) accende più volte due sigarette insieme e poi ne passa una a Charlotte (Bette Davis), in un gesto intimo ed erotico.

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Per approfondire l’argomento consiglio questo articolo, che riassume tra le altre cose la storia della relazione tra le sigarette e le donne. È una storia che contiene anche pubblicità ridicole e vergognose come questa:

reach for a lucky
Meglio fumatrice che cicciona!

#102 the troggs

I Troggs sono (stati) una rock band inglese, composta nel 1964 ad Andover, nell’Hampshire.

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Andover

Il nome, in origine, era The Troglodytes, I Trogloditi.
La parola “troglodita” viene dal greco antico τρωγλοδύτης e significa qualcosa tipo “che vive nelle caverne”, e si riferisce alle popolazioni preistoriche che abitavano, appunto, nelle caverne, oppure, in senso figurato, a persone arretrate o rozze.
I trogloditi sono anche una famiglia di uccelli, comunemente noti come scriccioli.

FILE - Reg Presley of The Troggs Dies Aged 71 Music File Photos - The 1960s - by Chris Walter
Da sinistra a destra: Ronnie Bond, Pete Staples, Chris Britton, e Reg Presley in basso al centro.

I membri fondatori dei Troggs sono stati Reg Presley (1941-2013, voce), Ronnie Bond (1940-1992, percussioni), Pete Staples (1944, basso), e Chris Britton (chitarra).
La band si è sciolta nel 1969, rimessa insieme l’anno successivo, dopodiché mi sono un po’ persa negli innumerevoli cambi di formazione. Interessante, tuttavia, che dopo la morte del cantante per cancro ai polmoni nel 2013, i componenti rimasti hanno preso un nuovo cantante e continuano a essere i Troggs. L’attuale formazione ha in comune con quella originale soltanto il chitarrista, ma è meglio di niente (mi ricorda i Nomadi e il paradosso della nave di Teseo, di cui avevo parlato qui).

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I Troggs di oggi: Chris Allen, Dave Maggs, Pete Lucas, Chris Britton.

Il cantante dei Troggs, Reg Presley, aveva lasciato giovane la scuola e ha fatto il muratore finché il singolo “Wild Thing” non è entrato nelle classifiche, e ha finito per vendere cinque milioni di copie. Autore di molti successi dei Troggs, ha scritto anche “Love Is All Around”, di cui i Wet Wet Wet hanno inciso una celebre quanto brutta cover nel 1994. Il successo della cover ha fruttato parecchi soldi al suo autore, e Reg Presley ha pensato bene di utilizzare i guadagni per finanziare ricerche su argomenti come “alien spacecraft, lost civilisations, alchemy, and crop circles” (ovvero astronavi aliene, civiltà scomparse, alchimia, e cerchi nel grano, da Wikipedia) e ha riassunto le sue scoperte nel libro Wild Things They Don’t Tell Us, pubblicato nel 2002.

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Reg Presley, il suo imbarazzante taglio di capelli, e il suo libro.

 

I Troggs hanno prodotto parecchie canzoni di successo, come “With a Girl Like You”, “Hi Hi Hazel”, e altre di cui mi accingo a parlare più dettagliatamente. La loro musica ha profondamente influenzato il garage rock, il punk rock, e numerosi artisti, da Iggy Pop ai R.E.M..
Infatti, ad esempio, la loro “I Can’t Control Myself”, scritta da Reg Presley, è stata più volte suonata dai Buzzcocks e dai Ramones.
Gli MC5, oltre ad averla suonata spesso nei loro concerti, hanno inciso “I Want You” dei Troggs nel loro album di debutto Kick Out the Jams del 1969, ribattezzandola però “I Want You Right Now”. E di quest’ultima versione hanno fatto una bella cover strumentale gli Spacemen 3 (un gruppo che, secondo Wikipedia, faceva musica dei seguenti generi: “Neo-psychedelia, alternative rock, garage rock, space rock, noise rock, drone rock, experimental rock”).
Gli Spacemen 3 hanno ripreso un’altra canzone dei Troggs, “Anyway That You Want Me”, rifatta anche dagli Spiritualized (che poi sono un gruppo fondato da Jason Pierce che prima era negli Spacemen 3). La versione di questi ultimi è stata usata come colonna sonora di una bellissima scena di Me and You and Everyone We Know, film del 2005 di Miranda July.

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I due fondatori degli Spacemen 3 (Jason Pierce in alto e Peter Kember in basso) sulla copertina del loro The Perfect Prescription (1987)

“Love Is All Around” di Reg Presley sembra piacere molto a Mike Mills dei R.E.M. (che, coincidenza!, è omonimo del Mike Mills regista e grafico che è il marito di Miranda July), e una cover in versione acustica è inclusa nel loro MTV Unplugged del 1991. La brutta cover dei Wet Wet Wet, invece, è del 1994 e compare in Quattro matrimoni e un funerale (Four Weddings and a Funeral, sceneggiatura di Richard Curtis). Ma la versione migliore e più divertente di “Love Is All Around” è senza dubbio quella di Love Actually, film del 2003 diretto da Richard Curtis, dove l’attore inglese Bill Nighy interpreta un’attempata rockstar che, alla disperata ricerca di un successo, fa una cover natalizia dei Troggs, dal titolo “Christmas Is All Around”.

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Bill Nighy in Love Actually

Vorrei inoltre segnalare “Give It To Me”, scritta da Reg Presley, inclusa tra l’altro in una scena di Blowup di Michelangelo Antonioni (1966), il cui testo è sostanzialmente questo:

Give it to me / All your love […]
And I’ll know / When you come / I’ll be there […]
Darling I’ll know you’ll come to me / I’ll be there waiting so patiently […]

 

Wild Thing” è uno dei maggiori successi dei Troggs, ed è stata scritta da Chip Taylor.
Chip Taylor (1940) è un prolifico compositore, il suo vero nome è James Wesley Voight, ed è il fratello del geologo Barry Voight e dell’attore Jon Voight. Quest’ultimo è il padre di James Haven e Angelina Jolie. Ricordatemi di scrivere un post su questa famiglia perché sembra gente con delle vite interessanti.

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Chip Taylor

Wild Thing” è stata originariamente incisa dalla band The Wild Ones nel 1965, portata al successo nella versione dei Troggs del 1966, e successivamente suonata da praticamente chiunque, tra cui:
Jimi Hendrix l’ha suonata più volte, e, in particolare, al Monterey Pop Festival nel 1967, quando al termine della canzone ha dato fuoco alla chitarra;
Amanda Lear nel 1987 (e dovete assolutamente vedere il video).

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Jimi Hendrix con la chitarra in fiamme al Monterey Pop Festival del 1967

 

E con i Troggs inauguriamo la nuova iniziativa delle “Wellen Playlist”: trovate la playlist delle canzoni citate in questo post qui su YouTube.
Vi annuncio inoltre che ho chiesto a un amico, esperto di jazz, arcana musica contemporanea e marxismo, di scrivermi un articolo su un argomento a sua scelta, e spero che accetterà la proposta. Perciò stay tuned, miei cari cinque lettori, che questo blog diventa sempre più entusiasmante.
A presto

#100 battlestar galactica (terza parte)

Dopo due lunghi post su Battlestar Galactica (questo e questo) mi sono accorta che, a distanza di quasi un anno, ho ancora un paio di cose da dire in proposito.

Katee Sackhoff, l’attrice che interpreta Kara “Starbuck” Thrace nella serie nuova di Battlestar Galactica (2004-2009), è apparsa in due episodi di Big Bang Theory, interpretando se stessa. Katee Sackhoff compare infatti nelle fantasie masturbatorie di Howard Wolowitz.

Katee-Sackhoff-Big-Bang

La prima apparizione è nell’episodio La formula della vendetta / The Vengeance Formulation (S03 E09), del 2009: Howard si immagina Katee in una situazione romantica (vasca da bagno, luce soffusa, bicchieri di vino), e si scambiano il seguente dialogo, spassosissimo e contenente i soliti riferimenti nerd (Cylon e coloni sono le due fazioni contrapposte in Battlestar Galactica, e la principessa Leia, Leila nella versione italiana, è ovviamente quella di Star Wars – lo dico per i non-nerd là fuori).

Howard: So nice you could join me this evening. You’re looking lovely as always.
Katee Sackhoff: Thanks, Howard. Always nice to be part of your masturbatory fantasies.
Howard: Come on, Katee, don’t make it sound so cheap.
Katee: I’m sorry, fiddling with yourself in the bathtub is a real class act.
Howard: Thank you. So, shall we get started?
Katee: Sure. But can I ask you a question first?
Howard: You want to play Cylon and colonist?
Katee: No. I want to know why you’re playing make-believe with me when you could be out with a real woman tonight.
Howard: You mean, Bernadette?
Katee: No, I mean Princess Leia. Of course I mean Bernadette. She’s a wonderful girl and she really likes you.
Howard: I know, but she’s not you.
Katee: I’m not me. The real me is in Beverly Hills going out with a tall, handsome, rich guy […].

La seconda apparizione è nell’episodio La deviazione del troll virtuale / The Hot Troll Deviation (S04 E04), del 2010: Howard predispone la giusta atmosfera nella sua stanza e dà inizio alla tipica fantasia, ma questa volta Katee indossa l’uniforme da pilota di Viper di Battlestar Galactica. La fantasia degenera presto e si aggiungono prima Bernadette e poi George Takei.

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George Takei, Katee Sackhoff, Howard e Bernadette.

George Takei (nato nel 1937) è un attore famoso per il ruolo di Hikaru Sulu, timoniere dell’Enterprise nella serie classica di Star Trek e nei primi sei film (Sulu è interpretato da John Cho nei due film diretti da J.J. Abrams, Star Trek del 2009 e Star Trek Into Darkness del 2013).

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Hikaru Sulu

George Takei è dichiaratamente gay (nel 2008, dopo una relazione di oltre ventun’anni, ha sposato il compagno Brad Altman con rito buddhista) e si impegna come attivista per i diritti gay.

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George Takei

Quando George Takei compare nella fantasia di Howard Wolowitz, Katee chiede a quest’ultimo se ha tendenze omosessuali latenti. A quel punto George e Katee si mettono a discutere tra loro sulla difficoltà di recitare in generi diversi dalla fantascienza, essendo entrambi diventati due icone nei loro ruoli più celebri. Più avanti, al primo appuntamento con Bernadette, Katee e George fungono da “amici immaginari” che “aiutano” Howard.

La quarta stagione di Battlestar Galactica è stata prodotta e poi trasmessa divisa in due parti, separate da sette mesi di pausa, a causa dello sciopero degli sceneggiatori (WGA strike) del 2007-2008.
Lo sciopero è durato per 100 giorni, dal novembre 2007 al febbraio 2008, e ha avuto effetti significativi sul mondo televisivo americano: molte serie non hanno potuto completare la stagione come era stata prevista, ad esempio la prima stagione di Big Bang Theory ha solo 17 episodi (8 erano stati prodotti prima dello sciopero, e 9 sono stati recuperati dopo) mentre tutte le altre sue stagioni ne hanno 23 o 24. Della prima stagione di Breaking Bad sono stati prodotti solo 7 dei 9 episodi previsti, e qualcosa di simile è successo per Grey’s Anatomy (stagione 4), tutti i CSI, e un sacco di altre serie.

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Una scena di Sometimes a Great Notion, tanto per farvi capire il mood dell’episodio.

Senza la certezza che Battlestar Galactica sarebbe continuata, l’episodio Sometimes a Great Notion è stato pensato come un potenziale finale. Concluso lo sciopero, il canale Sci-Fi ha deciso di produrre altri dieci episodi fino al finale inizialmente programmato.
Sometimes a Great Notion (l’episodio 11 o 13 della quarta stagione: dipende se si considera Razor come doppio episodio di inizio stagione oppure come film separato dalla serie) è un episodio molto triste. Per mettere il cast nell’umore giusto, pare che Edward James Olmos dicesse a tutti che la serie sarebbe sicuramente stata cancellata e che quella era la fine.
Il titolo è un riferimento al secondo romanzo, pubblicato nel 1964, di Ken Kesey (1935-2001), scrittore statunitense noto soprattutto per Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest, 1962).
Sometimes a Great Notion credo che non sia stato tradotto in italiano, ma è arrivato anche in Italia il suo adattamento cinematografico, Sfida senza paura (Sometimes a Great Notion, 1971), con Paul Newman e Henry Fonda.

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Ken Kesey

Il titolo del romanzo, a sua volta, viene da Goodnight, Irene, canzone popolare americana, registrata per la prima volta da Lead Belly. Il testo parla di un amore tormentato, della tristezza e delle fantasie suicide dell’autore: Sometimes I live in the country / Sometimes I live in town / Sometimes I have a great notion / To jump into the river and drown. (“Notion” in inglese può significare, come “nozione” in italiano, conoscenza, cognizione o credenza su qualcosa, ma anche impulso e desiderio).

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Lead Belly

Avevo parlato qui, a proposito di Helo in Battlestar Galactica, dell’archetipo del “red-shirt character”. Mi autocito: «uno di quei personaggi che muoiono subito dopo la loro prima apparizione, e vengono introdotti con lo scopo di aggiungere dramma e mostrare quanto una determinata situazione sia pericolosa, senza però uccidere altri personaggi che hanno ruoli più importanti (gli spettatori devono capire che i protagonisti stanno rischiando la vita). La definizione “red-shirt character” deriva dalla serie classica di Star Trek (1966–69), in cui “the red-shirted security personnel frequently die during episodes” (lo dice Wikipedia).»

Se non sapete questa cosa, non potete cogliere citazioni e riferimenti, come in un episodio di South Park (Ai confini della realtà / City on the Edge of Forever, S02 E07) in cui lo scuolabus finisce fuori strada e rimane bloccato sull’orlo di un precipizio. Un ragazzino mai visto prima, vestito con la divisa rossa di Star Trek, esce per cercare aiuto, e viene divorato da un mostro.

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E poi non potreste capire battute e fumetti come questo, di Lunarbaboon:

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Tra l’altro, oggettivamente, anche Dylan Dog indossa una red shirt.

Love #2 – Play the game

La serie di post sulla serie tv Love continua: dopo aver spulciato il primo episodio qui e qui, Marco ed io ci siamo dedicati al secondo. Il post lo trovate QUI su M for Maverick, e si parla, tra le altre cose, di John Candy, di Sioux Falls, del suicidio di Peg Entwistle, e persino di verbi e sostantivi.

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Ne approfitto per annunciare che ho aggiunto una pagina per districarsi tra le tante rubriche qua su Wellentherie, così non perdiamo i fili dei tanti discorsi cominciati.

Love #1 – Do you love me now? (parte 1)

Questo post è stato scritto da Marco ed è il primo di una serie di articoli, scritti in parte da lui e in parte da me, che verranno pubblicati in parte qui e in parte su M for Maverick, che seguiranno la serie tv di Netflix Love e ne racconteranno curiosità varie e super appassionanti.
Buona lettura!


Ogni tanto mi vengono strane idee in testa. Penso “perché non commentare una serie tv episodio per episodio parlando delle curiosità, della musica, e di quanto strambo ci possa essere in 40 minuti?” e mi dico “per fare tutto ciò ho bisogno di un’esperta”; ci vuole qualcuno che potrebbe, e qui cito: “parlare per ore di Lost, Stephin Merrit (devo approfondire ‘sti Magnetic Fields) e Ferdinand de Saussure”, ma soprattutto qualcuno che ogni giorno si documenta su Wiki e Google per sfamare la sua sete di conoscenza. Ecco, lei è Wellentheorie.
La scelta è ricaduta su Love, una serie nuova per entrambi, così ci siamo visti il pilot e abbiamo dato il via al progetto.
Per ogni puntata cercheremo di analizzare quelli che a noi sono sembrati gli aspetti più curiosi o comunque più interessanti. Spoiler? Non così grossi da rovinare una prima visione.

music foo fighter t-shirt

Durante l’episodio vengono nominate tre band: Foo Fighters e Circle Jerks (nominate indirettamente da due t-shirt che indossano Gus ed Eric) e poi i Monkees quando il capo di Mickey le chiede un consiglio su una nuova band d’ascoltare mentre si allena.

music the monkees

I Monkees nascono a Los Angeles nel 1965, in pieno periodo di Beatlemania; invece che partire con il classico album d’esordio iniziarono con una serie di telefilm (volevano emulare i film dei Fab Four) e con essi promuovevano i loro pezzi musicali. Il primo, omonimo, album arrivò l’anno dopo. Il loro pezzo più famoso è I’m a believer, composto da Neil Diamond. Forse, lo conoscete grazie alla versione fatta dagli Smash Mouth per la colonna sonora di Shrek, oppure grazie alla versione italiana, Sono bugiarda di Caterina Caselli. Di recente è uscito Good Times, un nuovo album con pezzi scritti dai Monkees rimasti (il cantante Davy Jones è morto nel 2012) e da alcuni ospiti (Rivers Cuomo dei Weezer, Ben Gibbard dei Death Cab for Cutie, Noel Gallagher e Paul Weller, Carole King).
Segnalo il pezzo scritto da Noel e Weller che s’intitola Birth of an Accidental Hipster e Love to Love.
Strano che nel 2016 venga consigliata una band così rétro, ma dietro questa scelta ci possono essere i più svariati motivi.

music cirle jerks t-shirt

Ed ora passiamo al gruppo meno conosciuto dei tre, i Circle Jerks; siamo alla fine degli anni ’60, sempre nella Città degli Angeli, e Keith Morris, voce dei Black Flag dal ’76 al ’79, mette su la prima formazione assieme a Greg Hetson, Roger Rogerson e Lucky Lehrer. Il primo album, Group Sex, viene considerato il loro capolavoro (la traccia numero 11 Live Fast and Die Young è considerata il loro motto): è composto da 14 brani e dura 15 minuti (eh eh stiamo parlando di hardcore punk); Deny Everything è il pezzo più corto (0:28) e Back Against the Wall quello più lungo (1:35).
Flea, Offspring e Pennywise sono solo alcuni dei tanti artisti che hanno detto di essere stati influenzati dalla band di Keith Morris.

Immaginando che sapeste già tutto sul gruppo di Dave Grohl, mi sono messo a fare delle ricerche correlate con il nome della band e “love”. I primi risultati sono stati i diversi diverbi tra Courtney Love e il batterista dei Nirvana, ovviamente, ma non volevo annoiarvi e così ho continuato a cercare. E cos’ho scovato? Notizia fresca fresca: il buon Dave e Lionel Richie si scambiano ceste piene di muffin! Tutto nasce nel 2015, quando Grohl si ruppe la gamba in un concerto in Svezia, e Lionel invece che mandargli dei semplici fiori gli mandò una vagonata di dolci. Allora il cantante dei Foo, durante uno speciale dedicato ai Commodores, si è sdebitato in diretta. Per rimanere in tema musicale ho trovato due video dei Fighters che suonano I Love Rock’n’Roll con Joan Jett e Ain’t Talkin’ ‘bout Love dei Van Halen (alla voce il batterista Taylor Hawkins, che ha anche un suo gruppo, i Taylor Hawkins and the Coattails Riders ed ha suonato la batteria nel pezzo L’uomo più semplice di Vasco). Conoscete il pezzo dei Van Halen oppure fate parte di quelli che credevano fosse un pezzo degli Apollo 440?

Tra i brani presenti nella colonna sonora, ne abbiamo scelti due che secondo noi rappresentavano bene l’intero episodio: Do You Love Me Now? delle BreedersWe Were Meant to Be Together (Eravamo fatti per stare insieme) di Tom Brosseau. Se il primo esprime i dubbi che passano per la testa di Gus e Mickey, il secondo rappresenta quella vena di malinconia e romanticismo tenero che compare verso la fine.

Rubrica attori già visti altrove   🎬

Charlyne Yi, la dottoressa Chi Park di Doctor House.
Tracie Thoms, Kate Miller di Cold Case.
Mädchen Amick, vista in Twin Peaks (e ci sarà anche in quello nuovo), Dawson’s Creek, Gilmore Girls, ER, Gossip Girl, Californication, Damages, CSI: NY.
John Ross Bowie, Barry Kripke di The Big Bang Theory.
Dave Allen, Jeff Rosso di Freaks and Geeks.
Steve Bannos, Frank Kowchevski di Freaks and Geeks.

Bonus: Iris Apatow, la bambina attrice a cui Gus fa da insegnante, è la figlia di Judd Apatow, il creatore di Love e autore di alcuni episodi di Freaks and Geeks.


 

La seconda parte di questo post è qui.

il film della domenica #10: the day the earth stood still

Ultimatum alla Terra è un film americano, di fantascienza, in bianco e nero, del 1951. Il titolo originale, molto più bello, è The Day the Earth Stood Still. Nel 2008 ne è uscito un remake omonimo, con Keanu Reeves nel ruolo del protagonista Klaatu.
Il film è basato su Farewell to the Master, un racconto Harry Bates, la storia però è stata profondamente modificata.

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La trama molto in breve

Un disco volante atterra a Washington. A bordo vi sono Klaatu, un alieno umanoide, e Gort, un robot. Vengono in pace; ma i terrestri, bellicosi e sospettosi per natura, faticano a crederci. Succedono cose; Klaatu si fa passare per un umano e conosce la giovane vedova Helen Benson e suo figlio Bobby; succedono cose.

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Gort (Lock Martin) e Klaatu (Michael Rennie)

Attori, gossip, e divagazioni

L’extraterrestre Klaatu è interpretato da Michael Rennie (1909 – 1971), attore inglese di cinema, televisione e teatro, alto 193 cm, apparso in oltre 50 film. Wikipedia dice: “Rennie, con la sua alta statura e il suo volto dai lineamenti severi e affilati, diede un’interpretazione di grande intelligenza e fascino del misterioso Klaatu”.

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Gort davanti all’astronave.

Gort, il robot, è interpretato da Lock Martin (1916 – 1959). Faceva la maschera al Chinese Theatre di Hollywood e fu scelto per la sua statura impressionante (231 cm).

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Lock Martin è quello alto.

La coprotagonista femminile, Helen Benson, è l’attrice americana Patricia Neal (1926 – 2010).

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Helen Benson (Patricia Neal) e Klaatu (Michael Rennie).
Primo gossip:

Patricia Neal ha avuto una relazione con Gary Cooper, iniziata durante la lavorazione al film La fonte meravigliosa (The Fountainhead, 1949). Lei aveva 23 anni e lui 48, ed era sposato. Cooper interpretava il protagonista, l’architetto Howard Roark, personaggio liberamente ispirato all’architetto Frank Lloyd Wright.

Secondo gossip:

Patricia Neal ha sposato nel 1953 lo scrittore britannico Roald Dahl (1916 – 1990). Hanno avuto cinque figli e hanno divorziato nel 1983.

Patricia Neal and Roald Dahl
Roald Dahl e Patricia Neal.
Due parole su Roald Dahl:

Nato in Galles da genitori norvegesi, il norvegese parlato in famiglia era la sua prima lingua. Il nome di battesimo gli è stato dato in onore di Roald Amundsen (1872 – 1928), esploratore norvegese delle regioni polari, riconosciuto come la prima persona ad aver raggiunto entrambi i poli.

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Roald Dahl e i suoi libri più famosi.

Cenni di xenolinguistica

In alcuni momenti del film, Klaatu parla nella propria lingua aliena, inventata dallo sceneggiatore Edmund H. North. Le frasi non vengono mai tradotte né sottotitolate, ma il loro significato può essere dedotto dal contesto (esempio: Gort sta sparando, Klaatu gli dice “Gort, declato brosco!”, e Gort smette di sparare).
La più celebre è “Klaatu barada nikto”: il nostro Klaatu, impantanato in vicende complesse, chiede a Helen di andare da Gort e digli queste parole. Klaatu le insegna la pronuncia, facendogliela ripetere più volte, ma senza spiegarne il significato.

Klaatu barada nikto

La frase è diventata un cult ed è citata in numerose opere (ad esempio ne L’armata delle tenebre (Army of Darkness, 1992), terzo capitolo della serie La casa (The Evil Dead), nella scena in cui Ash deve recuperare il Necronomicon). È stata usata anche nel remake del 2008, aggiunta su insistenza di Keanu Reeves.

In un articolo pubblicato nel 1978 sulla rivista americana Fantastic Films, Tauna Le Marbe analizza la lingua di Klaatu, che sostiene essere un misto di latino, francese, inglese, greco e cypher, e ne propone delle traduzioni. Secondo lei “Klaatu barada nikto” significherebbe qualcosa tipo “Sto morendo, riparami; non vendicarti” (peraltro, assolutamente coerente con quello che fa Gort dopo aver sentito la frase). Mi sono spinta fino alla quarta pagina dei risultati di Google per cercare informazioni su questa Tauna Le Marbe, accreditata come “Alien Linguistics Editor” della rivista, ma, a parte un paio di articoli a suo nome su Fantastic Films, non ho trovato niente e ho il vago sospetto che non esista.

fantastic films

La disciplina che “studia” le lingue aliene si chiama xenolinguistica. Ho messo le virgolette perché di lingue aliene, attualmente conosciute e da studiare, non ce ne sono: è tutto ipotetico. Si può però riflettere in termini scientifici e filosofici su come potrebbero essere le lingue di eventuali extraterrestri e sulla possibile comunicazione tra umani ed extraterrestri. In più, c’è tutta una branca della glossopoiesi (l’arte di creare linguaggi artificiali) che si occupata di inventare le lingue parlate dagli alieni all’interno delle opere di finzione (penso che la più famosa sia il klingon, in Star Trek).

Ultimatum alla Terra e l’architettura

L’architetto Frank Lloyd Wright (1867 – 1959) ha collaborato alla progettazione del set e in particolare dell’astronave di Klaatu (interni ed esterni).

Pare che il regista Robert Wise lo avesse contattato perché sapeva che Wright era interessato ai dischi volanti, alle cui forme si era ispirato per diversi progetti, tra cui lo Sports Club and Play Resort (progettato nel 1947, mai costruito) e la Annunciation Greek Orthodox Church a Wauwatosa, in Wisconsin (costruita nel 1956).

Ultimatum alla Terra e la pittura

L’architetto e artista Paul Laffoley (1935 – 2015) diceva di aver visto Ultimatum alla Terra più di 870 volte. Era ossessionato dagli UFO fin dall’infanzia. Pare che durante una TAC alla testa gli avessero trovato un minuscolo “implant” (come si dice in italiano?), apparentemente metallico, nel cervello, che ovviamente lui interpretò come una nanotecnologia di origine extraterrestre.

Paul Laffoley 1
Paul Laffoley nel suo studio

Paul Laffoley diceva che da bambino aveva deciso di diventare architetto per progettare astronavi. Dopo la laurea in architettura e dopo aver lavorato in qualche studio di architettura, Paul Laffoley si dedica completamente a dipingere: i suoi quadri sono visionari, complessi, contengono innumerevoli scritte e simboli, abbondano di significati difficili da interpretare. “Some paintings were mandala-like, others resembled board games, and they addressed topics such as time travel, astrology, mathematical theories, religion, black holes, alien life-forms, and a fourth dimension” (fonte).


Negli ultimi anni Paul Laffoley soffriva di vari problemi di salute, e gli avevano anche dovuto amputare una gamba al di sotto del ginocchio a causa di un’infezione. Lui si era fatto costruire un arto prostetico a forma di zampa di leone.

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L’arto prostetico di Paul Laffoley.

Ultimatum alla Terra e la musica

Dal protagonista alieno di Ultimatum alla Terra ha preso il nome la band canadese Klaatu, anni ’70, progressive rock.
La loro canzone più nota è Calling Occupants of Interplanetary Craft, dal loro primo album, 3:47 EST, pubblicato nel 1976. Le tre e quarantasette del pomeriggio, secondo il fuso orario della costa orientale degli Stati Uniti (Eastern Standard Time, EST), è l’orario in cui, nel film, Klaatu arriva a Washington.
La canzone fa ampio uso del mellotron, uno strumento musicale a tastiera molto popolare tra gli anni ’60 e ’70. Non ha un suono proprio: ogni tasto, quando viene premuto, fa partire il nastro registrato a cui è collegato. Può quindi riprodurre suoni di strumenti musicali o voci umane o qualsiasi altra cosa.

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John Lennon che suona il mellotron.

I Carpenters hanno fatto una cover di Calling Occupants of Interplanetary Craft, secondo me molto brutta, però piuttosto famosa.
I Carpenters erano un duo pop americano formato dai fratelli Karen (1950-1983) e Richard (1946) Carpenter. Mentre lui, pianista-tastierista, aveva problemi di droga e di dipendenza da Metaqualone (un farmaco dagli effetti simili ai barbiturici, usato come droga ipnotica negli anni ’60 e ’70), lei, batterista e cantante, soffriva di anoressia nervosa, le cui complicazioni ne hanno causato la morte nel 1983, a trentadue anni. Il lato positivo è che la notizia ha attirato l’attenzione pubblica sui temi dei disturbi del comportamento alimentare, di cui all’epoca non si parlava molto.
I Sonic Youth hanno dedicato una canzone a Karen Carpenter: Tunic (Song for Karen), dall’album Goo del 1990.

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I Carpenters.

Il testo di Calling Occupants of Interplanetary Craft parla del World Contact Day, dichiarato il 15 marzo 1953 dall’associazione International Flying Saucer Bureau (IFSB). Nel giorno prestabilito, tutti i membri dell’IFSB avrebbero dovuto cercare di inviare un messaggio per via telepatica verso lo spazio. L’idea era che, se tante persone si fossero concentrate contemporaneamente sullo stesso testo, qualche forma di vita aliena avrebbe dovuto riceverlo. Il messaggio inizia proprio con “Calling occupants of interplanetary craft!” e continua dichiarando la disponibilità di noi terrestri all’amicizia e ad accogliere con entusiasmo i visitatori extraterrestri. Chiede anche di venire sul nostro pianeta a ‘svegliare gli ignoranti’ e ad ‘aiutarci con i nostri problemi terrestri’ (ed è probabilmente per questo che nessun alieno ha mai risposto).
La canzone dei Klaatu si apre con un’esortazione a provare la telepatia, e prosegue con il messaggio vero e proprio da trasmettere all’universo, che è molto molto simile nelle parole e nei significati al messaggio dell’IFSB:

Calling occupants of interplanetary craft
You’ve been observing our Earth
And we’d like to make a contact with you
We are your friends

Il messaggio contiene anche un invito a visitare il nostro pianeta e a portare la pace (coerentemente, peraltro, con la visione degli alieni pacifisti e pacificatori nel film Ultimatum alla Terra).

klaatu beatles
Ma la cosa interessante dei Klaatu è che, a un certo punto, ha cominciato a girare la voce che i Klaatu fossero in realtà i Beatles, o alcuni componenti dei Beatles, che portavano avanti nuovi progetti musicali in segreto. La diceria era motivata dal fatto che le vere identità dei Klaatu non erano mai state rivelate: nelle copertine degli album non risultava alcun nome né fotografia, e la stessa casa discografica non dava informazioni, sostenendo che fossero persone molto riservate. Il loro suono era anche abbastanza beatlesiano.
Inoltre, dopo lo scioglimento dei Beatles nel 1970, quando ognuno di loro aveva dato inizio a carriere soliste, Ringo Starr (il cui vero nome è Richard Starkey) aveva pubblicato un album, nel 1974, Goodnight Vienna, la cui copertina è un’immagine da Ultimatum alla Terra: una delle scene più note, in cui l’astronave è appena atterrata e ne escono Gort e, dietro di lui, Klaatu, che saluta con la mano. Nella copertina di Goodnight Vienna la faccia di Ringo è photoshoppata al posto del casco di Klaatu (anche se all’epoca Photoshop non c’era e non ho idea di cosa si usasse in alternativa. Per curiosità, la prima versione di Photoshop è del 1990 e ha quindi ventisei anni).


In realtà, non c’è mai stata alcuna connessione tra i Beatles e i Klaatu, e la vera formazione di questi ultimi era: John Woloschuk, Dee Long e Terry Draper, tutti e tre originari di Toronto, Canada.

klaatu band

#94 dylan dog

Mi chiamo Dog, Dylan Dog.

Come accennavo nell’articolo su Atlantide, una delle mie passioni sono i fumetti. E non posso parlare di fumetti, in Italia, senza affrontare uno degli argomenti che mi stanno più a cuore: Dylan Dog.

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La prima copertina di Dylan Dog.

Potrei parlarne per giorni; partendo dalla sua ideazione, sino al declino degli ultimi anni, ci sono così tante cose da dire su Dylan Dog che trascendono il fumetto stesso, mescolandosi con la cultura italiana di fine anni Ottanta.
Ma, essendo su Wellentheorie, mi concentrerò su tutti i fun fact e le piccole notizie che riguardano il personaggio di Dylan e il suo mondo.

  1. Dylan Dog è stato creato da Tiziano Sclavi che, all’epoca, era uno scrittore della Sergio Bonelli Editore. Nel 1986, basandosi sul personaggio che aveva ideato per Dellamorte Dellamore (romanzo all’epoca inedito), creò il più famoso indagatore dell’incubo della storia.
  2. Il nome è ispirato a Dylan Thomas, poeta e drammaturgo gallese [anche Bob Dylan, il cui vero nome è Robert Zimmerman, si è ispirato a Dylan Thomas per la scelta del nome d’arte], mentre il cognome nasce dalla passione di Sclavi per i cani (ne possiede ben sette nel momento della stesura dell’articolo). La doppia iniziale uguale (D.D.) è un classico dei fumetti (Bruce Banner, Donald Duck, Mickey Mouse, Peter Parker o lo stesso bonelliano Nathan Never).
  3. Le fattezze del volto di Dylan Dog sono state ideate ispirandosi a quelle dell’attore Rupert Everett – attore che poi interpreto Francesco Dellamorte, il protagonista del film tratto dal romanzo di Sclavi, Dellamorte Dellamore.

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    Rupert Everett in Dellamorte Dellamore (1994).
  4. A proposito di film, ci sono in giro alcuni fan film interessanti. Quello che ha riscosso maggiore successo di critica (e che è stato finanziato tramite una campagna di crowdfounding) è Vittima degli Eventi che trovate QUI.
  5. Purtroppo esiste anche un film ufficiale di Dylan Dog, uscito nel 2011: Dead of Night, con Brandon Routh (attore famoso per il ruolo di Superman in Superman Returns). Il film è così brutto che un episodio di True Blood, a confronto, merita l’oscar.

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    Brandon Routh nei panni di Superman, assieme a tutti gli altri Superman della storia cinematografica e televisiva.
  6. Nel film, per altro, ci sono varie differenze con il fumetto originale. Alcune per scelta di sceneggiatura (esempio: Dylan Dog vive a New Orleans e non a Londra), altre per motivi decisamente buffi. Il più simpatico è il mancato utilizzo di un Maggiolone come auto di Dylan: infatti, dal 1968 la Walt Disney detiene i diritti cinematografici per i Maggioloni bianchi!

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    Herbie, il maggiolino della Disney – nessun altro film può mostrare un maggiolone bianco, senza pagare i diritti.
  7. Sempre nel film, l’assistente di Dylan Dog non è Groucho, ma un tizio a caso. Tuttavia, non è la prima volta che Groucho viene eliminato dal fumetto: nell’adattamento del 1999 della Dark Horse (editrice americana che ha stampato una manciata di numeri), Groucho perde i baffi e diventa Felix.
  8. Dylan Dog non è l’unico personaggio Bonelli a essere stato pubblicato dalla Dark Horse nel 1999: lo stesso onore è spettato a Nathan Never e Martin Mystère.
  9. Ma come si pronuncia Dylan Dog? Mi ricordo che quando ero ragazzino, alle medie, eravamo tutti un po’ divisi. Si sa, all’epoca l’inglese per gli italiani era una lingua lontana, non esistevano le serie tv in lingua originale e molti di noi studiavamo francese a scuola. Alcuni lo pronunciavano Dailan, altri Dilan. Fu proprio il fumetto a chiarire questo dubbio, nel numero 19, Memorie dell’invisibile: Bree Daniels, una prostituta che Dylan conosce durante l’arco della storia, lo chiama Dailan (scritto proprio così), beccandosi come risposta un “mi chiamo Dylan, come Bob Dylan”.
  10. Bree Daniels, per altro, credo abbia il primato (ma non ho dati certi, quindi se è una castroneria segnalatemelo) di primo personaggio in un fumetto italiano a morire di AIDS (nel numero 88, Oltre la morte).
  11. Come tutti gli eroi dei fumetti, Dylan Dog ha alcuni “superpoteri”:
    1. Possiede quello che lui definisce un “quinto senso e mezzo”, qualcosa simile (ma in maniera ridotta come portata) ai “sensi di ragno” di Spiderman; è, cioè, la capacità di capire che qualcosa non torna.
    2. Ogni volta che vede una bella ragazza (e nel 90% dei casi ci finisce a letto)… se ne innamora. Non il migliore dei superpoteri.
    3. Possiede la capacità di dimenticarsi costantemente la pistola quando si reca in un luogo pericoloso a indagare. Anche questo non uno dei poteri più utili, ma ottimo come espediente per rendere partecipe dell’azione Groucho (che tipicamente gliela lancia appena in tempo), che altrimenti sarebbe stato relegato a spalla comica.
  12. Dylan Dog suona uno strumento musicale: il clarinetto. Il passo più celebre che suona è Il trillo del diavolo, una sonata di Giuseppe Tartini.
  13. Il “date” perfetto di Dylan Dog è: cinema con horror b-movie, poi pizza e coca cola. Tipicamente, non l’appuntamento sognato dalle ragazze.
  14. Un altro personaggio davvero importante della storia di Dylan Dog è il commissario Bloch, le cui origini ci permetteranno di entrare nel vivo del parallelismo più azzardato della storia di questo blog. Bloch, infatti, ha le fattezze dell’attore Robert Morley. Le Morley sono il nome delle sigarette che “The Smoking Man” fuma in X-Files (brevissimo funfact dentro il funfact: le Morley sono un fake-brand che appare in moltissime opere: Breaking Bad, Law & Order, LostThe Walking Dead, Buffy the Vampire Slayer, in molte altre serie tv e film; la loro prima apparizione conosciuta risale al film Psycho – qui la lista completa).

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    La lunga storia delle Morley.
  15. Qual è il parallelismo? Ma ovvio: Dylan DogFox Mulder!
    1. Entrambi hanno un passato misterioso (beh Dylan ha quello più strano, provenendo da un’altra epoca);
    2. Entrambi non sanno chi è il loro vero padre;
    3. Entrambi scoprono, a un certo punto, che il loro vero padre è anche il loro antagonista principale (da una parte Xabaras, dall’altra, appunto The Smoking Man);
    4. Tutti e due sono personaggi dallo sguardo malinconico, dalla mente acuta e dalla curiosità sfrenata per il paranormale;
    5. Tutti e due vengono presi di mira e derisi per i casi che decidono di seguire;
    6. Tutti e due hanno un mentore che li aiuta come può, e che rischia costantemente il posto per aiutarli (Bloch da una parte, Skinner dall’altra);
    7. Tutti e due bevono tè! Dylan Dog lo beve caldo, quando va al pub con Bloch (essendo un ex alcolista, non si avvicina mai all’alcol), mentre la bevanda preferita di Mulder è il tè freddo;
    8. Entrambi hanno dei “problemi” con il sesso: Dylan Dog finisce a letto con una donna differente in ogni numero, Mulder invece è un avido collezionista e consumatore di film e riviste porno;
    9. Sia Dylan che Fox hanno dei collaboratori capaci di andare “oltre” le regole del gioco. Dylan si rivolge spesso a personaggi come medium (Madame Trelkovski) e scienziati (professor Adam), mentre Mulder si rivolge ai The Lone Gunmen, tre hacker;
    10. Nell’episodio 5×15 di X-Files, in un flashback ambientato nel 1990 si vede al dito di Mulder una fede; anche Dylan Dog è stato sposato, con Lillie Connoly, irlandese e militante nell’I.R.A.

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      I tre “Pistoleri Solitari” (The Lone Gunmen: Frohike, Langly e Byers) con Mulder.
  16. Tornando ai fun fact su Dylan Dog: ne esistono svariati videogiochi, il primo risale addirittura al 1988, mentre il più recente è del 1999 ed è stato sviluppato a Genova, la mia terra natia.
  17. Tutti quanti ci ricordiamo gli 883 (e chi ha la mia età probabilmente ha come macchia nel passato l’aver ascoltato / ballato / addirittura forse acquistato uno dei primi album). La copertina del loro terzo album, La donna, il sogno & il grande incubo, uscito nel 1995 è un omaggio a Dylan Dog (con Max Pezzali nei panni di Dylan… come direbbe Marina Massironi… brrrr rabbrividiamo).883_-_La_Donna_Il_Sogno_&_Il_Grande_Incubo
  18. Molti dei numeri di Dylan Dog sono ispirati a classici del cinema o della letteratura horror. Basti pensare al titolo del numero 1, L’alba dei morti viventi, chiaro omaggio a Dawn of the dead, primo film zombie di George Romero.
  19. Tuttavia a volte capita anche il contrario: il numero 24 di Dylan Dog si intitola I coniglio rosa uccidono, ed è citato (sia nel titolo che in qualche modo nei contenuti) ne La notte eterna del coniglio, scritto da Giacomo Gardumi ed edito da Marsilio Editore nel 2006.
  20. Per finire, un fun fact che farà contenta la nostra Wellenina: Dylan Dog è vegetariano, ama gli animali e spesso è stato usato nelle campagne animaliste contro l’abbandono degli animali durante l’estate.

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    Dylan Dog animalista.

Con questo direi che ho concluso. Se ne avete altri, ovviamente, segnalate nei commenti!

#90 muschio

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul muschio (ma non avete mai osato chiedere).

Non si vede benissimo ma quello per terra dovrebbe essere muschio.
Non si vede benissimo ma quello per terra dovrebbe essere muschio.

Prima di cominciare, una curiosità: in inglese muschio si dice “moss”, e c’è una canzone scritta da David Bowie e Brian Eno che si chiama Moss Garden, pubblicata su Heroes, album di Bowie del 1977.
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I muschi fanno parte delle Bryophyta: un gruppo di circa 24.000 specie di piante terrestri. Non hanno semi né fiori e sono prive di tessuto vascolare (“l’assorbimento ed il trasporto dell’acqua e dei soluti necessari avviene generalmente per capillarità e interessa tutta la superficie della pianta”). Queste strutture sono pessime come sostegno e impediscono lo sviluppo in altezza, per questo le briofite sono piante di dimensioni ridotte e crescono soprattutto in orizzontale.
Nella maggior parte delle specie l’altezza è inferiore a 6 cm. La più grande briofita conosciuta è un muschio dell’Australia e della Nuova Zelanda: la Dawsonia superba, che può raggiungere i 50-60 centimetri di altezza, mentre le briofite più piccole hanno dimensioni inferiori al millimetro.

Dawsonia superba
Dawsonia superba

Poi Wikipedia vi butta lì questa frase: “Il ciclo ontogenetico è aplodiplonte con prevalenza gametofitica. Lo sporofito non è autonomo ma vive a spese del gametofito fotosintetizzante.”
Uhm.

Ora vi spiego come si riproducono le briofite.

Il ciclo ontogenetico è il ciclo di stadi di sviluppo attraverso i quali un organismo passa dallo stato iniziale a quello di individuo completo. Il ciclo aplodiplonte è un tipo di ciclo ontogenetico “caratterizzato da due fasi, una aploide, il gametofito, che produce i gameti, ed una diploide, lo sporofito, che produce le spore.”
Le cellule diploidi sono quelle che hanno il corredo cromosomico completo di un individuo (nel caso degli esseri umani, 46 cromosomi, cioè 23 coppie); mentre le cellule aploidi hanno un corredo cromosomico dimezzato (23 cromosomi negli umani). Sono tipicamente aploidi le cellule sessuali che servono per la riproduzione (come spermatozoi e ovuli), proprio perché dalla loro fusione si forma un nuovo individuo con un set cromosomico completo, cioè diploide.
Ma torniamo al ciclo aplodiplonte: il gametofito è un individuo aploide, al cui interno di trovano i gametangi. I gametangi (i gametangi femminili si chiamano archegoni e quelli maschili anteridi) sono strutture riproduttive che contengono i gameti (rispettivamente, gameti femminili e quelli maschili), che sono cellule aploidi. Quando maturano, i gameti maschili raggiungono il gamete femminile (cellula uovo) nell’archegonio. Dall’unione di un gamete femminile e uno maschile, si forma uno zigote, che è una cellula diploide. Lo zigote, attraverso la mitosi (la duplicazione delle cellule) si sviluppa in organismo pluricellulare e diploide che si chiama sporofito. (Nelle briofite, lo sporofito non è un individuo autonomo e per vivere dipende dal gametofito, che è in grado di svolgere la fotosintesi clorofilliana.) Lo sporofito, attraverso un processo di meiosi (divisione mediante la quale una cellula diploide dà origine a quattro cellule aploidi), produce spore (dette meiospore) che sono aploidi. Le spore sono cellule riproduttrici in grado di disperdersi nell’ambiente e sopravvivere per lunghi periodi di tempo anche in condizioni avverse, e nell’habitat adatto alle loro condizioni di vita possono generare un nuovo individuo vitale. L’organismo prodotto dalle spore è il gametofito, aploide, che possiede strutture specializzate (i gametangi) che si sviluppano e producono per mitosi i gameti aploidi. Dall’unione di due gameti, uno maschile e uno femminile, si svilupperà un nuovo zigote diploide, che darà inizio al nuovo ciclo.
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Il ciclo aplodiplonte in inglese viene chiamato, più semplicemente, alternation of generations.

Nella parte superiore la fase aploide (n) e in quella inferiore la fase diploide (2n).
Nella parte superiore la fase aploide (n) e in quella inferiore la fase diploide (2n).

Ricapitolando:
Un gametofito (organismo aploide) contiene:
• gametangi femminili (archegoni) che contengono gameti femminili (cellule aploidi),
• gametangi maschili (anteridi) che contengono gameti maschili (cellule aploidi).
Dall’unione di un gamete femminile e uno maschile, si forma uno zigote (cellula diploide).
Lo zigote si sviluppa in sporofito (pluricellulare e diploide).
Lo sporofito produce spore (cellule aploidi, dette meiospore).
Una spora genera un gametofito (organismo aploide).
Tutto questo si ripete all’infinito.

Nell’immagine, tratta da Wikipedia, un muschio che presenta sia gametofiti (la parte inferiore, verde) sia sporofiti (la parte superiore, simile a steli).
Nell’immagine, da Wikipedia, un muschio che presenta sia gametofiti (la parte inferiore, verde) sia sporofiti (la parte superiore, simile a steli).

(Le mie statistiche avranno sicuramente un’impennata col termine di ricerca “riproduzione delle briofite”!).

Le briofite amano l’umidità, e sono distribuite in tutto il mondo, tranne nelle regioni aride e negli ambienti con acqua salata. Non avendo vere e proprie radici, possono crescere sul terreno ma anche sulla superficie delle rocce, sulla corteccia degli alberi, sul cemento, sulle piastrelle del mio balcone, e praticamente dappertutto.
Le briofite sono suddivise in tre gruppi: Anthocerotopsida (o antoceri), Hepatopsida (o epatiche) e Bryopsida (o muschi).
I muschi vengono spesso confusi coi licheni ma (attenzione, gente!) i licheni NON sono affatto muschi e non sono neanche imparentati.

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Questi sono licheni e non sono muschi.

Ma arriviamo alla parte divertente.

“Divertente” è forse un termine eccessivo ma ci siamo capiti.

I muschi sono relativamente semplici da coltivare e sopravvivono in condizioni in cui altre piante non resisterebbero (ad esempio apprezzano la scarsa illuminazione, non gli dà fastidio essere calpestati, eccetera). Per questo i muschi possono essere utilizzati per ricoprire vaste aree di terreno, al posto di un prato, se c’è abbastanza ombra e abbastanza umidità (ad esempio al di sotto di alberi molto folti). Oppure i muschi possono essere coltivati in casa in minuscoli, adorabili giardinetti.

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È sufficiente trovare del muschio (ad esempio in un bosco o in un parco, ma attenzione perché in aree naturali protette potrebbe essere vietato – in ogni caso, bisogna prelevare piccole quantità di muschio e non estirpare intere zone, per la sua sopravvivenza). Per creare l’habitat adatto basta un contenitore poco profondo con uno strato di sassi (o sabbia) e uno di terriccio (i sassi servono per il drenaggio dell’acqua, perché troppa acqua stagnante può far marcire il muschio). I pezzetti di muschio vanno poi premuti sul terreno, e se si trovano bene dovrebbero poi riprodursi e allargarsi. Hanno bisogno di luce sufficiente per la fotosintesi, ma senza sole diretto. Non servono fertilizzanti. L’acqua del rubinetto potrebbe dargli un po’ fastidio, e sarebbe meglio usare acqua piovana o distillata. Come tutte le piante, non sono fatti per stare in casa e preferiscono l’aria aperta, ma sopravvivono anche all’interno se hanno tanta umidità: per questo li si può bagnare spesso con uno spruzzatore oppure si possono collocare in un terrario chiuso, dentro al quale si mantiene la giusta umidità.

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Considerando le proprietà dei muschi, qualcuno si è inventato il tappeto per il bagno fatto di muschio. È perfetto perché assorbe l’umidità, anzi se ne nutre, e sopravvive anche se calpestato.
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Un altro metodo per la propagazione del muschio consiste nel raccogliere pezzi di muschio, frullarli (non sto scherzando) insieme ad acqua ed eventualmente altre sostanze nutritive, e cospargere il frullato sulla superficie desiderata: da lì si svilupperà nuovo muschio. Questa tecnica viene usata anche per fare “graffiti” sui muri (qui un tutorial).
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Il muschio cresce bene anche in verticale, e viene usato per creare giardini verticali, anche in interni.
Ecco un’anteprima di casa Wellentheorie nel prossimo futuro:
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*** EDIT: Nonostante avessi avvertito i lettori che muschi e licheni sono due cose ben diverse, mi è stato fatto notare da Elisa che le tre foto qui sopra ritraggono NON muschi BENSÌ lichene stabilizzato. Chiedo scusa, sono stata tratta in inganno da Google Immagini. ***

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